Tra Diogene e Mattarella

Alcuni marinai durante un viaggio su una rotta mercantile trovano nel Mare Egeo un tripode (che altro non è se non una sedia con tre gambe). Appena ripescato questo scranno dal mare, si rendono conto che non si tratta di un semplice sgabello, e lo portano all’Oracolo di Delfi. L’Oracolo, interpretando la volontà del Dio Apollo, dice ai marinai che quell’oggetto non è per loro, ma solo l’uomo più saggio del mondo potrà sedersi li sopra.

Non sapendo a chi darlo, questi mercanti decidono di chiedere in giro, ed un giorno, al cospetto del Faraone d’Egitto, domandano chi possa essere questo saggio. La corte del monarca, senza nessun dubbio, indica l’uomo che è stato capace di calcolare l’altezza delle Piramidi solo usando un bastone, allora, questi marinai partono per la Turchia (a quell’epoca era parte della Magna Grecia), e giunti a Mileto, si recano da Talete e gli fanno omaggio del tripode apollineo, sottolineando che lui è stato indicato come l’uomo più saggio del mondo.

Talete allora rifiuta, dicendo che senz’altro ci sarebbe stato al mondo un uomo più saggio di lui, e i mercanti delusi continuano il viaggio. Dopo altri sette passaggi a filosofi, astronomi, geometri e matematici, tornano da Talete dicendo che come lui, tutti i più saggi avevano rifiutato, indicando come legittimo possessore Talete stesso, che finalmente lo accetta, compiacendo Apollo.

Questa è in estrema sintesi la storia raccontata da Diogene.

Come questi marinai non hanno saputo trovare un saggio che fosse più saggio di Talete, che non era certo poca cosa, negli scorsi giorni, durante l’elezione del Presidente della Repubblica dopo aver escluso il Mattarella-Bis, e svolto inutilmente sette scrutini, indicando ogni volta un “saggio”, da Marta Cartabia, a M. E. Casellati fino a Bianca Scheda, che l’ha fatta da padrona, il tripode ritorna sotto il sedere di Mattarella. Così nelle chiacchiere da bar non si potrà dire che “era meglio quello di prima”. La scelta sembra ponderata, e certo, dopo il caso Napolitano, si è consolidata una prassi che raddoppia il settennato del Presidente della Repubblica, ma la ricerca del cambiamento causa uno stato di inerme paralisi. Come diciamo spesso, cambiare tutto per restare uguali.

La scelta di Mattarella di tornare sui suoi passi (che certo dal suo punto di vista può sembrare sofferta e generosa) era inevitabile. In un momento di profondo rinnovamento -sul versante capitalistico, s’intende- sono riusciti ad avere tutti i pezzi sviluppati. Un Capo del Governo che manda l’acqua all’insù, ministri feudatari che fanno il bello e il cattivo tempo, ed ora, nel cambio del pezzo principale non si poteva rischiare un ostacolo al progetto di restaurazione capitalistica.

Non è certamente banale l’impossibilità del Parlamento non solo di non aver proposto un porporato sul quale potesse convergere un ampio consenso, ma l’incapacità di legiferare su temi fondamentali.

Quello che sta passando come dibattimento legittimo e sacrosanto negli organi politici, è in realtà un avvitamento di ogni forza politica su posizioni di principio, senza alcun legame con la realtà. E’ il caso della legge sul fine vita, o sull’obbligo vaccinale.

Questa evidenza, ormai sotto gli occhi di tutti, provoca un accentramento dei poteri tra una oligarchia di Ministri e burocrati, che approfittando di questa situazione riescono indisturbati a tenere tutto in mano.

Allo stesso tempo si inizia a preoccuparsi per le elezioni politiche 2023. L’asse PD-M5S è dal lato pentastellato più frammentato che mai, la leadership di Conte sembra non tenere le redini, mentre la segreteria democratica appare svincolata dalla realtà. La ripresa economica, visibile solo nelle statistiche, si sta traducendo nella più grande campagna di licenziamenti degli ultimi anni, finanziata dal PNRR, non passa giorno senza che si senta di una fabbrica chiusa o di un licenziamento di massa.

La morte di Lorenzo (ultima di una troppo lunga serie) durante la PCTO è l’ennesimo simbolo di una classe lavoratrice ridotta in semi-schiavitù, dove la forza lavoro è reperita gratuitamente nelle scuole, come parte fondamentale del percorso formativo. Salvo qualche critica esclusivamente speculativa il mondo politico ha taciuto su questo, e chi non l’ha fatto ha preso posizioni inaccettabili “l’attacco a Confindustria è deprecabile”, dice Nardella (sindaco di Firenze).

Tutto questo, sommato alle politiche del caro-vita danno alle lavoratrici e ai lavoratori un cappio ancora più corto, traducibile nella massima “o mangi questa minestra, o ti licenzio e come te ne trovo altri mille”. Ancora invisibile è il salario minimo.

Come ancora invisibile è la transizione ecologica. L’aumento ingiustificato del costo dell’energia ha risvegliato il vecchio caro Nucleare, che è tornato come un fulmine nella proposta della Destra.

La lotta delle lavoratrici e dei lavoratori è spesso osteggiata dai sindacati e dalla politica territoriale, che in nome dello sviluppo economico ed industriale sacrificano centinaia di posti di lavoro ci fa pensare che l’unica strada percorribile sia il rovesciamento della società, verso una nuovo ordine libero dallo sfruttamento.

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