• Senza categoria

Internazionale

CILE: QUARANTA ANNI DOPO IL COLPO DI STATO MILITARE, LE COSE SONO CAMBIATE : PER UNA ALTERNATIVA OPERAIA E SOCIALISTA

Introduzione

La forza incontenibile, che può sprigionare l’internazionalismo e l’alleanza internazionale dei lavoratori attraverso la rifondazione della IV Internazionale, è possibile percepirla con la lettura del seguente testo, inviatoci dai compagni del POR Cileno ( Partido Obrero Revolucionario del CRQI ).
A scanso di qualsiasi mistificazione ed illusione nei confronti della vittoria alle elezioni del “Nueva Mayora” , in cui si evidenzia l’elezione di 2 parlamentari del PCC ( tra cui Camila Vallejo); per smascherare tutte le bugiedegli articoli dei quotidiani nazionali italiani, anche di sinistra, che offuscano la realtà e la fallimentare prospettiva di questa alleanza sprovveduta dei comunisti cileni con i filo-golpisti della DC  e dei filo-imperialisti del PS di Michelle Bachelet ( eletta presidente ), che non farà altro che legittimare, a livello popolare, il malgoverno ed il terrorismo del capitalismo anche nello stato Cileno.
E’ nostro dovere dire la verità : perché sia evidente che il comunismo che noi 
prospettiamo non è nemmeno quello degli stati “socialisti” deformati.
Trotsky riferendosi alla forma diversa di indicare gli slogan di difesa dell’URSS, che la Quarta Internazionale doveva avere rispetto a quelli degli stalinisti, affermava ancora:
“è necessario definire chiaramente ciò che difendiamo, come lo difendiamo, contro chi lo difendiamo”.
Noi abbiamo le idee chiare.
Onide Berni
_______________________________________________________________________
Nell’anno 2013, in Cile, si è assistito a un colossale sforzo, compiuto da parte di dirigenti delle imprese nazionali e internazionali operanti nel paese, per cercare di nascondere, o quanto meno marginalizzare, attraverso mass media, da loro controllati se non di proprietà, le proprie responsabilità nel colpo di stato del 1973, attraverso una sovraesposizione di interviste, libri, relazioni, video, immagini, nel tentativo di addossarne le colpe esclusivamente a militari e politici.

Ma a quaranta anni dal colpo di stato militare, si può affermare con certezza che:
questo è stato il risultato del fallimento completo, fallimento le cui avvisaglie già si coglievano negli anni sessanta, dello sviluppo di ispirazione interamente capitalista, cui gli Stati Uniti, tramite la CEPAL, la Commissione economica per l’America Latina, avevano cercato di dare impulso e di quella sorta di strategia borghese, imperialista, unicamente ispirata da riformismo conservatore, passata alla storia con il nome di “rivoluzione nella libertà “, incentivata dalla Democrazia Cristiana (DC) e sostenuta dai partiti padronali in dissoluzione.
Di fronte a questa profonda crisi del sistema capitalista e all’acuirsi della lotta di classe in Cile, nelle elezioni del settanta, si sono sfidati l’imprenditore Jorge Alessandri (Partito Nazionale, candidato dei partiti padronali, che proponeva ipotesi d’impresa e capitalistiche) e due candidati di ispirazione riformista: Radomiro Tomic (DC), che nell’ambito di un programma di continuità con il governo di Eduardo Frei Montalva, cercava di fermare la crescita del movimento operaio di massa (riformismo borghese) e Salvador Allende che con il suo programma “Unità Popolare” ipotizzava la “via pacifica al socialismo”, movimento, questo, che, dopo quattro decenni, ancora non può non esser considerato un fronte popolare controrivoluzionario.
Il governo di Unità Popolare, non è riuscito a controllare e quindi a contenere i fermenti della classe operaia, dei contadini, degli strati medi impoveriti, dei dipendenti, dei poveri nelle zone rurali e urbane, motivo per cui, tutte queste categorie sociali hanno ampliato il fronte delle proprie lotte, affinando la propria coscienza di classe e migliorando la loro organizzazione, dando risposta alle serrate padronali, ai sabotaggi, all’aggressione economica dell’imperialismo, al terrorismo scatenato dal capitale nazionale e internazionale, ponendo le basi per la conquista del potere e per il socialismo.
A fronte di tutto questo la risposta dei partiti dei padroni è stata il raccogliersi tutti intorno alla DC e alle Forze armate, le quali, nel frattempo, erano state addestrate dall’imperialismo a rispondere con la repressione violenta alle rimostranze della classe operaia e dei lavoratori, rendendosi, in tal modo, garanti della cospirazione di tutte quelle forze economiche e sociali, civili e militari, la cui mira era quella di riuscire a paralizzare e sconfiggere il proletariato del Cile, che in quegli anni, cosciente di sé, aveva rotto con quella sorta di trappola del “contenimento”, pensata e realizzata da quei partiti chiamati “partiti della classe operaia”, il Partito socialista (PS) e il Partito Comunista (PC).
Sulla scorta di questi presupposti, è diventato poi chiaro a tutte le forze reazionarie, che la Unidad Popular non più era in grado di contenere l’energia sociale che minacciava di superare il suo programma di riforma e che si stava, nel frattempo, concretizzando un’alternativa di dualità di potere con una prospettiva socialista e rivoluzionaria, la cui punta avanzata si è avuta poi, nei “cordoni industriali” (quartieri operai).

