di Partigiano stanziale – Ci sono momenti delle storia in cui la ragione viene spinta a calci in culo verso l’incoscienza e allora, anche molti di quelli che la ritenevano uno strumento di comprensione del mondo, se la legano alle chiappe come fosse un cuscino e, ad ogni botta, dicono: “ Bè !.. in fondo non ho sentito tanto male !. …L’importante è andare avanti !“.
Ma avanti, dove ? Questo naturalmente non se lo chiedono in quanto il raziocinio risiede nella materia celebrale e non fra la ciccia delle chiappe..
Sicché, più le prendono, più si convincono che questo è il destino dell’uomo e cominciano a trovarci gusto fino a che , in un crescendo di piacere masochista, diventano complici degli aguzzini.
E questo non ha niente a che fare con il diverso livello d’istruzione ( tutti culi ragionano uguale), ma è una condizione comune e trasversale che rappresenta il livello attuale delle sedicenti sinistre italiane: dei loro gruppi dirigenti , che trascinano verso il nulla le residue speranze della gente di sinistra.
Non è una patologia che riguarda il singolo individuo, ma quelle idee pietrificate che non riescono più a spiegarsi il mondo e continuano a credere che oggi sia possibile un compromesso fra le esigenze del capitale e i bisogni delle masse popolari, mentre non c’è nessun segnale, nessuna logica che questo possa avvenire, anzi i fatti dimostrano continuamente il contrario. E allora…. rimane solo la via delle poltrone: l’ossessione per un seggio parlamentare di pura testimonianza “etica” e dei privilegi che esso comporta.
E c’è poco da fare: la tesi per cui il socialismo è irrealizzabile è sostanzialmente fatta propria anche dai residui di Rifondazione Comunista che si aggregano, nelle prossime elezioni, ad una lista totalmente priva di riferimenti di classe, se non proprio di destra ( Ingroia).
E Vendola, da far suo, porta alle estreme conseguenze il succitato teorema entrando di fatto nel PD e intanto pregusta una poltrona ministeriale nel nuovo governo.
I riformisti, i socialdemocratici, ma anche i sedicenti liberali di sinistra, che hanno sempre accusato i rivoluzionari di essere fuori dal mondo, si stanno confermando gli utopisti che strangolano le prospettive della sinistra italiana e mondiale.
E intanto la realtà avanza come un rullo compressore.
Con le controriforme realizzate dal governo Monti ( abolizione dell’articolo 18 e sostanzialmente del contratto nazionale di lavoro ) un’ altro segmento della classe lavoratrice, quello dei lavoratori industriali tutelati e relativamente garantiti, si va ad aggiungere alla massa del lavoro dipendente completamente asservito alle ragioni del profitto(ai lavoratori precarizzati dalla riforma Treu del governo Prodi e dalla legge 30 del Governo Berlusconi).
Contemporaneamente anche vasti settori dei lavoratori statali ( in particolare nella scuola ) subiscono un arretramento delle proprie condizioni economiche e di lavoro e la maggior parte dei giovani ad alta scolarizzazione non ha prospettive di lavoro.
Inoltre, dall’esplodere delle crisi nel 2008, migliaia di micro-imprese artigiane ( individuali e familiari) hanno chiuso definitivamente i battenti.
La nuova riforma delle pensioni ( un crimine economico di proporzioni inedite ) condannerà milioni di anziani alla povertà.
E tutto ciò è avvenuto senza mobilitazioni e proteste rilevanti di carattere generale; il ruolo complice delle direzioni sindacali e la mancanza di una forza politica di classe sufficientemente radicata fra le classi lavoratrici, ne sono la causa principale.
Ma questo è un dato di fatto, una conseguenza logica del precedente periodo storico, in cui l’illusione delle sorti progressive del capitalismo ha travolto le sinistre riformiste e le masse popolari che ad esse si rivolgevano, grazie ad una fase del tutto transitoria di relativa crescita del benessere economico.
Vuol dire che la maggioranza dei lavoratori dipendenti, in via di proletarizzazione, condivide ancora la cultura borghese e non prende in seria considerazione gli allarmi lanciati dai settori più consapevoli della propria classe.
Ma anche questo fa parte della storia: fra le masse, la coscienza della propria condizione sociale, avviene sempre in ritardo rispetto ai processi economici in corso.
Però è anche un fenomeno relativamente nuovo per il nostro paese, su cui vale la pena riflettere.
Per la prima volta da almeno cinquanta anni , il nucleo centrale delle classi lavoratrici da dove proviene una massa rilevante del profitto d’impresa , si vede rapidamente decurtato, sia di una parte rilevante del proprio salario ( diretto, indiretto e relativo ) sia dei diritti che credeva acquisiti definitivamente.
Per il momento la contraddizione fra coscienza e essere sociale ( fra modo di ragionare e condizione economica )spinge verso l’adesione ai movimenti populisti che apparentemente contestano il sistema ma ideologicamente e materialmente ne sono parte organica, oltre che valvola di sfogo esclusivamente elettoralistica, oppure verso la pubblicità borghese ( comune a tutti i partiti presenti in parlamento ) delle giustezza dei sacrifici per la prossima uscita dalla crisi, che sistematicamente però, viene rimandata ogni anno a quello successivo.
Ma questo non vuol dire che tale situazione durerà in eterno: le strutture del dominio borghese, materiali e culturali ( proprietà dei mezzi di produzione , mezzi di comunicazione di massa e apparato repressivo dello Stato ) non potranno contenere del tutto le spinte verso la rottura della pace sociale.
In un prossimo futuro è probabile, se non scontato, che avvenga la ricomposizione di un nuovo proletariato attratto da un programma politico anticapitalista e socialista.
Un proletariato anche mediamente più colto che in passato; in grado di usare le nuove tecnologie e comprendere i processi politici ed economici in corso. Una nuova classe operaia ostile all’economia di mercato, in Italia come nei paesi a capitalismo avanzato, capace di attirare a se, unificandoli su un programma comune socialista, il resto degli sfruttati.
Perciò non bisogna farsi distrarre dalla situazione contingente ( dalle apparenze ) perché riguarda il momento, anche se nel suo interno occorre saper cogliere le tendenze che anticipano il futuro.
Del resto le rivoluzioni sono sempre avvenute in momenti dove si sono combinate rotture su più livelli dell’ordine precedente, fino a che il vecchio sistema non è più riuscito a contenerle tutte insieme.
E sono iniziate in maniera imprevedibile; come il procedere della storia, per improvvise accelerazioni, ci ha spesso dimostrato.
E poi… la pazienza è una virtù rivoluzionaria, sempre che si accompagni alla ragione!