CENTRODESTRA E CENTROSINISTRA SI CONTENDONO LA RAPPRESENTANZA DEGLI STESSI POTERI FORTI
Centrodestra e centrosinistra si contendono i governi delle Regioni, veri comitati d’affari dei poteri forti: industriali, banchieri, affaristi, speculatori. Non a caso le politiche delle giunte di ogni colore sono difficilmente distinguibili: soldi alle imprese, alle scuole confessionali, alle cliniche private; tagli agli ospedali e alle scuole pubbliche, precarizzazione del lavoro nella pubblica amministrazione, saccheggio del territorio e dell’ambiente, misure antimigranti. Il famoso Federalismo, votato o avallato quasi da tutti (Lega, Pdl, Idv, Pd), rafforzerà queste politiche antioperaie e antipopolari: aumenterà i soldi per industriali e cliniche nel Nord, li diminuirà per sussidi e ammortizzatori sociali nel Sud; nell’uno e nell’altro caso a vantaggio dei poteri forti e a danno di lavoratori, precari, disoccupati.
Purtroppo tutte le sinistre (PRC, PDCI, SEL), invece di porsi come polo alternativo ai due schieramenti in difesa dei lavoratori, sono parte integrante delle coalizioni di centrosinistra. In cambio di assessori, o con la speranza di ottenerne. Giungendo oggi, in molti casi, ad allearsi persino con la UDC. In ogni caso subordinandosi a programmi e interessi della classe dominante contro il proprio popolo. E’ il riflesso locale di una politica nazionale che negli anni passati ha visto le sinistre votare “guerre e sacrifici” in cambio di ministri. Col risultato di colpire i lavoratori e di spianare la strada ogni volta al ritorno di Berlusconi. Ogni volta rafforzato, non a caso, dai disastri del centrosinistra.
Berlusconi e i suoi governatori vanno certo cacciati, con tutta la loro corte di faccendieri e rampanti. Ma vanno cacciati nella prospettiva di un’alternativa vera, che ponga i lavoratori al posto di comando. Non a favore di coalizioni di governo confindustriali, nazionali e locali, che ogni volta finiscono col riportarlo in sella. E’ ora di finirla con l’alternanza tra la padella e la brace o viceversa. E’ ora di contrapporsi alle classi dirigenti del paese nella prospettiva di un governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa. Questo è il programma del Partito Comunista dei Lavoratori. E’ la proposta che avanziamo a tutte le sinistre italiane.
Questa proposta e il nostro partito sono stati esclusi dal voto nella larga maggioranza delle Regioni per opera di una legge elettorale assurda e discriminatoria. Una legge elettorale che impone un numero di firme talmente enorme per la presentazione delle liste da costringere gli stessi partiti che l’hanno voluta a raggiri di ogni tipo, sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Con la differenza che i partiti dominanti possono aggirare la propria legge. Un partito operaio indipendente come il nostro no.
Ma non ci faranno indietreggiare di un metro. Le classi dominanti non hanno niente da offrire alla maggioranza della società. Il pendolo tra centrosinistra e centrodestra su cui hanno costruito per 20 anni le proprie fortune ha usurato la propria credibilità, agli occhi di milioni di lavoratori disillusi. La cosiddetta seconda Repubblica affoga negli scandali di corte, nella corruzione dilagante e bipartisan, nella guerra tra poteri e consorterie.
La risposta a tutto questo non sta nel populismo di Di Pietro, già ministro di ripetuti governi confindustriali e oggi unicamente a caccia di voti e assessorati. Sta nella ribellione sociale. Nella prospettiva del rovesciamento della dittatura degli industriali, dei banchieri, dei loro partiti. Nella costruzione di un ordine nuovo in cui siano i lavoratori a comandare. Nella costruzione del partito che si basa su questo programma di liberazione: il Partito Comunista dei Lavoratori. Possono escludere il nostro partito dal voto. Non possono escluderlo dalle lotte di emancipazione e liberazione di tutti gli sfruttati.
NESSUN VOTO ALLE COALIZIONI DI CENTRODESTRA E DI CENTROSINISTRA.
VIA LA SECONDA REPUBBLICA DELLE TANGENTI, DELL’ARBITRIO, DELLA TRUFFA.
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI, QUALE UNICA ALTERNATIVA
COSTRUIAMO IL PCL: LA SINISTRA CHE NON TRADISCE