La dittatura militare

Politici, imprenditori e intellettuali al servizio del capitale, sicuri del fatto che, una volta che l’esercito fosse riuscito a restaurare “l’ordine e la governabilità”, il governo avrebbe ripreso, nel breve-medio periodo, il controllo della situazione, hanno assaporato il gusto della frustrazione più profonda per l’evidenza del fallimento del capitalismo cileno, fallimento che altro non è stato se non un tassello di un quadro più ampio e generale della crisi profonda del capitalismo mondiale, il quale aveva bisogno di recuperare i propri margini di profitto.

Con la forza delle armi, la dittatura militare impose, ai lavoratori e in generale alla popolazione, con una politica fatta di radicali cambiamenti, una rivoluzione nelle relazioni economiche, una sorta di capitalismo ultra-liberale (che alcuni chiamano neoliberismo), cosa questa che determinò la distruzione di gran parte dell’infrastruttura industriale, un massiccio impoverimento (PEM e POJ), l’apertura unilaterale al mercato mondiale, la vendita delle industrie statali, la privatizzazione di sanità, istruzione e pensioni.
La crisi globale degli anni ottanta del capitalismo è riuscita a minare le fondamenta della dittatura e contro la resistenza delle manifestazioni di massa l’imperialismo ha deciso, allora, di giocarsi, alla fine degli anni 80, la carta di una “uscita democratica” dalla dittatura.

La Concertazione


La Concertazione, sin dal suo inizio, ha giocato il ruolo di una sorta di fronte popolare di collaborazione di classe (controrivoluzionario), per: 
-)prevenire disordini sociali con l’intervento della burocrazia sindacale, utilizzata per frenare le mobilitazioni;

-)smantellare qualsiasi minaccia potesse opporsi alla formulazione e alla promulgazione di nuove leggi atte a dare più forza all’apparato giuridico e repressivo del regime;
-)privatizzare ancora altre imprese – oltre a quelle già privatizzate durante la dittatura – offrendo sostegno, con mezzi e risorse dello Stato, a quelle entrate in crisi, (Afp, La Salmoneras, ecc);
-)offrire una serie di vantaggi fiscali al grande capitale per facilitarne investimenti in altri settori (minerario, elettricità, trasporti, supermercati, ecc.).

Così, sotto i quattro governi della concertazione il modello di accumulazione capitalista, impiantato con la dittatura, riesce a raggiungere la sua pienezza e maturità, traguardi che, però, in seguito, si avvitano su se stessi ed esauriscono la Concertazione come progetto politico, con il suo ruolo di smobilitazione, progetto pienamente raggiunto dai governi Aylwin, Frei, Lagos e Bachelet, che hanno governato per l’imperialismo e in nome e per conto del grande capitale interno ed esterno, riuscendo a sconfiggere una “uscita popolare” dalla dittatura e concretizzando, quindi il proprio ruolo controrivoluzionario.

