I bambini di Peshawar: l’ipocrisia dei sassi
Di Partigiano stanziale
L’indignazione già di per se serve a poco; se poi ad essa non segue l’azione si riduce a pura testimonianza pretaiola: lavacro di ogni peccato.
Ma ogni azione è preclusa in quanto totalmente fuori dalla portata del singolo. Ciò che oggi forma l’identità è la proprietà privata; e quindi, qualsiasi nobile sentimento non può concretizzarsi perché relegato nel “sé” e “per sé” della privatissima coscienza individuale: viviamo la contraddizione fra l’apoteosi del personale e la sua irrilevanza sociale.
E a muover qualcosa non serve nemmeno propagandare la semplice verità che tali orrori sono la conseguenza di eventi che non c’entrano con il bene o il male ma con concretissime condizioni sociali, in quanto se la storia è vista singolarmente può apparire soltanto come un nebuloso intrecciarsi di volontà personali: più o meno demoniache o angeliche.
Ma non facciamo i moralisti; l’omus economicus non si distingue molto dai suoi antenati che per lo più hanno sempre aspirato al quieto vivere ignorando (seppur temendo) ciò che avveniva davvero oltre la montagna.
Certo che l’ignoranza è più giustificabile dell’indifferenza, ma non è che la modernità (o post-modernità) ne abbia prodotta di meno; ha semplicemente trasformato l’ignoto in uno spettacolo più o meno angosciante, comico o istruttivo a seconda del tasto premuto sul telecomando.
Per cui dopo aver assistito, per esempio, ad una decapitazione in diretta (magari molto meno sanguinolenta e particolareggiata di quella vista poco prima in un film), possiamo tranquillamente decapitare il cadavere di una gallina per preparare il bollito.
Orribile? No! Assolutamente normale, l’uomo è fatto così, capace di tutto, del bene, del male e della assoluta indifferenza e questo non prescindendo dalla morale corrente che definisce il valore sociale di determinate azioni.
La vendetta, per esempio, così esecrata attualmente dall’ipocrisia pretaiola, nella cultura vichinga era altamente considerata. I vichinghi erano barbari? E allora i nazisti, figli della civilissima e modernissima Germania che cosa erano?
E i talebani dunque, sono peggio del nazisti? La loro vendetta è peggiore di quella vichinga? Non credo.
Essi sono il prodotto attualissimo di una distribuzione della ricchezza globale mai stata così iniqua, esattamente come il nazismo fu il prodotto del popolo tedesco ridotto alla fame dalle pretese dei vincitori della grande guerra.
Se nel loro credo possono identificarsi masse di diseredati vuol dire che il dovere degli indignati nostrani sarebbe quello d’impegnarsi nella costruzione di un mondo diverso da questo, di cui ognuno potrebbe immaginarsi parte.
Ma parliamoci chiaro, i promotori di questa farsa immonda sono gli stessi responsabili della povertà di quei paesi. Tutti lor signori: giornalisti, intellettuali, politicanti al servizio dei padroni dell’economia e artisti milionari buffoni di corte (vedi Benigni) andrebbero presi e processati per crimini contro l’umanità.
Loro si che lo sanno cosa c’è oltre la montagna, sopra e dentro di essa: petrolio, materie prime, acqua ecc. E di altro non gliene frega assolutamente un cazzo, e meno ancora dei bambini di Peshawar.
In quanto a noi: stolidi indifferenti, massa informe di opinioni sconnesse, rimescolate e ancora risconnesse, stiamo tranquilli! Che prima o poi il minestrone sarà così bene amalgamato da risultare unica e compatta materia primordiale con la quale ricominciare da capo con questo mondo. Il problema più grosso sarà, semmai, cosa farne dei sassi.