di Osvaldo Coggiola [*]
Nel marzo del 1976, quando si instaura in Argentina una delle più sanguinose dittature in America Latina, Jorge Mario Bergoglio non aveva compiuto 40 anni, ma è già “provinciale” (superiore) dell’ordine dei Gesuiti nel paese. Nessuna fotografia degli anni successivi evidenzia direttamente alcuna vicinanza tra lui e la giunta militare, a differenza delle prove che testimoniano la grande vicinanza tra l’alta gerarchia cattolica (a cui apparteneva ancora Bergoglio) e il team di assassini professionisti al governo. Bergoglio, tuttavia, era ben lungi dal contrapporsi alla linea perseguita dalla Chiesa di Roma (non solo in Argentina, ma in tutto il Sud America oppresso da regimi controrivoluzionari feroci).
Il “processo” di auto-giustificazione dei militari argentini parte dalla necessità di eliminare la “corruzione” (peronista) e la “sovversione” (armata), cioè i guerriglieri. Quest’ultimo concetto è stato così ampliato che nel tempo ha compreso tutta l’attività politico-sociale: esposizione di opinioni, rivendicazioni, scrivere , parlare, leggere, pensare (sic). Tale nozione non può naturalmente contare su alcun “diritto “: si è dovuta inventare una “guerra (nazionale) anti-sovversiva”. Gli ideologi della dittatura giunsero a dire che la terza guerra mondiale (contro il comunismo) era già iniziata in Argentina, nella forma di una “guerra sporca” (un concetto inventato dai torturatori francesi nella guerra d’Algeria). La conseguenza di questa mistificazione (non c’era la guerra civile in Argentina, i guerriglieri di sinistra si trovavano ormai isolati, ed erano già di fatto sconfitti militarmente nel 1976) è stata la forma illegale e orrenda della repressione: la “sparizione forzata di persone”, che ha raggiunto più 30 mila vittime.
Le “sparizioni” facevano parte di un piano di completo sterminio fisico e colpirono guerriglieri, politici, studenti, scrittori, dirigenti e attivisti sindacali, e anche membri dello stesso governo militare, come l’ambasciatore in Venezuela (politico dell’UCR – Union Civica Radical0, Hidalgo Solà) o come l’imprenditore Fernando Branca assassinato da Emilio Eduardo Massera (membro della giunta militare) che era suo socio, così il “metodo” ha inghiottito i suoi stessi interpreti, che hanno iniziato ad usarlo tra di loro. Massera comandava il centro di detenzione clandestina di Buenos Aires della Marina, situato nella ESMA (Scuola di Ingegneria Meccanica della Marina). Passarono da questo posto più di cinquemila prigionieri-scomparsi, di cui meno di un centinaio sopravvisse. Massera fu processato e condannato all’ergastolo nel 1985, ma dopo fu graziato dal governo di Carlos Menem nel 1990.
In una dichiarazione rilasciata a un giornalista nel 2011, il dittatore Jorge Rafael Videla è stato esplicito sui metodi e l’obiettivo delle “sparizioni”.
Questi erano:
1. la detenzione o il rapimento di migliaia di “leader sociali” e “sovversivi” a seguito di elenchi redatti tra gennaio e febbraio del 1976, cioè prima del golpe, con la collaborazione di imprenditori, sindacalisti, insegnanti e politici e leader studenteschi;
2. l’”interrogatorio” (un eufemismo che nasconde indicibili torture) in luoghi segreti o centri clandestini;
3. l’omicidio dei detenuti considerati “irrecuperabili” di solito deciso in incontri specifici guidati dal capo di ciascuna delle cinque aree in cui il paese era diviso;
4. la scomparsa dei corpi, che sono stati gettati in mare, fiumi, torrenti o canali, oppure sepolti in luoghi segreti, o anche bruciati in forni o su pile di pneumatici.
Videla ha detto: “C’erano sette o otto mila persone che dovevano morire per vincere la guerra contro la sovversione, non avremmo potuto fucilarli. Nemmeno potevamo far ricorso alla giustizia ordinaria”, ammettendo la sua condizione di carnefice di una generazione di Combattenti. Come ammettere apertamente e giustificare questo suo ruolo a se stesso e del mondo? Questo è esattamente il punto dove si inserisce una componente essenziale dell’ideologia della dittatura: la presunta “missione di Dio” a cui stavano adempiendo (“Gli assassini di Dio”, come li ha chiamati la ricercatore canadese Patricia Marchak), con l’approvazione del suo rappresentante ufficiale in Argentina: la Chiesa Cattolica.
Quando è stato chiesto perché i capi militari erano giunti alla conclusione che non potevano portare i detenuti davanti alla giustizia, Videla ha detto: “Avremmo anche potuto fucilarli [legalmente]. Ma come avremmo potuto fucilare tutte quelle persone? I tribunali spagnoli avevano condannato a morte tre membri dell’ETA [Euskadi Ta Askatasuna, Patria Basca e Libertà], una decisione che ha approvato Franco nonostante le proteste di gran parte del mondo: egli poté giustiziare solamente il primo, malgrado lui fosse Franco. C’era inoltre il timore per la reazione mondiale che la repressione di Pinochet in Cile aveva causato” (1973).
Per Videla, “non c’era altra soluzione. Abbiamo convenuto che era il prezzo da pagare per vincere la guerra e avevamo bisogno che non fosse evidente, che la società non se ne accorgesse. Per questo, per non provocare proteste all’interno e all’esterno del paese, durante il corso dei fatti siamo pervenuti alla decisione che queste persone dovessero scomparire, ogni sparizione poteva ben essere intesa, naturalmente, come una messinscena o una simulazione di morte”. Buona parte dei giovani argentini e della classe operaia militante è stata fisicamente eliminata, o condannata a una fuga che per molti non ha mai avuto a fine.
Juan Gelman, poeta, padre e nonno di dispersi, ha commentato: “Questa intervista con Videla, in cui confessa che ha ucciso ottomila persone, mi permette di scoprire in lui una qualità sconosciuta: la modestia. Poiché, infatti, sono stati più di 30 mila gli omicidi. Videla si esprime come colui che ha guidato il colpo di stato militare, ma nell’analizzare i colpi di stato dobbiamo tenere conto per primo che hanno sempre avuto il sostegno civile, secondo, che vi erano partiti politici che li incitavano e, terzo, che i colpi di stato sono stati guidati da interessi molto concreti e importanti. Lui non dice, per esempio, quanti campi di concentramento esistevano, quello che è successo al loro interno e quale è stata la sorte dei desaparecidos. Videla tantomeno rivela dove si trovino gli archivi. Infine, ci sono una serie di domande che i parenti degli scomparsi si sono fatte e su cui lui non parla.”
Nel 1984, la Commissione Nazionale sulla Scomparsa delle Persone (CONADEP) ha informato il governo del presidente Raúl Alfonsin che, durante la dittatura militare argentina (1976-1983), 8961 erano i cittadini scomparsi, quindi da qui la cifra data da Videla, che religiosamente giustifica l’uso della tortura (“Dio sa cosa fa, perché lo fa e per quale fine. Accetto la volontà di Dio e credo che Dio non potrà mai lasciare andare la mia mano”: davvero i dittatori pensavano di se che stavano adempiendo ad una missione divina, nella quale era visibile la mano della Chiesa Cattolica), e ha evidenziato il ruolo della “dottrina francese per la lotta contro la guerriglia” nel suo governo.
