Mentre processi ed espulsioni nei 5 Stelle occupano l’attenzione pubblica, accadono dietro le quinte- senza streaming- eventi più interessanti, di cui i media non parlano, ma che sono altrettanto rivelatori della natura reale del grillismo.
Mercoledì 5 marzo, nella casa riunioni della “Casaleggio Associati”, Roberto Casaleggio ha incontrato una rappresentanza padronale di diversi settori produttivi della media azienda italiana (in particolare delle calzature, costruzioni, componenti meccaniche di precisione). Molto significativa la presenza di Arturo Artom, ricco imprenditore, oggi coordinatore di un nuovo network di imprese (Confapri), apertamente fiancheggiatore del M5S.
Qual’è il senso dell’incontro? Molto semplice. Casaleggio ha voluto lustrare agli occhi del capitalismo italiano le meraviglie del programma economico grillino. Non quello immaginario della “rivoluzione”. Ma quello reale, al servizio del padronato. E qual è la merce offerta? L’abolizione dell’IRAP (34 miliardi), l’abolizione dell’IMU sui capannoni (3 o 4 miliardi), ulteriori misure di “abbattimento della pressione fiscale” sulle imprese. In altri termini un’autentica manna per i capitalisti.
È facile notare che non c’è nulla di alternativo in questo programma rispetto alla direzione di marcia del governo Renzi, e dei precedenti governi padronali. La riduzione dell’Irap è sempre stata una rivendicazione confindustriale e una pratica di governo. Ma M5S la porta all’estremo, con risvolti sociali pesantissimi. L’abolizione tout court dell’IRAP significherebbe la cancellazione dei 34 miliardi che oggi finanziano ciò che resta della sanità pubblica dopo i 32 miliardi di tagli brutali del settore già realizzati negli ultimi anni da Prodi, Berlusconi, Monti, Letta. Insomma, uno sfascio definitivo. Quale sarebbe la sua (parziale) copertura finanziaria? L’abbattimento dell’occupazione nel settore pubblico e nei servizi, accompagnato (per due anni) da un salario di cittadinanza di 600 euro. È la proposta strategica centrale del M5S. Accompagnata dalla “chiusura delle aziende in crisi e improduttive” e dal relativo foglio di via di 600 euro per migliaia di operai licenziati.
Chi può meravigliarsi se settori padronali annusano con interesse questa offerta, proveniente da un partito del 25% dei voti che annuncia la propria ambizione di governo?
Significativo è il tentativo di Casaleggio di raggruppare attorno a questo programma di sfondamento sociale una vera e propria sponda organizzata all’interno del mondo padronale, una sorta di propria confindustria parallela: è la logica di un movimento reazionario che vuole irrigimentare attorno a sé un proprio blocco sociale organizzato, di cui la media impresa è elemento strategico. Ma ancor più significativo è che nello stesso incontro di Milano, Casaleggio abbia presentato ai suoi interlocutori la “credibilità” del proprio disegno di potere: “la sfida futura sarà tra noi e il PD” ha detto Casaleggio “ e un collasso di Renzi può aprire davvero la via a un nostro governo monocolore, l’unico governo che ci interessa”.
Non si tratta di giudicare il fondamento o meno di questa speranza di Casaleggio. Si tratta di capire l’autenticità dell’ambizione. Grillo e Casaleggio puntano davvero alla costruzione di una propria Repubblica (anti operaia) dentro il quadro di crisi e sfarinamento politico e istituzionale. Solo il movimento operaio, con una svolta unitaria e radicale di mobilitazione generale contro il governo Renzi e il padronato, può polverizzare i sogni reazionari di Casaleggio e dei capitalisti suoi seguaci, costruendo la propria alternativa di classe alla crisi della Repubblica borghese.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI