Che la ragione ci liberi dai Saviani
Siamo evidentemente alla frutta, non avendo rimasto altro che una fetta d’intellettualità a proprio favore, la borghesia antiberlusconiana getta in campo le truppe cammellate del buon pensiero riproponendo cose che tutti sanno, ma che se dette meglio di altri, “si spera” possano attrarre i cuori sconsolati del popolo sinistro.
Insieme al poetico Vendola, dunque, la misera controffensiva politico-culturale del PD dispiega le sue truppe nella battaglia per l’egemonia, ma più a difesa del proprio fortino che a sostegno di un disegno politico preciso.
Del resto di Saviani ne è stata piena la storia.
Dai palchi traballanti del medio evo con il saio indosso, ai teatrini televisivi col “casual” firmato, generazioni di affabulatori si sono succeduti arringando il popolo, per poi subito dopo sedersi pasciuti al desco dei potenti.
Cambiano le forme ma la sostanza rimane quella.
Quando un sistema entra in crisi e non è più possibile nasconderlo, ecco apparire i suoi nemici istituzionalizzati.
Se l’edificio crolla perché le fondamenta poggiano sulla merda, essi dicono :” Le finestre erano fatte male, i muri cementati con malta scadente e il tetto poi,… faceva acqua da tutte le parti “. Così sostengono che tutto sommato il progetto era buono ma è stato eseguito male, facendo intendere che :”loro si!”, lo avrebbero realizzato bene.
E’ una questione di efficienza, di capacità individuali, di competenze e:”loro si !” imbellettati e inquadrarti dal lato migliore da cento telecamere, sono i migliori e,… molti ci credono.
Ovvio , però, che contemporaneamente essi devono ben precisare da che parte stanno e quando accade che qualcuno s’incazza e spacca qualcosa, loro sfoderano tutta la loro dialettica per “metterlo al muro” come fanno con i più pericolosi criminali, mafiosi e politici collusi.
Per loro gli uomini si dividono in tre categorie: gli incapaci, il popolo e loro stessi( i capaci ); esattamente come, per i mafiosi, si divide in uomini, mezzi uomini, ominicchi e quacquaracquà .
Una volta gli intellettuali e gli artisti seguivano la sinistra perché questa , più o meno bene, pareva interpretare politicamente il conflitto sociale e da questo incontro si produceva cultura, non quella accademica naturalmente, ma quella vera che fa la storia.
Tramontata la generazione, rincoglionita o venduta, dei vari Fò, Guccini, Venditti, Benigni ecc.e finita la socialdemocrazia, il prodotto dei nuovi intellettuali popolari, ciechi al conflitto, si riduce ad un esercizio puramente retorico di continua riproposizione dello stesso tema; ora in chiave popolar buonista, ora in chiave giustizialista, ora moralisticheggiante, ma sempre di un vomitevole e ritrito conformismo borghese incapace d’interpretare i tempi.
Non è un bene questo, gli “intellettuali” e gli “artisti” sono necessari per diffondere le nuove idee e per costruire i nuovi codici comunicativi di una cultura rivoluzionaria ma questo non dipende da loro ma dagli esiti del conflitto di classe.
E… visto ciò che sta accadendo in questo povero mondo (letteralmente) governato da bande criminali, si può tranquillamente credere che una nuova generazione di intellettuali, non prona al potere dei soldi, sia pronta ad irrompere nel teatro della Storia.
Allora i vari Saviano torneranno nel limbo del nulla che gli compete.