La tortura e la morte avevano un obiettivo certo: le prime indagini di Amnesty International, condotte già allla fine del 1976, hanno dimostrato che la più alta percentuale di vittime si trovano nel movimento operaio, in particolare nella sua avanguardia (delegati di base, attivisti di classe). Questo era il modo per eliminare la cosiddetta “guerriglia di fabbrica” (l’attivismo operaio classista) messa sotto accusa poco prima del colpo di stato militare dal “democratico” Ricardo Balbin (leader della Unione Civica Radicale, UCR). E’ stato quindi un movimento politico reazionario di tutta la borghesia argentina, attraverso i militari, contro la prospettiva di rivoluzione sociale.
Il terrorismo peronista anticomunista che l’ha preceduto (la famosa AAA o Triplice A, Alleanza Anticomunista Argentina, organizzata personalmente da Peron e dal suo ministro-segretario López Rega, attiva dalla fine del 1973) è stato integrato, incrementato, dal terrorismo militare, stabilendo così una continuità essenziale tra i due regimi. I militari definiranno “guerra sporca” le loro procedure, riconoscendo la vera natura del loro comportamento. Il termine “terrorismo di Stato”, adottato successivamente nasconde l’essenziale: un massacro metodicamente pianificato e realizzato dalle Forze Armate (come riconosciuto dalla “Commissione Sabato” istituita dal governo Alfonsin nel 1984).
Sua complice nel compito omicida fu la Chiesa Cattolica, che in Argentina è sempre stata un bastione della oligarchia dominante al punto di potersi permettere di scomunicare Perón nel suo primo mandato (1946-1955) e di benedire il colpo di stato nel 1955 dipingendo sui carri armati golpisti croci e la frase “Cristo vince!”. In Argentina il cattolicesimo è la religione ufficiale e lo Stato paga ancora gli stipendi del clero con i soldi pubblici. Fino a poco tempo fa, la cerimonia principale di commemorazione dell’indipendenza nazionale è stata una messa nella cattedrale. Nel 1976 incaricata dai militari responsabili del ministero dell’istruzione, con Ricardo Bruera, la Chiesa ha promosso il programma scolastico peggiore e più oscurantista mai conosciuto in Argentina (la teoria degli insiemi, per esempio, è stata bandita dall’insegnamento della matematica a scuola, perché trae origine da un “principio comunista”). Monsignor Plaza (arcivescovo di La Plata) distribuiva crocefissi nei campi di sterminio (dove i detenuti hanno subito le peggiori torture prima di essere uccisi), mentre monsignor Bonamin (cappellano militare) benediva le “squadracce” responsabili dei sequestri di persona, delle torture e delle uccisioni, non manca chi, come il sacerdote e cappellano militare Christian Von Wernich, oggi condannato dalla giustizia, istituì un redditizio commercio di vendita di informazioni (false) ai disperati parenti dei desaparecidos.
Trentacinque anni dopo i fatti, il cardinale argentino Primatesta ricorda una lettera di Emilio Mignone, padre della detenuta-desaparecida Monica Candelaria Mignone, e una delle più alte personalità laiche del cattolicesimo argentino. Mignone era stato ministro della Pubblica Istruzione nella provincia di Buenos Aires nel 1940 e viceministro della Educazione Nazionale nel 1960. Il fondatore del CELS [Centro de Estudios Legales y Sociales, organizzazione non governativa con sede a Buenos Aires, in difesa dei diritti umani, NdR] [Mignone] scrisse a Primatesta che il sistema del sequestro, del furto, della tortura e dell’omicidio, “aggravato con il rifiuto di consegnare i cadaveri ai loro famigliari, della loro eliminazione per mezzo della cremazione o gettandoli nel mare o nei fiumi oppure della sepoltura anonima in fosse comuni” si realizzava in nome “della salvezza della civiltà cristiana, della salvezza della Chiesa Cattolica”. Aggiuse che la follia e l’odio andavano guadagnando molti cuori. A un giornalista spagnolo, Videla ha detto: “La mia relazione con la Chiesa Cattolica fu ottima, cordiale, sincera e molto aperta”, perché “fu prudente, non creò problemi né seguì la ‘tendenza di sinistra e terzomondista’ di altri Episcopati”. Condannò “alcuni eccessi”, ma “senza rompere le relazioni”. Con Primatesta perfino “arrivammo ad essere amici”. La Chiesa Cattolica argentina dunque sapeva, tacque, occultò e perfino diede anche la sua benedizione (al genocidio).
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Naturalmente ci furono delle eccezioni all’interno della Chiesa (è stato così anche in campo militare), ma l’istituzione clericale in quanto tale è stata parte attiva del massacro, come è stato deniìunciato dalle Madri di Plaza de Mayo, oppure il grande artista León Ferrari. Non di rado le eccezioni clericali, come il vescovo della provincia di La Rioja, monsignor Angelelli , o i sacerdoti dell’ordine dei padri palotini, che sono stati tutti massacrati per aver protetto perseguitati politici, furono le vittime degli assassini benedetti dai loro superiori. Enrique Angelelli è morto in un presunto incidente d’auto: anche se c’era la prova lampante di omicidio, i vertici della Chiesa hanno accettato la versione ufficiale e coperto il crimine, mantenendo il supporto a Videla e allla Giunta.
La “corruzione” del precedente governo peronista fu eliminata hegelianamente, cioè, conservata ed elevata a livelli stratosferici. Illegalità, ma anche il furto e la vendita dei beni delle persone scomparse, per non parlare del bilancio militare astronomico, pari a quasi la metà del debito estero, che ha raggiunto 45 miliardi dollari. Lo stato capitalista ha assunto durante la dittatura militare argentina, la sua estrema forma, essenziale, una mafia armata dedita al saccheggio delle finanze pubbliche e della popolazione.
Nella fase di crisi della giunta militare, durante e consecutivamente la sconfitta dell’Argentina nella guerra delle Falkland, il Vaticano ha assunto un ruolo di primo piano per evitare una crisi rivoluzionaria (e anche per garantire la vittoria della coalizione militare anglo-yankee). Il 1° giugno 1982 alla vigilia della sconfitta dell’Argentina, Papa Giovanni Paolo II arrivò a Buenos Aires a “pregare per la pace “. Il Papa è rimasto nel paese per due giorni, durante i quali ha sviluppato una intensa attività che ha compreso fondamentalmente un lungo colloquio con la giunta militare e il presidente Leopoldo Galtieri, due messe celebrate con i Cardinali, che hanno raccolto centinaia di migliaia di persone, una nel quartiere Palermo (Buenos Aires) e un’altra a Luján. Durante questi eventi, e altre apparizioni davanti alla moltitudine, il Papa ha pronunciato i discorsi in spagnolo, chiedendo alla nazione di pregare per la pace, con la guerra ancora in corso. Prima di tornare a Roma, il Papa ha avuto un tete-a-tete con il presidente Galtieri, i cui termini non sono stati resi noti, ma che sono stati decisivi per la resa argentina in tempi in cui l’esito militare era ancora incerto.
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Il basso profilo di Bergoglio in questo periodo merita un chiarimento. Jorge Mario Bergoglio, figlio di una famiglia di immigrati italiani, è nato e cresciuto a Flores, Buenos Aires. Ha conseguito la sua laurea e il master in chimica presso l’Università di Buenos Aires. Durante la sua adolescenza aveva una fidanzata, Amalia. Entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù nel marzo 1958 e lo ha completato a Santiago, capitale del Cile. Si è laureato in Filosofia nel 1960 presso l’Università Cattolica di Buenos Aires. Tra gli anni 1964 e 1966 ha insegnato Letteratura e Psicologia presso il Collegio Immacolata Concezione, nella provincia di Santa Fé, e l’Università di Salvador, Buenos Aires (storico – e privato – centro di formazione della reazione politica). Si è laureato in teologia nel 1969 e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel dicembre dello stesso anno. “1969″ è più che significativo perché è stato l’anno di inizio delle rivolte popolari contro la dittatura militare di Onganía, iniziate a Cordoba (“Cordobazo”).
