Di Leo Evangelista
Landini chiama: i lavoratori non rispondono…
Piazza del Popolo a Roma era indubbiamente piena: ma chi c’era? Che cosa è la coalizione sociale?
In pochi lo hanno capito: come Partito Comunista dei Lavoratori abbiamo cercato immediatamente di mettere in guardia la classe operaia, concedendo il beneficio del dubbio definendolo “fronte unico di lotta o specchietto per le allodole”.
Dopo il lungo discorso di Landini (un’ora esatta) e sulla cresta delle sue dichiarazioni “Non siamo in piazza per difendere cose che non ci sono più, anche perché ci hanno tolto tutto… E Renzi stia tranquillo, non siamo qui contro di lui, ma abbiamo l’ambizione di proporre idee per il futuro dell’Italia”, possiamo tranquillamente dubitare che la coalizione sociale, posta in questi termini, possa essere la miccia che innescherà un conflitto, tale per cui si abbandoni l’atteggiamento concertativo che negli ultimi anni ha prodotto durissime sconfitte.
La Fiom, e non solo, ha mostrato i muscoli: ma non sono sufficienti questi bicipiti striminziti. Ci vuole ben altro. Ricordiamo che la Fiom sarebbe il sindacato “rosso” degli operai metalmeccanici. In piazza ieri non c’erano le fabbriche! Senza sminuire la presenza di alcuni operai e delegati di fabbrica, alcuni di loro ancora innamorati della personalità di Landini (e non delle proposte che non ci sono), c’erano soprattutto le rappresentanze sindacali di quelle fabbriche: segretari di lega e burocrazia. Non basta! Anzi, non è la strada giusta!
Contro le illusioni riformiste
Nonostante il limite della chiamata a raccolta di Landini, noi avevamo espresso anche un parere positivo del tipo “era ora”, ma con una critica: il programma? Con quale prospettiva?
Ieri Landini ha gettato la maschera. E non poteva fare altrimenti. Ha parlato di “…un nuovo statuto dei lavoratori…” e “…ci sono persone che non sono rappresentate ma ora inizia una nuova fase, una nuova primavera, nei prossimi giorni metteremo in campo azioni concrete anche nei luoghi di lavoro…”.
Bisogna ricordare a Landini che lo statuto dei lavoratori, quello cancellato dal PD ed i suoi alleati (e non solo da Renzi), è stato il dolorosissimo parto di 25 anni di lotte operaie, a volte dure, a volte cruente (non dimentichiamoci quanti morti ha fatto la repressione nelle fabbriche e nelle campagne da parte dei padroni e dello Stato). È un’illusione sostenere che la risoluzione sia proporre un referendum o una riforma di legge, tantomeno parlare dell’applicazione dei “diritti costituzionalmente garantiti”.
Purtroppo “la storia insegna ma non ha scolari” e ci tocca ricordare anche che le “otto ore di lavoro” furono anch’esse il parto di una generalizzata lotta operaia quale fu l’occupazione delle fabbriche durante il biennio rosso. Anche le 8 ore non furono di certo il riconoscimento “democratico” dello Statuto Albertino, la costituzione monarchica, da parte di un governo reazionario come era quello di Mussolini (Regio Decreto del 15 marzo 1923). Era ovvio che la borghesia italiana non poteva permettersi di perdere tutto, pertanto disarmò gli operai ed allo stesso tempo finanziò le squadracce fasciste che continuavano a mietere oppressione e terrore, con il benestare delle forze di polizia. Le otto ore furono la vittoria che solo la lotta di classe poteva portare a compimento.
Pertanto un referendum per un nuovo statuto dei lavoratori non può che essere la svendita della dignità del mondo del lavoro.
Un fronte unico di lotta: radicalizzazione e generalizzazione delle lotte senza se e senza ma
Alla luce della storia delle vittorie del passato, non possiamo pensare che si possa vincere senza lottare. Non è ammissibile dimenticare la lotta di classe che gli operai ed i lavoratori tutti (e non solo i dirigenti sindacali e politici dai nomi più o meno altisonanti), hanno combattuto.
Non si possono nemmeno dimenticare le sconfitte degli ultimi 35 anni del sindacato: il fallimento attuale ha “radici antiche”. Compromissione con il potere statale, governi “amici”, “cretinismo parlamentare”, frammentazione del fronte sindacale in tante categorie sempre meno rappresentative, in quanto sempre meno combattive. In tal senso “Susanna….baciami ancora”…
Il Partito Comunista dei Lavoratori da anni propone la radicalizzazione delle lotte: Forza contro Forza. Opporre alla forza delle legge la legge della forza. I lavoratori hanno il potere, che non è quello della matita da ciucciare di grillina memoria, ma quello dello sciopero generale nazionale.
Pertanto che si convochi un’assemblea generale dei delegati di fabbrica di tutte le categorie e di tutti i sindacati! Che si intreccino le lotte e si leghino tra di loro per una grande vertenza generale di lotta, contro ogni sfruttamento e contro il capitale.
Il problema non è solo Renzi ed il PD: sono gli industriali ed i banchieri che dettano le leggi ai governi. Con o senza Renzi la situazione non cambierà. La precarietà (legge Treu del Governo Prodi) e la cancellazione dell’articolo 18 sono stati opera di governi e partiti che si sono presentati alle urne dicendosi di “centro-sinistra”. Nasce da qui l’esigenza della costruzione di un partito classista e rivoluzionario. Il Partito Comunista dei Lavoratori ha questa prospettiva: sempre al fianco di tutti i lavoratori contro il capitalismo.