La attuale crisi sociale in Cile


Il disagio, latente nella maggior parte del popolo cileno, comincia a emergere negli anni 2005-2006 – con scioperi nel settore minerario, forestale e con la lotta dei “pinguini”, gli studenti delle scuole secondarie, che si esprime in tutto il suo vigore nel 2011.
Questo malcontento è il risultato della diffusione del capitalismo e dell’acuirsi delle contraddizioni nella sua fase di declino, dovuta all’enorme concentrazione di potere e ricchezza e della formazione di un vero e proprio oligopolio nei settori economici : banche, AFP, ISAPRES,RETAIL, ecc.
Il continuato e aggravato saccheggio delle risorse naturali con il conseguente impatto sull’ambiente, l’eccessivo sfruttamento, la pratica del subappalto, il sistematico impoverimento dei lavoratori, il fallimento completo dello stato sociale, che ha significato trasformare diritti pubblici, in attività private sulle quali il capitale continua a lucrare, la pacificazione della regione dell’Araucania, al solo scopo di depredare territori ricchi di risorse naturali e consegnarli nelle mani del capitale monopolistico internazionale, hanno creato tra la gente grandi disuguaglianze in campo economico, sociale e politico.

Questa disuguaglianza è in qualche maniera nascosta dal gigantesco movimento di prestiti che sostiene le relazioni economiche; poiché la stragrande maggioranza della popolazione riceve salari e stipendi bassi, per riuscire a sostenere un tenore di vita dignitoso, vive permanentemente indebitata in un alienante avvicendarsi della propria vita, vissuta perennemente nella paura della perdita del lavoro e la conseguente sottomissione a quelli che sono i rapporti di lavoro tra operai e padroni.
Questa disuguaglianza estrema, come si è già visto con il governo Lagos, evidenzia il debito come il principale problema sociale in Cile e come prodotto di questa disparità, la classe operaia, contenuta nei limiti imposti dalla dittatura all’inizio e dai governi della Concertazione in seguito.

Tappe importanti di questo processo sono state, il rifiuto ricevuto da Pinochet durante la visita alla nuova sede in costruzione del Congresso, rifiuto per cui ebbe a dire: “Ingrati!”, lo sciopero, considerato illegale, dei lavoratori forestali, i quali sono riusciti a imporre una negoziazione con le imprese e soprattutto hanno ottenuto che tutti i sindacati, divisi e parcellizzati dai dettami del codice del lavoro, si riunissero in un’unica associazione; lo stesso risultato è stato ottenuto dai lavoratori in subappalto del rame e con lo sciopero dei portuali, i quali, all’epoca dei fatti, sono riusciti a paralizzare il commercio internazionale costringendo il governo a intervenire e la burocrazia sindacale a investire proprie risorse per formalizzare un accordo che ne ha, in qualche maniera, salvato l’immagine.

Ultimamente c’è stata una serie infinita di scioperi, tra legali e illegali, come ad esempio quelli dei lavoratori della vendita al dettaglio, degli addetti ai call center, del personale delle grandi catene di negozi come Falabella, Ripley, Sodimac e altri che hanno avuto connotazione nazionale, come quello dei lavoratori della spazzatura, quelli di Correos de Chile (le Poste Cilene) e all’interno degli scioperi a diffusione nazionale, colpisce quello dei lavoratori della National University di San Tommaso, votato da tutti gli uffici regionali con il 98% delle adesioni e a tutto questo si aggiunge la magnifica e straordinaria lotta giovanile per il ritorno a una istruzione pubblica e gratuita.
Queste azioni, intraprese dai lavoratori, tutte contro la volontà degli apparati sindacali, come quella del settore postale e quella della raccolta dei rifiuti, sono servite a mettere alla luce l’atteggiamento ambiguo, se non proprio il doppio gioco, che la CUT[1] ha avuto contro le lotte dei lavoratori, questi scioperi sono il chiaro indice della cattiva sopportazione da parte delle masse nei riguardi della politica di “moderazione” adottata dalla direzione nazionale del sindacato, costantemente in collisione con le richieste dei lavoratori, i quali cominciano di nuovo a scontrarsi con la borghesia e con il suo modello di sfruttamento, che ha sempre meno spazio nella crisi mondiale del capitalismo.