In questi anni, il già distaccato gesuita oggi Papa andò legandosi alla Guardia de Hierro, gruppo peronista che, nell’ambito del disagio sociale montante, era opposto alla sinistra peronista (Montoneros, Gioventù peronista e altri) che propugnava la lotta armata, e anche alle tendenze cristiane (Cristianesimo e rivoluzione, Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo, il cui principale rappresentante, don Mugica , fu ucciso dalla destra peronista, la già citato Triplice A, finanziata da Licio Gelli e dalla Loggia P2) convergenti con quella, tendenze che attraversavano la Chiesa in America Latina, seguendo l’esempio del prete guerrigliero Camilo Torres (soprattutto la “Teologia della Liberazione”, nata in Perù e sviluppata in Brasile). Le convinzioni politiche del futuro Papa si fondano su questa esperienza di combattimento laico e religioso contro la sinistra.
Bergoglio emise i suoi voti nella Compagnia di Gesù nel 1973, quando fu nominato Maestro dei Novizi nel Seminario di Villa Barilari. Nello stesso anno è stato eletto Superiore Provinciale dei Gesuiti. Nel 1980, dopo il periodo di provincialato inizia ad insegnare in una scuola gesuita. Nel periodo 1980-1986 è stato rettore della Facoltà di Filosofia e Teologia di San Miguel, concedendo riconoscimenti accademici (dottorato honoris causa) a membri altolocati della dittatura militare, tra cui l’assassino e mafioso Emilio Eduardo Massera. Dopo il suo dottorato in Germania, fu confessore e capo spirituale a Cordoba. La Guardia de Hierro, alla quale è rimasto legato Bergoglio, coltivava buoni rapporti con Massera.
Secondo Alejandro Tarruella, “Jorge Bergoglio si legò ai membri della GH (Guardia de Hierro) a partire dalla sua partecipazione alla Università di Salvador. Nel 1975 Bergoglio nominò nell’università due membri della GH: Francisco “Cacho” Piñón e Walter Romero. Piñón fu colui che consegnò nel 1977 il titolo di Professore Honoris Causa all’ammiraglio Emilio Eduardo Massera”.
Il defunto Massera aveva concepito un piano per diventare l’erede politico di Peron nel periodo post-dittatura, riuscendo a pubblicare libri firmati falsamente da lui e una rivista, per la quale ha utilizzato il lavoro forzato dei detenuti-desaparecidos presso l’ESMA, poi massacrati (anche i loro cadaveri furono fatti scomparire), piano che affondò a causa dello sfaldamento della dittatura nel 1982-1983. Bergoglio sarebbe stato necessariamente parte di questa frustrata movida, messa in piedi al tempo di gloria della dittatura degli “assassini di Dio”.
Nel lungo periodo della resa dei conti civile con le atrocità dei militari, Bergoglio, già cardinale, fu denunciato nel 2005 per le sue connessioni con i rapimenti dei sacerdoti gesuiti Orlando Yorio e Virgilio Jalics Francisco, avvenute il 23 maggio 1976, mentre lavoravano sotto il comando di Bergoglio, svolgendo attività tra la gente umile del Bajo Flores. Bergoglio li espulse entrambi dall’Ordine dei Gesuiti. La denuncia contro di lui era basata su articoli di giornale e sul libro “Chiesa e dittatura”, scritto da Emilio Mignone, un’autorità indiscussa in materia. Anche in un altro libro, “La Isla del Silencio”, che fa riferimento ad una proprietà su un’isola che è stata ceduta dalla Chiesa alle Forze Armate per servire come campo di sterminio, del noto giornalista Horacio Verbitsky, si fa riferimento al collegamento di Bergoglio con la dittatura: “(Bergoglio) va alla Cancelleria, chiede un procedimento in favore del sacerdote (Jalics), ma, dietro le quinte, dice di non aiutarlo perché è un sovversivo”. Francisco Jalics smentì queste accuse in un comunicato pubblicato nel sito dell’ordine gesuita tedesco: “Il missionario Orlando Yorio ed io stesso non fummo denunciati da padre Bergoglio “, il che non smentisce nulla di quanto affermato da Mignone e Verbitsky.
Sergio Rubin, suo biografo autorizzato, ha riferito che Bergoglio, dopo la scomparsa (Rubin, con faccia tosta, la chiama “prigionia”) dei due sacerdoti ha lavorato dietro le quinte per il loro rilascio e ha interceduto, privatamente e singolarmente, con il dittatore Jorge Rafael Videla. Certamente non uno qualsiasi potrebbe “intercedere privatamente e personalmente” presso quello psicopatico, e meno ancora per dei desaparecidos. Rubin ha anche riferito che Bergoglio ha dato rifugio a perseguitati dalla dittatura in proprietà della Chiesa, anche dando i suoi documenti di identità ad un uomo che gli somigliava, che avrebbe potuto fuggire dall’Argentina. Beh, anche militari molto coinvolti nella repressione hanno agito per salvare alcune persone che erano loro vicine, parenti inclusi. Il Nobel per la Pace 1980, Adolfo Pérez Esquivel, ha anche confutato (o meglio ha cercato di smentire) le accuse all’attuale Papa Francesco. Esquivel ha detto che “alcuni vescovi sono stati complici del regime (alcuni?), ma non era il caso di Bergoglio, cosa che non può sapere, a meno che lo stesso Esquivel non contasse di complicità dubbie. Estela de la Cuadra, sorella di Orlando Yorio, molto più vicina ai fatti contestati, ha detto in un’intervista che “la Chiesa Cattolica ha scelto qualcuno che è stato complice di un regime genocida ” …
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L’operazione montata per “ripulire l’immagine” dell’oggi modesto Francesco I impressiona e include diverse rispettabilissime figure, come Pérez Esquivel. Paulo Suess, in un articolo pubblicato nel “Instituto Humanitas Unisinos” (cristiano) riassume così:
“Bergoglio e la sua Chiesa argentina non hanno mostrato atteggiamenti profetici durante la dittatura militare (1976-1983), come accadde invece in altre chiese dell’America Latina. A quel tempo, Bergoglio non era ancora vescovo, ma provinciale dei Gesuiti in Argentina (1973-1979). Come provinciale espulse due giovani gesuiti – Virgilio Orlando Yorio e Francisco Jalics – dalla Compagnia di Gesù e ostacolò la loro accoglienza nella diocesi di Moron diretta dal salesiano Miguel Raspanti. Tra l’espulsione e le procedure per l’accoglienza, il 23 maggio 1976, Yorio e Jalics sono stati rapiti dalle forze militari, torturati e, mezzo anno più tardi, espatriati. La sincronizzazione tra l’espulsione e il rapimento dei due ex-gesuiti indica una certa intesa tra autorità ecclesiastica e militare . Anche se sicuramente non è stata provata”.
Certo, molte altre cose non poterono essere dimostrate in questa repressione illegale, segreta e non documentata. Ma l’evidenza è lì per coloro che non vogliono essere ciechi.
