Colpo gobbo al Senato: inammissibile la vendita della canapa light
Ovvero, quando i neuroni vagano nel nulla
Se la situazione non fosse drammatica verrebbe quasi da ridere per la stupidità bipartisan di questa vicenda, anche se del grottesco si può ridere e piangere ugualmente, cioè sghignazzare con le lacrime agli occhi. Lunedì scorso, ricorrendo a un marchingegno tecno-burocratico, la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati è riuscita a espellere dalla legge finanziaria la controversa norma sulla commercializzazione della cannabis light, con principio attivo THC inferiore allo 0,5%. Il sub-emendamento, contestatissimo dall’opposizione, già approvato in commissione bilancio al Senato, non passa perché inammissibile. Esulta la destra, esultano i bigotti forcaioli e i fascisti; se ne dolgono gli agricoltori, che hanno investito nella coltivazione, e i commercianti della cannabis per scopi terapeutici. I primi gridano felici: “Lo Stato non si è fatto spacciatore”; i secondi dichiarano basiti che questo impedirà lo sviluppo di un mercato in rapida espansione, e quindi la creazione di migliaia di posti di lavoro.
Come al solito, da ormai troppi anni, la questione della “droga” si esprime nell’ambito legislativo e nel dibattito pubblico, piuttosto striminzito, con due concezioni: quella demagogica della destra, che cerca consensi nel nebuloso mondo dell’ignoranza, e quella democratico-liberale, che vorrebbe sviluppare un business tanto promettente. Ma entrambe sostengono il proibizionismo, che è il modo migliore per consentire la crescita dei profitti della malavita organizzata. Infatti in particolare la ‘ndrangheta ha esteso la sua influenza nella politica e nell’economia proprio con il capitale realizzato col mercato clandestino degli stupefacenti. Come documentato da una ricerca recente, pubblicata sul quotidiano La Repubblica, il mercato illegale risulta in forte crescita, specialmente quello delle sostanze sintetiche, le più dannose per la salute. Quindi, anche se la norma sulla canapa light fosse stata approvata, non avrebbe minimamente cambiato la situazione drammatica del mercato clandestino, con relativi episodi di sangue e migliaia di consumatori, magari occasionali, perseguiti penalmente per il possesso di pochi grammi di cannabis.
Il fallimento del proibizionismo è sotto gli occhi di tutti, verità conclamata e ignorata per convenienza politica, ma nelle istituzioni gli eletti si “scannano” – solo a parole, si intende – per una questione che riguarda pochi imprenditori furbetti (che hanno subodorato l’affare, investendo senza nemmeno documentarsi) e non considerano il problema di milioni di persone. Certo è, comunque, che la coltivazione della canapa per l’industria sarebbe un ottimo sostitutivo delle plastiche, con la produzione di numerosissime tipologie di oggetti di uso comune: cordami, tessuti, contenitori, abbigliamento, eccetera, ma fino a che questo magnifico prodotto della natura verrà criminalizzato sarà difficile il decollo di un ramo importante della produzione ecologica.
Insomma, fatte salve poche eccezioni, i bigotti fascistoidi-clericali e i democratici pusillanimi seguaci della green economy si rendono complici, più o meno consapevolmente, non solo delle mafie ma anche delle industrie chimiche – plastificatrici – del pianeta e dei vampiri delle multinazionali dei farmaci.
In quanto alla canapa light, anche lì i neuroni non passano, perché è come vendere acqua colorata al posto del vino, ma al prezzo di un grande vino di annata. Siamo vicini alla truffa commerciale, come in altri ambiti del resto, ma qui la gravità è maggiore per la vastità delle implicazioni sociali ed economiche.
Il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), in realtà, è il componente più conosciuto della cannabis: fa parte della più ampia classe dei cannabinoidi ed è causa dell’euforia comunemente associata alla cannabis, ma è anche responsabile di molti degli effetti terapeutici della cannabis stessa. Il THC agisce principalmente sui recettori presenti nel cervello, ed è il motivo per cui ha tali forti proprietà psicoattive. Possiede numerose proprietà medicinali che sono utili in una vasta gamma di disturbi, alcuni dei quali comprendono: il morbo di Alzheimer, l’aterosclerosi, il glaucoma, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson, l’apnea del sonno, la sindrome di Tourette, il cancro (in varie forme) e molti altri. Il THC ha anche proprietà antiemetiche (anti-nausea) che lo rendono utile per il trattamento di AIDS e per pazienti in chemioterapia.
Vari studi su animali hanno dimostrato che è notevolmente atossico. Non un singolo caso di morte umana per overdose THC è mai stato documentato. Il THC ha anche dimostrato di avere una serie di effetti positivi sulle cellule cerebrali: può favorire la crescita di nuove cellule cerebrali attraverso un processo noto come neurogenesi. Se la maggior parte delle droghe ricreative sono neurotossiche, il THC è considerato un neuroprotettore; significa che può proteggere le cellule cerebrali dai danni causati, ad esempio, da infiammazione e stress ossidativo. In quanto all’altra sostanza importante contenuta nella canapa, il CBD (cannabidiolo), che non essendo psicoattivo era consentito nella normativa bocciata in Senato, è un anticonvulsivante, ansiolitico, antiemetico e utile per il trattamento delle psicosi e dell’epilessia; tutte proprietà virtuose, ma che si trovano in altri prodotti erboristici da decenni in commercio. Insomma, senza il THC, le proprietà terapeutiche della cannabis si riducono, in qualità, quantità e concentrazione, tanto da renderla un prodotto simile ad altri. Questo è ciò che sappiamo allo stato attuale della ricerca scientifica.
In conclusione, a prescindere dalle scoperte future sulle proprietà della canapa (in particolare sul CBD), è necessario che la questione della “droga”, come emergenza sociale, torni a far parte del programma e del dibattito delle sinistre di opposizione, senza indulgere a moralismi o affermazioni di principio come è stato in passato, ma ricorrendo all’analisi della realtà. ”Giusto o sbagliato non può essere reato!” si diceva una volta nei movimenti antiproibizionisti, ma ora si può affermare che sia più giusto di allora: la rivendicazione dell’abolizione di queste leggi, nemiche del buon senso e della ragione, non è solo una questione di diritti civili, libertà individuali e giustizia sociale, ma una necessità ecologica e politicamente importante. Che chiarisce, cioè, l’identità pubblica dei comunisti e degli anticapitalisti in generale, distinguendoli dagli stalinisti bigotti e settari e dai movimenti dei falsi progressisti borghesi e piccolo-borghesi. Dunque: legalizzazione della canapa e dei suoi derivati; distribuzione gratuita e regolata degli altri generi di stupefacenti, tramite strutture di proprietà pubblica e sotto il controllo degli utenti e delle loro famiglie. Una prospettiva che deve tornare attuale.