Nel conflitto, più i margini di mediazione fra gli opposti interessi si riducono, più esso diventa simile alla guerra e come tale va combattuto. Nella società capitalista il conflitto centrale, che condiziona tutti gli altri conflitti, è la lotta di classe fra capitale e lavoro, fra borghesia e proletariato, fra proprietari dei mezzi di produzione e lavoratori dipendenti.
L’intensità della lotta fra borghesia e proletariato dipende dall’alternarsi fra crisi e ripresa dei cicli economici e dal livello di coscienza delle masse dell’esistenza della lotta di classe.
Quando l’economia cresce e crescono i profitti, la borghesia può permettersi di pagare salari sufficienti, sia per l’acquisto dei beni primari che dei beni voluttuari non indispensabili per la sopravvivenza.
In questi periodi la lotta di classe si attenua fino a sembrare inesistente; i lavoratori vengono facilmente convinti che l’interesse del padrone coincide con il loro e che questa condizione di relativa abbondanza durerà in eterno. In realtà si stanno creando le condizioni per la loro rovina.
Infatti, quando il ciclo di crescita raggiunge il suo culmine ed esplode la crisi, la borghesia, per mantenere inalterati i profitti, scatena l’attacco contro le classi lavoratrici.
I padroni licenziano, chiudono le aziende e, tramite lo Stato e i Governi (che sono sempre strumenti dei padroni) e con l’aiuto dei sindacati concertativi: riducono i salari, distruggono i diritti dei lavoratori e lo stato sociale.
Così la lotta fra borghesia e proletariato, che sembrava sepolta nella passato, riesplode con tutta la violenza della guerra sociale e se la classe lavoratrice non risponde unitariamente con una forza uguale e contraria la sua sconfitta è garantita.
Per combattere una guerra bisogna, prima di tutto, essere coscienti dei propri punti di forza e di debolezza e conoscere la forza e le debolezze del nemico.
La forza della borghesia consiste nel potere del denaro, nel controllo dell’informazione e della tecnologia, nella forza repressiva dello Stato e nelle leggi dei governi che ne legittimano il controllo della produzione. Al suo servizio militano schiere di intellettuali, politici e burocrati di professione che, dall’alto delle loro competenze, imbrogliano le masse facendo loro credere di essere in democrazia.
La sua debolezza consiste nel dover combattere su due fronti: contro il proletariato e nel campo della concorrenza fra le singole imprese che, nelle fasi di crisi dei profitti, può diventare una guerra civile in seno a se stessa.
La forza del proletariato è quella del numero e dei bisogni indispensabili alla sopravvivenza.
La sua debolezza è la divisione: fra Stati, fra religioni, fra categorie sindacali, fra singole aziende, fra etnie, fra poveri e meno poveri; che gli impedisce di organizzarsi come classe nella lotta contro la borghesia sulla base di un programma comune.
Come in qualsiasi guerra, anche per vincere una guerra di classe contro la borghesia, bisogna avere una strategia; cioè un’obbiettivo finale che non può essere altro che la presa del potere politico a scapito della borghesia che attualmente lo detiene.
E bisogna avere una tattica; cioè un’articolazione di obbiettivi intermedi, di alleanze sociali e di adeguate modalità organizzative.
Strategia e tattica si riassumono nel “programma“, nel senso che ogni obbiettivo transitorio raggiunto è una tappa di avvicinamento all’obbiettivo finale. Per cui ad esempio: occupare un’azienda che vuole delocalizzare la produzione, salvando salario, diritti e occupazione, può rappresentare un passo in avanti.
Ma anche una lotta conclusa con la vittoria del padrone, se combattuta come lotta di classe, può essere utile alla crescita delle lotte future.
L’ambizione del PCL è quella di diventare lo strumento della lotta di classe a disposizione dei lavoratori.
In ogni caso solo con la lotta si può ottenere qualcosa: Solo la lotta di classe paga !
Cellula operaia PCL- Sez. : Forlì-Cesena