Cinque testimoni, presentatisi spontaneamente, hanno confermato il ruolo di Jorge Mario Bergoglio nella repressione durante il governo militare, compresi i ranghi progressisti della Chiesa Cattolica che presiede oggi: una teologa che per decenni ha insegnato catechesi nei collegi della diocesi di Morón, l’ex-superiore di una confraternita sacerdotale che è stata decimata da sparizioni forzate, un membro della stessa confraternita che ha denunciato i casi in Vaticano, un sacerdote e un laico, che sono stati rapiti e torturati. Due mesi dopo il colpo di stato militare del 1976, il Vescovo di Morón, Miguel Raspanti, ha cercato di proteggere i sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics perché temeva che potessero essere sequestrati, ma Bergoglio si oppose, secondo l’ex-insegnante di catechismo nei collegi della diocesi di Morón, Marina Rubino, che all’epoca studiava teologia presso il Collegio Maximo di San Miguel, dove Bergoglio viveva. Era stata allieva di Yorio e Jalics e sapeva del rischio che stavano correndo: sono stati rapiti, come detto, il 23 maggio 1976 e condotti alla Scuola di Meccanica dell’Armata, dove un esperto in affari ecclesiastici li interrogò. In uno degli interrogatori, gli fu chiesto circa i seminaristi Carlos Antonio Di Pietro e Eduardo Raúl Rodríguez. Entrambi erano colleghi di Marina Rubino nel corso di teologia a San Miguel e lavoravano nel sociale in un quartiere popolare, dove sono stati sequestrati dieci giorni dopo dei due gesuiti, il 4 Giugno 1976, e portati nella stessa “casa operativa” dove erano detenuti Yorio e Jalics.
Alejandro Dausa, che il 3 agosto 1976 fu sequestrato a Córdoba, quando era seminarista dell’Ordine dei Missionari di Nostra Signora de La Salette, dopo sei mesi in cui è stato torturato dalla polizia nel Dipartimento dei Servizi Segreti D2, riuscì ad andare negli Stati Uniti, dove ha incontrato il responsabile del seminario. Questi era il sacerdote americano James Weeks. Stando negli Stati Uniti, venne a sapere che Jalics era a Cleveland, a casa di una sorella. In due ritiri spirituali, tenutisi nel 1977 ad Altamont (New York) e ad Ipswich (Massachusetts), parlarono tra di loro. Dausa ha ricordato: “Naturalmente, abbiamo parlato dei nostri rapimenti, particolari, caratteristiche, la storia, i segni precedenti, le persone coinvolte, ecc. In queste conversazioni, egli ci ha indicato in Bergoglio colui che ci aveva consegnato e denunciato.”
Nel decennio successivo, Alejandro Dausa ha lavorato come sacerdote in Bolivia e ha partecipato ai ritiri annuali di La Salette in Argentina. In uno gli organizzatori hanno invitato Orlando Yorio, che all’epoca lavorava in Quilmes: “Il ritiro era a Carlos Paz, Cordoba, e anche in questo caso parlammo dell’esperienza del sequestro. Orlando ha dichiarato le stesse cose di Jalics circa le responsabilità di Bergoglio”. Orlando Yorio morì nell’agosto 2000 a Montevideo , Uruguay.
Il fondatore della confraternita laica dei “Piccoli Fratelli del Vangelo di Charles de Foucauld”, Roberto Scordato, ha accettato di raccontare che, tra fine ottobre e inizio novembre del 1976, ha incontrato a Roma il cardinale Eduardo Pironio che era prefetto della Congregazione dei Religiosi del Vaticano e lo informò sul nome di un sacerdote della comunità gesuita di San Miguel che partecipò alle sessioni di tortura nella caserma di Campo de Mayo con il compito di “ammorbidire spiritualmente” i detenuti. Scordato chiese di trasmettere la questione al Superiore Generale Pedro Arrupe. La stessa procedura è stata seguita da uno dei detenuti nel raid della polizia del popolare quartiere La Manuelita, il medico Lorenzo Riquelme. Quando ha riconquistato la sua libertà, in un colloquio con l’allora superiore dei Piccoli Fratelli del Vangelo, Patrick Rice, Riquelme disse che chi l’aveva denunciato fu un gesuita del collegio di San Miguel, che era cappellano dell’esercito, ed era convinto che questo sacerdote avesse assistito alle torture che gli furono inflitte in Campo de Mayo. Rice, anche lui sequestrato e torturato quell’anno, ha detto che ciò non sarebbe stato possibile senza l’approvazione del padre provinciale (Bergoglio). Le evidenze, quindi, abbondano.
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Al ripristino della democrazia, Bergoglio ha proseguito, senza essere minimamente disturbato dal suo passato compromettente (come accadde a molti altri), la sua carriera politica e religiosa. Distinguendosi come il portavoce delle principali campagne reazionarie capeggiate dalla Chiesa Cattolica argentina, contro la legge sul divorzio e contro l’aborto legale, tra le altre. Fu il principale oppositore della legge argentina che permette il matrimonio tra persone dello stesso sesso, affermando che :
“Se sarà approvato il disegno di legge che prevede per le persone dello stesso sesso la possibilità di unirsi civilmente e anche adottare bambini, si potrebbero avere effetti gravemente nocivi per la famiglia. Il popolo argentino patirà nelle prossime settimane una situazione che, in caso di approvazione del provvedimento, potrebbe danneggiare seriamente la famiglia. La posta in gioco è l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. Non dobbiamo essere ingenui: questo non è semplicemente una lotta politica ma è un attacco distruttivo contro il piano di Dio”.( sic)
Nel maggio 1992, Papa Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo Ausiliare di Buenos Aires. La sua ordinazione episcopale è avvenuta nel giugno 1992. Il 3 giugno 1997 è stato nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires. Divenne arcivescovo metropolita di Buenos Aires nel febbraio 1998 . Fu poi nominato ordinario per i fedeli di rito orientale da Papa Giovanni Paolo II, nel novembre 1998.
Una carriera fulminea garantita dal favore di Karol Wojtyla, nel mentre lo stesso riduceva il teologo progressista Leonardo Boff e i suoi sostenitori al silentium obsequiosum e chiaramente proclamava che “la Chiesa cattolica non è una democrazia”. Come sapete, Giovanni Paolo II ha combattuto con fermezza la Teologia della Liberazione e altri aspetti progressisti nella Chiesa, mentre ha canonizzato il fondatore del reazionario Opus Dei e ha riempito di coccole il pedofilo criminale Marcial Maciel, fondatore della setta ultra-ortodossa dei “Legionari di Cristo”. Impose il silenzio fino a quando fu possibile sulle dittature militari dell’America Latina appoggiate dagli Stati Uniti; coprì le frodi finanziarie della Banca Vaticana in collaborazione con la mafia italiana e la CIA, tra cui il traffico di armi e il finanziamento della guerriglia di destra, come rivelato dallo scandalo Iran-Contras. Protesse il presidente della stessa banca, arcivescovo Marcinkus , condannato per frode e reati finanziari, e anche sospettato di essere mandante di tre omicidi. Coprì i casi di pedofilia nella Chiesa nel mentre imponeva ai fedeli di non usare i contraccettivi, come la pillola e il preservativo, anche nel momento in cui esplose l’epidemia di HIV, e attivamente combatté contro il riconoscimento delle relazioni omosessuali.
Quando Bergoglio, nel 2000, arriva al comando dell’episcopato argentino, i rapporti sociali del paese erano in fase di dissoluzione. Bergoglio considera allora positivamente l’operazione di riscatto politico dello Stato guidato da Kirchner. Quando l’Argentina capitalista venne travolta dalla crisi, Bergoglio ha convocato il tavolo del “dialogo sociale” dove partecipò la federazione sindacale CTA a sostegno del governo di Duhalde, che ha preceduto Kirchner e procedette ad una gigantesca confisca socio-economico. Il vice-governatore di Buenos Aires, Gabriel Mariotto, il capo del Movimiento Evita, Emilio Persico, qualificarono Bergoglio come “peronista”.