L’attuale crisi politica


La “democrazia guidata” e lo Stato cileno sono in un momento di enorme crisi e larghi settori della popolazione, considerano, oramai, ampiamente discreditate le istituzioni politiche: in questa situazione si ritrovano il parlamento, la magistratura, il governo, la presidenza, i partiti politici, le forze armate, la costituzione, la legge binominale; in sintesi, tutte le istituzioni politiche ereditate dalla dittatura nel suo insieme, vengono oramai rigettate dalla maggioranza della popolazione, di riflesso, quindi, la legalità si trova davanti a una perdita di prestigio e a un processo di delegittimazione senza precedenti che ha reso più forti le posizioni di coloro che richiedono un’assemblea costituente.
Il disastro globale innescato dal capitalismo, oramai in fase avanzata di decadenza e la crisi in Cile del modello ultra-liberista imposto dalla dittatura, sono i chiari indicatori del fatto che a quaranta anni dal colpo di stato militare, la classe dirigente e i suoi alleati non possono continuare a governare come hanno fatto fino ad oggi, anche perché i loro partiti, “Alleanza per il Cile” e “Nuova Maggioranza”, con la partecipazione del Partito Comunista nel processo di concertazione, sono oramai del tutto privi di credibilità, privi di organizzazione e non in grado di offrire alternative valide.
La situazione della borghesia cilena, è solo la reiterazione di quanto accade alla borghesia nel resto del mondo: attualmente, il punto focale in Cile e nel resto del mondo è la questione del potere: l’umanità tutta sta vivendo in un periodo di transizione verso nuovi ordini nazionali e verso un nuovo ordine mondiale che dovrà essere costruito su relazioni completamente reinventate e su basi sociali da ricostruire con parametri profondamente diversi.
Il compito che si presenta alle avanguardie della classe operaia è quello di preparare le condizioni per contrastare e respingere l’attacco della borghesia contro i diritti dei lavoratori, questo obiettivo può essere raggiunto solo con la costruzione di una direzione della classe operaia e dei lavoratori, accantonando l’ingannevole, inutile e dannosa meccanica del dialogo politico conciliante e riformista, proposto e messo in essere per più di due decenni dai sindacati delle varie tendenze, dal Fronte popolare alla sinistra democratizzante.
Quaranta anni dopo, le cose sono cambiate, la classe operaia e i lavoratori cominciano a riarticolare le loro organizzazioni, a convergere con altre forze sociali sfruttate e maltrattate; con gli studenti, i Mapuche[2], il movimento ambientalista, la questione del debito, gli agricoltori, ecc. il tutto al di fuori delle istituzioni borghesi e questo dimostra che la coscienza del popolo è in una fase di evoluzione tale che è oramai in grado di combattere il capitalismo e la sua funesta crisi globale e impedire che questa sia scaricata sulla classe operaia e sui lavoratori e, soprattutto, è oramai in grado di intraprendere il cammino che porti alla presa del potere, a un governo dei lavoratori e alla costruzione di una nuova società fondata su basi sociali rinnovate.

Il Partito Operaio Rivoluzionario fa appello alla classe operaia e in particolare ai lavoratori cileni affinché combattano per:


-)un governo dei lavoratori;
-)la convocazione di un congresso che rifondi il sindacalismo, che lo renda indipendente dalla politica, dalle istituzioni statali, dai partiti tradizionali, dai governi e dai datori di lavoro e che recuperi l’indipendenza di classe;
-)preparare la classe operaia e i lavoratori a lanciare uno sciopero generale per impedire che i capitalisti scarichino la crisi sui propri dipendenti, così come sta accadendo in Europa;

-)Opporsi a qualsiasi forma di precarietà, subappalto, ecc, perché i lavoratori non sono responsabili della crisi

-)aumentare, se necessario, i parametri di scala mobile del lavoro, senza perdita di retribuzione;

-)abolire il codice del lavoro, eredità di Pinochet;

-)fine alla AFP 

-)istruzione e sanità, pubbliche e gratuite

CHE LA CRISI LA PAGHINO I CAPITALISTI

[1] CUT (Central Única de Trabajadores de Chile) fu la più grande confederazione sindacale tra il 1953 e il 1973, fondata con l’obiettivo di raggruppare l’intero movimento operaio fino a quel momento disperso in più realtà.
[2] I Mapuche sono gli abitanti Amerindi, originari del Cile.

Partido Obrero Revolucionario – Cile 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.