Alla Croci di Bertinoro: attacco di classe
Per la direzione quindi non esiste più la contrattazione di secondo livello e di conseguenza una controparte all’interno dell’azienda; per cui da gennaio 2012, varrà soltanto il contratto nazionale, il quale, a sua volta, è stato svuotato dal disgraziato (per i lavoratori) accordo neo-concertativo Camusso- Marcegaglia.
Insomma, appena firmato l’accordo fra CGIL e Confindustria, ecco che viene superato a destra: a livello nazionale dal Governo con l’art.8 e, appunto, da Croci a livello locale. Del resto la situazione della Croci, sotto il profilo produttivo, finanziario e delle relazioni sindacali, era da tempo compromessa. Cassa integrazione, aumento dei ritmi di lavoro e rifiuto della direzione di qualsiasi dialogo con l’RSU, su una qualche ipotesi di rilancio produttivo, ne sono chiara testimonianza( vedi nostro art. sul n.3 – 2011). Se a questo si aggiunge il proditorio licenziamento di due lavoratori, perché troppo assenti a causa malattia, si può dire che Croci, a fronte delle richieste pressanti di fare chiarezza sul destino dell’azienda, ha deciso di troncare preventivamente ogni possibile trattativa; anzi ha scelto di “rilanciare” ponendosi alla testa dell’ala anticoncertativa e più reazionaria del padronato locale.
La posta in gioco si è dunque alzata, improvvisamente, in maniera inversamente proporzionale all’importanza, (ridotta) della Croci nel tessuto produttivo locale. Siamo dunque alle avvisaglie sulla qualità dell’attacco padronale che vedremo dispiegarsi nel prossimo futuro. Qualcosa già si vede: Croci si è mosso per suo conto, contro il parere di Confindustria stessa che, evidentemente, non vuole alzare il livello del conflitto, essendo, per ora, paga dell’Art.8 e dell’accordo Camusso-Marcegaglia. Bisognerà poi vedere quanti padroni saranno disponibili a seguire Croci, ma è certo che lui non è uno politicamente sprovveduto, essendo stato anche presidente della Confindustria locale. In ogni caso, se dovesse vincere anche solo nella sua azienda, si creerebbe un precedente; un varco che altri padroni, ora indecisi, potrebbero usare in futuro. Per questo occorre fermarlo con ogni mezzo necessario, perché la minaccia è grande e riguarda non solo i metalmeccanici ma anche i lavoratori delle altre categorie. Proprio per questo occorre rilanciare la lotta ad un livello più alto, perché è ormai chiaro che azioni meramente difensive, per mantenere gli assetti attuali o, peggio, illudendosi di concedere poco, sono inevitabilmente superate dalla virulenza delle iniziative padronali.
Fin’ora i lavoratori della Croci si sono mossi bene con scioperi e picchetti che hanno ”sfondato” l’inedia dei media locali. Anche alcuni delegati di altre fabbriche hanno espresso la loro solidarietà ai lavoratori in lotta. Questo è positivo, una coscienza degli interessi comuni è importante, ma da sola la solidarietà non basta. In uno scontro fra classi e di questo si tratta; i cui esiti cioè riguarderanno tutti i lavoratori, conta solo la forza. Occorre che i lavoratori agiscano come classe.
Cioè uniti nella lotta di classe; soltanto così sarà possibile vincere.