Il 19 aprile 2005, quando Ratzinger è stato eletto successore di Giovanni Paolo II, l’ascesa internazionale di Bergoglio era già ben consolidata (in particolare alla luce della sua lotta contro le tendenze “progressiste” della Chiesa), fino al punto da conseguire il secondo posto nella votazione al conclave Vaticano. Probabilmente non vinse allora a causa delle denunce che cominciavano a circolare su di lui in Argentina: ne “L’uomo che non voleva essere Papa”, il giornalista tedesco Andreas Englisch, corrispondente dal Vaticano, disse che il timore di una possibile complicità con la dittatura argentina lo fece apparire come una scelta non sicura per i cardinali. La scelta cadde su Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (come è stata ribattezzata nel 1908 l’Inquisizione), nominato da Wojtyla per modellare la dottrina della Chiesa.
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Durante il pontificato di Benedetto XVI esplode la crisi economica globale. La crisi non è finita, per il Vaticano, per la Chiesa, per il capitalismo e le sue forme istituzionali nel loro complesso, raggiungendo tutti gli stati e le istituzioni. Ratzinger poteva fare ben poco in mezzo a questa tempesta. Che cosa poteva fare per continuare a nascondere, dissimulare, governare una barca che fa acqua e il cui destino è naufragare, in modo simile a quello degli Stati nazionali con i loro debiti e scandali politici. La sua eredità lasciata alla Chiesa era, dopo tutto, simile a quella lasciata da Bush dopo aver regnato sugli Stati Uniti: una più o meno generale consapevolezza che comandava un istituto sporco, corrotto e marcio fino alle fondamenta.
Per lo IOR (Istituto per le Opere di Religione), la banca vaticana [1], Ratzinger nominò un banchiere legato all’Opus Dei e al Banco Santander, Gotti Tedeschi, che si è dimesso nel 2012, lo stesso giorno in cui il maggiordomo del Papa è stato arrestato per aver rivelato documenti segreti. Il rapporto segreto di Tedeschi sullo IOR ha rivelato che si verificarono ogni genere di mercanteggiamenti, tra cui, riciclaggio di denaro per conto della mafia siciliana. Il nuovo presidente dello IOR, Ernest von Freyberg è stato nominato dopo le dimissioni del Papa e, fino ad allora, aveva presieduto un cantiere navale tedesco che ha prodotto navi da guerra dal periodo nazista.
Benedetto XVI ha protetto settori del clero direttamente nazisti, come il vescovo Richard Williamson, un negazionista dell’Olocausto che era stato scomunicato da Papa Giovanni Paolo II e la cui scomunica è stata revocata da Papa Benedetto XVI nel 2009. Nonostante questo e dopo esser venuto incontro agli interessi di settori ultraconservatori dell’Opus Dei e del Cammino Neocatecumenale, alleandosi con partiti come il PP in Spagna per imporre piani di austerità e flirtato con l’estrema-destra europea, Benedetto XVI entra in contrasto con questi stessi settori quando cerca di riconoscere almeno parte degli scandali di pedofilia per cercare di ripulire la reputazione della Chiesa. Un editorialista del quotidiano spagnolo El País ha valutato che le dimissioni sono state il risultato di pressioni da parte questi settori fondamentalisti.
Nei primi mesi del 2013, Papa Benedetto XVI ha annunciò che si sarebbe dimesso dal papato il 28 febbraio. Il ricorso alle dimissioni, anche se pubblicizzato come causa di problemi di salute, è stato un gesto estremo a fronte di un Vaticano immerso negli scandali, dai depositi di denaro della mafia presso IOR alle reti di bordelli, dalla pedofilia e dalle sistematiche molestie sessuali (un cardinale, lo scozzese Keith O’Brien ha rinunciato ad andare al conclave per questo motivo) alla corruzione e all’omicidio. Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni in un discorso pronunciato in latino in un concistoro chiamato ad annunciare tre canonizzazioni:
“Nel mondo di oggi , soggetto a rapidi cambiamenti e agitato da questioni di grande importanza per la vita e la fede, per governare la barca di Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario vigore sia di corpo che di spirito, vigore che, negli ultimi mesi, è diminuito in me a tal punto che devo riconoscere la mia incapacità a gestire con successo il ministero affidatomi. Dovrà essere convocato, come da diritto, il Conclave per eleggere il nuovo Sommo Pontefice”.
Nel 2012, l’arcivescovo in pensione Luigi Betazzi aveva già apertamente ragionato sulla possibilità di sue dimissioni: “Quelli di noi che hanno più di 75 anni non sono autorizzati a gestire neanche una piccola diocesi e cardinali di più di 80 anni non possono eleggere il papa. Capirei se un giorno il Papa dicesse ‘io stesso non posso più fare il mio lavoro’”. L’ultimo papa a dimettersi fu Gregorio XII, che abdicò nel 1415, nel contesto del “Grande Scisma d’Occidente”: prima di lui, solo due casi: Ponciano nel 235 e Celestino V nel 1294.
Ce stata quindi una elezione papale di emergenza, in una situazione di crisi. La Rete dei Sopravvissuti agli Abusi dei Preti, in Messico, ha presentato una lista di dodici cardinali del paese correi di aver coperto i preti pedofili, sollecitando la loro esclusione dal conclave. I dodici, ovviamente, hanno votato in conclave, così come molti altri in condizioni simili. Solo la Chiesa cattolica degli Stati Uniti ha pagato, tra il 2007 e il 2009, più di un miliardo di dollari di risarcimenti legali alle vittime di prelati pedofili. L’omofobia (e allo stesso tempo la pratica segreta dell’omosessualità) e la misoginia della Chiesa Cattolica sono il risultato dell’obbligo al celibato e della repressione sessuale. La pratica ripetuta di pedofilia da parte del clero è un prodotto di nevrosi sessuali e castità obbligatoria.
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La rapidità con cui Jorge Bergoglio è stato consacrato da un conclave omertoso è motivata dalla ricerca di una successione a Benedetto che traesse dallo stallo i vertici vaticani. Prima del conclave tutti gli analisti hanno scritto che non aveva alcuna possibilità per il proprio curriculum giudicato almeno omertoso sul genocidio argentino. A quanto pare, nella nuova situazione (la crisi globale e la crisi della Chiesa), è stato proprio questo curriculum che gli ha dato le credenziali per la vittoria. “La questione centrale è la governabilità”, ha detto John Allen, biografo di Joseph Ratzinger, per spiegare l’urgenza dei Cardinali “dopo otto anni di non-governo” (sic), alludendo, senza nominarla, alla massa di crimini senza precedenti, delitti e truffe di ogni genere che hanno portato alle dimissioni del papa tedesco. Il “rapporto segreto” che ha causato la fuga di Ratzinger non è stato nemmeno rivelato ai 114 cardinali che dovevano eleggere il suo successore. Il rifiuto del Segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, a consegnare il rapporto segreto li convinse che erano al capolinea.
La continuità del “partito romano” (un quarto del collegio dei vescovi) ha minacciato di far esplodere il bordello Vaticano, dove – secondo quel rapporto – era operativa, tra l’altro, una “lobby gay”. Il candidato brasiliano, Odilio Scherer, è stato liquidato dai papabili quando ha tentato una difesa della IOR, le cui operazioni e bilanci sono stati contestati dalla commissione europea dedicato al salvataggio del sistema bancario. Lo IOR è fallito, svuotato dalle operazioni con la mafia, lavaggio di denaro sporco e malaffare dei vertici romani.
La decomposizione del “partito romano” della Chiesa ha affondato un altro papabile, il vescovo di Milano Angelo Scola, promosso dai vescovi USA e tedeschi. Bergoglio sembra aver beneficiato della rabbia e del risentimento da parte dei Cardinali in relazione alle rivalità e lotte intestine della Curia, che ha eroso il potere tradizionalmente potente degli italiani, quasi un quarto dei Cardinali, riducendo le possibilità dell’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, uno i due favoriti con Odilio Sherer.
