Memosto-naturcult
Di Rossosconclusionato
E non ne posso più, anzi mi stanno veramente sui coglioni tutti i pennivendoli che in questi giorni ci hanno inondato di articoli, saggi, documentari, dotte dissertazioni sulla cattiveria dei tedeschi e sulla mitezza degli ebrei. Per non parlare poi di film visti e rivisti come “Schindler’s list”, bel film non c’è dubbio….ma che palle!
La rappresentazione episodica della storia sta diventando veramente insopportabile come se le stragi, i genocidi e tutte le porcate di massa che ogni popolo ha perpetrato a scapito di altri fossero il prodotto di un caos che ogni tanto e per motivi ignoti si concretizza fra di noi per volere dello spirito maligno.
E poi, dopo il lavacro catto-liberale mediatico delle coscienze, ecco che col pragmatismo politically correct sosteniamo il regime liberal-fascista ucraino e permettiamo a neo nazi-fascio-razzisti di occupare liberamente le piazze, aprire covi e presentarsi pure alle elezioni.
E quello che accade in Palestina dove i sempiterni martirizzati ebrei fanno ciò che vogliono dei poveri palestinesi? Niente paura ci tornerà in mente alla prossima occasione quando i bombardieri israeliani attueranno la solita tonnara nella striscia di Gaza.
Per il momento abbiamo altri cazzi per la testa, a seconda delle variegate predisposizioni paranoiche individuali: rischio atomico per espansione del conflitto ad est, crisi economica ad ovest, stato islamico a sud e la crudelissima Angela Merkel a nord: siamo circondati!
E pieni di tutto, come gli scaffali di un supermercato, dove fra una confezione di preservativi e una di biscotti non c’è differenza: sempre merci sono.
Non dobbiamo stupirci di questo, certe categorie di analisi sono state abbandonate da tempo, come se uno scienziato odierno invece che alla chimica regredisse all’alchimia per studiare la materia.
Imperialismo, capitalismo, contraddizioni fra potenza produttiva e potere sociale, fra capitale e lavoro, non fanno più parte del lessico corrente; anche se, a dire il vero, non ne hanno mai fatto parte pienamente negli ultimi cent’anni o giù di lì, nemmeno nella cosiddetta sinistra radicale, oggi come non mai fiacca e servile: Vendola, Tsipras, Rifondazione-scomparsa ecc. ecc.
Così trionfa l’ideologia nella sua versione peggiore, quella della falsa coscienza che sparge a piene mani in una specie di diffusione empatica le tensioni orripilanti di un passato che, in quanto tale, non può identicamente riproporsi, come (ad esempio) l’invasione russa della Polonia o la conquista islamica della Spagna, dei Balcani e dell’occidente tutto.
Passa l’idea del tutto arcaica che la storia sia il mero riproporsi degli stessi avvenimenti, sebbene in versione diversa. Le rivoluzioni e il senso stesso del progresso, che solo in queste si è potuto esprimere pienamente, vengono archiviate come illusioni o fallimenti.
Così, le vere illusioni della stupidità mercantile dominante riducono le giovani generazioni in una condizione di passività o servile identificazione: catena di montaggio di scimmie ammaestrate prive della vera coscienza, o meglio conoscenza del mondo che li circonda, che solo dalla critica può attingere umana libertà.
L’imperativo mercantile è entrato definitivamente in contraddizione con cultura e natura.
Ma c’è di peggio. Ciò che è culturale si è trasformato in naturale nella presunta assolutezza antropologica del capitalismo, mentre il naturale è diventato culturale nella relatività rispetto alle variabili del profitto.
Vedi cazzate o porcate come consumo a km zero, teorie della decrescita, marchi garantiti e protetti, turismo ecologico, manipolazione genetica, culture intensive, monopolio delle sementi ecc.
E ancora, nell’attualità di questi giorni, vedi cementificazione delle coste con relative alluvioni e l’expo di Milano sull’alimentazione, ovvero gli affamatori che si presentano come i salvatori degli affamati.
C’è di tutto e il contrario di tutto: diversi ingredienti per un unico brodo, non certo primordiale ma del tutto artificiale e nominabile.
Siamo a un punto di non ritorno? È giusto desiderarlo nella consapevolezza che non sarà una passeggiata da manine dipinte di bianco, ma una lotta senza esclusione di colpi? Siamo pronti a tutto questo?
La risposta non c’è, cari compagni, soffia ancora nel vento di questo piccolo inverno.