È stata, pertanto, una scelta di crisi. C’è stata una chiara consapevolezza di operare sull’orlo del baratro: un teologo ha detto che di fronte alla crisi della curia vaticana, “i monumentali templi religiosi del continente potrebbero diventare musei”. Il “populismo” bergogliano, messo in pratica fin dall’inizio del suo mandato, anticipa una delle varianti che potrebbero riempire il “vuoto di potere” in Europa: il bonapartismo, che in Europa è sempre stato il piedistallo che anticipava il fascismo. Dopo aver fallito con un rappresentante tedesco, coordinato con la politica della Bundesbank, i cardinali hanno cercato il nuovo Papa nella Finis Terrae, una metafora del fallimento UE, dell’Europa del capitale. Hans Kung, il leader intellettuale del progressismo cattolico, dopo aver detto che non si aspettava un Gorbaciov in Vaticano, ha acceso una candela per Bergoglio. E non è stato il solo. Cristina Kirchner ha dimenticato i suoi recenti scontri con il nemico dell’aborto, del divorzio e dei gay per correre a salutare la reazione argentina sul trono di Pietro. I “teologi della liberazione”, a loro volta, non hanno nemmeno aspettato la visita di Francesco in Brasile. Il quotidiano oligarchico argentino La Nación, dall’altra estremità dello spettro politico, ha chiarito che, sulla questione “pedofilia”, Francesco “non si è mai pronunciato”.
Il cardinale Bergoglio è stato quindi eletto il 13 marzo 2013, il secondo giorno del conclave, scegliendo il nome di Francesco. La scelta sembra essere stata il risultato di un accordo tra gli uomini della Curia, in particolare il decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano (che non ha partecipato al conclave), i cardinali Giovanni Battista Re e Tarcisio Bertone, e i cardinali americani. E ‘stato il primo gesuita ad essere eletto Papa, il primo Papa delle Americhe, dell’emisfero meridionale, e il primo non europeo investito come vescovo di Roma in più di 1.200 anni da Gregorio III, nato in Siria e che governò la Chiesa cattolica dal 731 e 741.
L’ordine dei Gesuiti ha aspettato quasi cinque secoli: dalla riconciliazione col Vaticano nel 1540, nel pieno sviluppo della scissione dei protestanti e dei calvinisti (Ignazio di Loyola, il suo fondatore, ha convissuto presso l’Università di Parigi con lo stesso Jean Calvin). Si era formato poco prima come “ordine guerriero” al servizio del Papa e per l’espansione della fede in Cristo: Societas Jesu, o “Ordine di Gesù” (come lo chiamava il suo fondatore), fuo organizzato come un esercito, comandato da un generale a vita cui era dovuta l’obbedienza assoluta, un esercito di portata globale e di avanguardia nella difesa della Chiesa Romana, nel periodo della Controriforma.
L’ordine è stato fondato nel 1534 da Ignazio di Loyola, un militare di nobili origini, in un contesto di profonda crisi della Chiesa cattolica, quando il vertice del clero era, come ora, coperto da accuse di corruzione, come la vendita incontrollata di indulgenze (da Martin Lutero la cui denuncia ha portato a quello che è conosciuto come il protestantesimo). In questo contesto di crisi, la Compagnia di Gesù ed i suoi membri si sono allineati completamente all’alta gerarchia cattolica nella lotta contro i protestanti. I gesuiti devono emettere, al di là dei voti abituali di ogni religioso (obbedienza, povertà e castità), un quarto voto di obbedienza assoluta al papa. Ignazio di Loyola scriveva nel 1554, le Costituzioni dei Gesuiti, dando origine ad una organizzazione ben disciplinata, obbediente, e disposta a fare qualsiasi sacrificio per difendere il Papa e la Chiesa come istituzione. [2] Nella crisi europea dell’ordine feudale, ordine di cui la Chiesa cristiana era l’espressione concentrata, la Controriforma preserva la Chiesa dalla completa rovina, trasformandola, definendola, irrobustendo lor sua dottrina, i suoi costumi, i suoi riti e la sua organizzazione. La Chiesa cattolica si stacca dalla sua base sociale medievale, si eleva contrapponendosi a quella, la Chiesa divenne lo Stato.
Consolidandosi nell’Europa occidentale, la Chiesa cattolica conquistò simultaneamente la condizione di punta di diamante della colonizzazione iberica verso Oriente e, soprattutto, in America, basando la sua affermazione sulla pretesa di essere la religione unica e universale. Di conseguenza in questo processo, l’ordine dei Gesuiti si è ampliato e cresciuto grazie alle missioni sempre più importanti che gli venivano assegnate. Fu così che raggiunse il Regno del Congo (1547), Ceylon e il Marocco (1548), Cina (1552), Etiopia (1555) e Giappone (1580). In America, la conquista, lo sterminio e la sottomissione degli indigeni ai lavori forzati (in forma di schiavitù, o altro) sono state fatte in nome della croce cristiana. La Chiesa Cattolica (e, più tardi, le chiese protestanti in America del Nord) ha così assunto la responsabilità diretta nella sottomissione degli indigeni. [3]
La Compagnia di Gesù, dunque, è diventata la principale forza politica nella società coloniale americana nei secoli XVI e XVII, a fronte di un’amministrazione coloniale ancora disorganizzata e agli stessi colonialisti, divisi e contrapposti dai loro interessi immediati. Le missioni gesuitiche del Paraguay hanno permesso certamente di salvare la vita di gran parte della popolazione indigena della regione – i Guaranì – dalla furia dei colonizzatori. Lo scontro tra religiosi e i coloni europei era inevitabile. I gesuiti hanno perciò giocato un ruolo decisivo nell’annientamento fisico dell’Insurrezione delle Comunità, esplosa in Paraguay tra il 1721-1725 e il 1730-1735. Questa rivoluzione proclamò la sovranità del popolo sul monarca e, tra le altre cose, si oppose alle missioni gesuite, poiché strangolavano lo sviluppo del settore commerciale locale. Quando lo scontro è scoppiato, i gesuiti, su richiesta della monarchia spagnola, organizzarono e si posero alla testa di un poderoso esercito di ottomila indiani che sconfisse i rivoluzionari nel marzo 1735. In questo modo la Compagnia di Gesù ha partecipato alla colonizzazione europea e al saccheggio dell’America. I gesuiti, tuttavia, furono alla fine espulsi dal Paraguay nel XVIII secolo, dopo la guerra dei Guaranì (1753-1756).
Anche dalle metropoli iberiche, i gesuiti furono espulsi perché entrarono in conflitto con il “dispotismo illuminato” di Pombal (Portogallo) o Bourbon (Spagna). L’influenza dei giansenisti e le idee anglicane fecero progressi nella penisola iberica, idee promosse dall’influenza dell’assolutismo francese e da tendenze anti-romane manifestatesi in alcuni settori del clero. La Compagnia di Gesù, data la battuta d’arresto che è le fu imposta, si aggrappò alla sua funzione di salvatrice dello Stato della Chiesa.
Il 21 luglio 1773, con la Breve Dominus ac Redemptor, Papa Clemente XIV soppresse la Compagnia di Gesù, che a quel tempo aveva circa 23.000 membri in 42 province (più di oggi). Ma la Rivoluzione la trasse a nuova vita, nella sua specifica funzione controrivoluzionaria. Nel 1789 la Rivoluzione francese scoppiò, si assistette alla vittoria temporanea dei repubblicani a Roma e all’esilio dei successori di Clemente XIV: Pio VI e Pio VII. La resistenza contro la Rivoluzione fu assicurata da una società segreta, la “Amicizia Cristiana”, fondata a Torino dallo svizzero ex-gesuita Nikolaus Albert von Diessbach. Dopo 40 anni con la Sollicitudo omnium ecclesiarum dell’agosto 1814, Pio VII revocò la Breve del 1773 e ricostituì la Compagnia di Gesù in tutto il mondo:
“Noi ci considereremmo colpevoli davanti a Dio di un grave errore, se, davanti alla quantità di avvenimenti che scuotono la società, fossimo negligenti lasciando da parte questa certezza della salvezza (la Compagnia di Gesù) che Dio, per singolare provvidenza, ha posto nelle nostre mani. Pertanto, mentre la nave di San Pietro è costantemente agitata dalle onde, non possiamo rifiutare questi forti ed esperti rematori che si offrono volontari per aiutarci a contenere la forza di questo mare agitato, che minaccia ad ogni istante di inghiottirci in un naufragio inevitabile”.
Da allora ad oggi, le cose sono peggiorate se hanno affidato ad una membro della stessa Compagnia il papato.
Nel crescente declino della Chiesa, l’infallibilità papale è stata fatto dogma nel 1871 da Papa Pio IX, sconfitto dalla guerra di unificazione italiana. Dalla quale emerse uno Stato (il Vaticano) la cui cittadinanza è solo maschile, senza alcuna forma di democrazia, che rappresenta una religione mondiale e ricevere un riconoscimento ufficiale in quello che è rimasto di un vasto territorio pontificio che l’indipendenza d’Italia ha finito con l’espropriare, esigendo, fino al ” Concordato”, che il Papa rimanesse confinato in Vaticano.
Nel XX secolo, i gesuiti continuarono ad essere l’avanguardia armata del papato nelle vicende in cui si sono giocati i destini del cattolicesimo. Durante la rivoluzione spagnola (1931-1939), l’Ordine dei Gesuiti possedeva un terzo della ricchezza nazionale del paese e fu un importante sostegno politico della monarchia. A causa della sua attività controrivoluzionaria, la Seconda Repubblica spagnola l’ha sciolto e ha sequestrato, nel 1932, tutti i beni della Compagnia di Gesù accusata di obbedire ad una potenza straniera (il Papa) e di aver cospirato a fianco dei settori monarchici. [4] Nel periodo finale della guerra civile spagnola, durante la quale molti sacerdoti gesuiti presero le armi nelle fila controrivoluzionarie dell’altro Francesco, il Franco Bahamonde [Francisco Franco y Bahamonde, solitamente abbreviato in Francisco Franco e conosciuto anche come il Generalísimo Franco, NdR] della Curia spagnola, si determinò, maggio 1938, l’abrogazione del decreto repubblicano e la restituzione delle loro proprietà .
L’antico potere temporale della Chiesa, che giunse a possedere la maggior parte delle terre d’Europa e a imporre attraverso il terrore inquisitorio il suo dominio sul continente e altrove, ha una duplice natura: materiale e simbolica. La sua forza non risiede solo nello Stato del Vaticano, [5] nelle attività finanziarie dello IOR, che si stimano essere di almeno otto miliardi di dollari, nei più di 400 mila sacerdoti e 700 mila religiosi sparsi in tutto il mondo, nell’influenza politica sui governi, ma risiede soprattutto nel suo inestimabile capitale simbolico, il ruolo di sostituto di Cristo in Terra. Ma questo “capitale simbolico” si basa su un capitale molto più reale e materiale: il più grande detentore di lingotti d’oro nel millennio scorso fu sempre la Chiesa Cattolica, che controlla circa 60.350 tonnellate d’oro, due volte le riserve auree ufficiali di tutti mondo, e circa il 30,2% di tutto l’oro mai prodotto nella storia, con un valore di 1.245 miliardi di dollari (l’apice aureo della Chiesa è stato raggiunto tra i secoli XIV e XVII, quando è venuta a controllare il 60% di tutto l’oro estratto nel corso della storia).[6]
Ma nemmeno tutto l’oro del mondo è una garanzia, nella società capitalista, contro la crisi: lo IOR ha un bilancio degli ultimi cinque anni in negativo, anche dopo il risanamento e l’eliminazione di Marcinkus & Co. (leggasi: complici). La stessa crisi produce uno scontro tra il potere materiale della Chiesa e gli Stati nazionali. 26 paesi hanno rappresentanti in Vaticano, che a sua volta è direttamente rappresentato in 37 stati nazionali. In Italia, soprattutto a Roma, si trova a dirigere 215 ordini religiosi, 89 maschili e 126 femminili, molti dei quali esistono da un millennio, a volte anche un millennio e mezzo, possessori di conventi e congregazioni in, praticamente, tutti i paesi mondo.
In Italia, la Chiesa è il vero “potere parallelo”. Nel 2012 il governo Monti ha cercato di tassare le proprietà della chiesa nel paese (dove la Chiesa ha qualcosa tra il 33 % e il 50 % di beni immobili, un segreto molto ben custodito) o, più precisamente, solo quelli apertamente utilizzati per fini commerciali (alberghi di lusso, resort e simili). Il progetto di Monti non fu approvato dalla Corte Costituzionale italiana, la Corte di uno Stato laico in cui, tuttavia, solo coloro che sono arrivati con la previa benedizione del vescovo di Roma (lo stesso Papa) ne fanno parte. E tutto l’arco politico italiano, compresa la supposta “sinistra”, il PD, è stato zitto.
Ma la potenziale crisi tra l’Italia e il Vaticano, presupposta superata col Trattato del Laterano (1929) tra il papato e il regime fascista, è stata superata solo apparentemente e verrà riproposta dalla crisi dilagante dei conti pubblici (140 % del PIL il debito pubblico) che la timida riforma del “professor” Monti non ha voluto affrontare. Una crisi che si scontra con un altro fattore: la crisi finanziaria della Chiesa nel 2012, con il più grande deficit fiscale in tanti anni in Vaticano, circa 19 milioni di dollari.
In questa crisi incide anche il costo finanziario dei processi di pedofilia. Gli scandali di pedofilia, al di là del “costo morale”, hanno un prezzo economico per i processi e gli indennizzi che, solo negli Stati Uniti, ha raggiunto tre miliardi di dollari in più di tremila casi aperti, con 3.700 chierici denunciati, 525 arrestati, la maggior parte dei quali condannati a scontare pene. La crisi che ha riportato in auge i gesuiti nella Chiesa, nel XIX secolo, faceva parte delle doglie del capitalismo in Europa; la crisi attuale, che un gesuita importato dal sud del mondo intende affrontare, è parte delle convulsioni provocate dalla senescenza storica del capitale; non è la crisi della nascita del capitale europeo, ma l’agonia del mondo capitalista.
La Compagnia di Gesù nel papato è parte della crisi globale della Chiesa cattolica. Anche se ha ancora la gestione di numerosi collegi e università in diversi paesi (solo in Brasile si contano circa 200 università e 180 scuole) diventa palese analizzando la diminuzione dei suoi ranghi. Quando Bergoglio assunse l’incarico di provinciale d’Argentina, nel 1973, c’erano 30 mila gesuiti di tutto il mondo (l’Ordine ha raggiunto il suo picco nel 1965, con 36 mila membri). Passati 40 anni, sono rimasti in meno di 18 mila. L’età media dei Gesuiti oggi è di 57 anni, e la riduzione dei suoi effettivi ha motivato l’unificazione delle Province e la chiusura di varie opere missionarie. Tuttavia, rimane il più grande ordine religioso della Chiesa cattolica, con una presenza in 127 paesi in tutti i continenti, e dispone di sei cardinali.
Nella campagna globale per risollevare le sorti della Chiesa cattolica, costruendo una immagine positiva e “rinnovata” del nuovo Papa, convergono, tuttavia, sia i rappresentanti più reazionari del clero che i vecchi membri della Teologia della Liberazione. I brasiliani Leonardo Boff e Frei Betto non hanno fatto economie di argomenti per creare aspettative nel nuovo Papa, tra cui il suo essere un membro della congregazione dei Gesuiti e il suo rapporto con certi movimenti “progressisti” all’interno della Chiesa. Boff ha celebrato l’elezione di Bergoglio perché “un gesuita ha una mente istruita” atta a “rinnovare” il vertice cattolico.
Per intanto, non abbiamo avuto nessuna riforma o vero “rinnovamento”, al di là dei gesti simbolici diffusi attraverso la stampa. Per di più, il cambio della direzione dello Ior e l’annuncio di una riforma della Curia hanno già sollevato una crisi che va oltre i confini della Chiesa. Un procuratore di Reggio Calabria (Nicola Gratteri), membro della commissione statale italiana contro la “criminalità organizzata”, ha avvertito che muoversi nella struttura finanziaria della Chiesa è come muoversi dentro la mafia, e che essa può ricorrere ai suoi collaudati metodi contro il Papa stesso se i suoi interessi vengono toccati. Una giornalista molto conservatrice del Corriere della Sera, che è specializzata in questioni religiose, ha pubblicato un libro che annuncia l’imminente aborto della “rivoluzione di Papa Francesco” a causa della pressione interna esercitata sulla Chiesa dai suoi numerosi e potenti gruppi conservatori (Legionari di Cristo, Focolari, l’Opus Dei, Comunità di Sant’Egidio, Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, ecc.), una pressione insormontabile e ben radicata nel cuore dello Stato italiano.[7]
Quello a cui abbiamo assistito fino ad oggi è la funzione di pompiere del nuovo papa. Francesco I è andato nel “più grande paese cattolico del mondo”, il Brasile, in cui la percentuale dei cattolici è scesa dal 92% del 1970 al 65% nel 2010, una riduzione di cui hanno beneficiato le sette mafiose evangeliche, che hanno governato il paese negli ultimi dieci anni a fianco del PT [Partito dei Lavoratori di Lula, NdR]. Il papa vi è andato, tra le altre cose, per frenare il movimento giovanile che ha invaso le strade del Brasile nel giugno 2013, deviandolo, richiamando il governo del PT ad “ascoltare la voce delle strade” – affinché dia più spazio alla Chiesa cattolica e riduca lo spazio degli evangelici.
I “teologi della liberazione” hanno aderito a questa operazione politico-religiosa. Il Vaticano non ha lavorato gratuitamente: le enormi spese papali in Brasile sono state messe in conto allo Stato, gli evangelici hanno per questo esortato il governo brasiliano a ridurre tale spreco. Tutta “l’apertura di Bergoglio ai progressisti” si è ridotta ad un incontro a Roma con il sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, uno dei formulatori di Teologia della Liberazione, nel settembre 2013, dove non si sa nemmeno di che si è parlato.
Le caratteristiche insolite del pontificato di Bergoglio, i gesti che hanno dato origine all’attuale (e passeggera) “bergogliomania”, non sono la soluzione, ma il sintomo della crisi che attraversa la Chiesa, la più profonda nei secoli, dimostrando, al di là di dichiarazioni a favore dei poveri e contro l’avidità e insensibilità dei ricchi, che questa antica istituzione ha unito per sempre il suo futuro a quello del capitale e che subiranno la stessa sorte. Un destino che si gioca, più che mai, non nelle navate dei templi religiosi, ma nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole e nelle strade di tutto il mondo.
Note:
[ * ] professore titolare di storia contemporanea dell’università di San Paolo (Brasile), argentino di nascita e dirigente del IV Internazionale (CRQI). [^su^]
[ 1 ] La Banca Vaticana (la “banca più segreta al mondo”, come ha detto alla rivista Forbes) è lo IOR (Istituto per le Opere di Religione), fondata nel 1942. Durante questo periodo il Vaticano è segnato dalla collaborazione con il regime nazista, con Pio XII, e una più stretta collaborazione con Mussolini, che ha firmato per conto dello Stato italiano con il Vaticano nel 1929 i Patti Lateranensi. Questo trattato, conosciuto anche come il Concordato, è stato quello che ha permesso il riconoscimento del Vaticano come uno Stato nello Stato, compresa la gestione delle proprie finanze e il mantenimento dell’influenza politica in Italia, con il cattolicesimo come religione ufficiale, l’istruzione confessionale nelle scuole pubbliche e altri vantaggi per il clero (solamente nel 1975, ci fu stato un cambiamento quando il divorzio fu approvato). Rompendo l’isolamento in cui il Vaticano era costretto dopo la vittoria della Repubblica Italiana nel 1870, Mussolini concesse anche un consistente risarcimento alla Chiesa. Parte di quel denaro è stato investito a Londra in acquisti immobiliari che oggi raggiungono una cifra stimata di mezzo miliardo di sterline, anche se la cifra reale rimane segreta.
[ 2 ] La sua legislazione fondamentale, conosciuta come la “Formula dell’Istituto”, stabilisce gli obiettivi dell’Ordine ancora oggi in vigore: “Combattere per Dio, sotto il vessillo della Croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua Sposa, sotto il Pontefice Romano, Vicario di Cristo in terra”. In questo contesto, il motto dei gesuiti – Per la maggior gloria di Dio – si sostenta nel principio organizzativo di essere “disciplinato come un cadavere” (“perinde ac cadaver” – come se fosse un corpo morto ). Da allora, i gesuiti sono conosciuti come i “soldati del Papa”, perché la loro subordinazione al Pontefice Cattolico è incondizionata e rappresenta un principio sacro per la congregazione.
[ 3 ] Karl Marx, nel Capitale, ha citato una testimonianza indiscutibilmente europea: “Gli atti di barbarie e atrocità esecrabili perpetrati dalle cosiddette razze cristiane in tutte le regioni del mondo, e su tutte le genti che sono state sottomesse, non hanno un parallelo in nessun’altra epoca della storia universale, in nessuna razza, per quanto selvaggia, rozza, impietosa, senza vergogna essa sia stata.”
[ 4 ] “L’articolo 26 della Costituzione della Repubblica spagnola dichiara sciolti gli ordini religiosi che per statuto richiedono, oltre ai tre voti canonici, un’altra obbedienza speciale ad un’altra autorità, oltre lo stato legittimo, quindi devono essere nazionalizzati e il loro patrimonio devoluto per finalità benefiche e all’istruzione. ( … ) La Compagnia di Gesù è diversa da tutti gli altri Ordini religiosi di speciale obbedienza alla Santa Sede, come dimostra, tra innumerevoli documenti, la bolla di Paolo III, che serve come base canonica nelle Costituzioni della Compagnia di Gesù, che in modo eminente la consacra al servizio della Sede Apostolica”.
[ 5 ] Oltre al Vaticano, resistono in Europa altre sovranità politiche assolutiste e territoriali, come ad esempio la Chiesa Ortodossa greca nella penisola del Monte Athos che mantiene un controllo assoluto, che vieta l’ingresso delle donne e anche degli animali di sesso femminile.
[ 6 ] Claudio Rendina, L’ Oro del Vaticano, Roma, Newton & Compton, 2013.
[ 7 ] Carlotta Zavattiero. Le Lobby del Vaticano. I gruppi integralisti che frenano la rivoluzione di Papa Francesco. Milano, Chiarelettere, 2013.
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