Perché molti neri si rivoltano contro Biden per la Palestina

Nel giorno delle elezioni USA, pubblichiamo questo articolo (apparso sul giornale Against the Current nel momento della massima diffusione delle proteste pro Palestina negli USA) che dà conto di uno degli aspetti della crisi fra il Partito Democratico e la sua base, cioè la crescente ostilità degli elettori di origine afroamericana, tradizionalmente democratici, nei confronti del sostegno dell’amministrazione Biden a Netanyahu e al massacro genocidiario di Gaza. L’entità di questo divario e questa disaffezione sarà uno dei fattori che determineranno oggi l’esito delle elezioni.



Il presidente Biden è nei guai con i giovani elettori afroamericani. Il suo incondizionato sostegno al sionismo e il sostegno militare statunitense all’orribile guerra dello stato d’Israele contro il popolo palestinese in Gaza e nella Cisgiordania occupata sono alla base della crescente opposizione.
Biden rifiuta di dire allo stato di Israele di terminare la guerra genocida in Gaza, ripetendo tutte le bugie del regime israeliano.

Per molti giovani di colore che ritengono che il Partito Democratico dia per scontato il loro sostegno, la sua politica estera fondata sulla guerra e sulla costruzione dell’impero USA è il segnale del fatto che non si può contare su Biden per combattere il razzismo, nemmeno all’interno degli USA. Alle elezioni del 2024 alcuni se ne staranno a casa o voteranno per candidati indipendenti, o voteranno perfino per Trump come male minore.

Nel frattempo i democratici più conservatori si sono uniti alla lobby filo-Israele per bersagliare esponenti eletti del loro partito che si schierano per un cessate il fuoco permanente e per l’aiuto umanitario. Il bersaglio numero uno è la congressista di Detroit Rashida Tlaib, l’unica palestinese-americana che sia mai stata eletta al congresso.


TESTIMONIANZE SULLA LOTTA COMUNE

Molte testate giornalistiche mainstream riportano questi cambiamenti di opinione. Una storia di Associated Press del 17 dicembre è esemplificativa:

«Cydney Wallace, attivista della comunità ebraica nera, non si è mai sentita obbligata a recarsi in Israele, anche se ‘L’anno prossimo a Gerusalemme’ era un ritornello costante nella sua sinagoga di Chicago. La trentanovenne ha detto di avere molto su cui concentrarsi in patria, dove tiene spesso conferenze sul tema del sentimento anti-nero nella comunità ebraica americana e sullo smantellamento della supremazia bianca negli Stati Uniti. “So per cosa sto combattendo” ha detto. Tutto è cambiato quando ha visitato Israele e la Cisgiordania su invito di un organizzatore della comunità palestinese americana del South Side di Chicago, insieme ad altre due dozzine di neri americani e leader di fede musulmana, ebraica e cristiana.»

Il viaggio è terminato bruscamente a causa dell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre.
Ma il viaggio ha avuto un forte impatto sulle opinioni di Wallace. Lei, e un crescente numero di neri americani, vedono la lotta palestinese riflettere la loro lotta per l’uguaglianza razziale e per i diritti civili. Il recente innalzarsi di movimenti di protesta contro la brutalità della polizia e contro la la supremazia bianca e il razzismo istituzionale che influenza quasi ogni sfaccettatura della loro vita ha collegato gli attivisti neri e palestinesi in una comune causa.

Demetrius Briscoe, studente senior della Bowie State University – università storicamente nera del Maryland – ha votato per Joe Biden nel 2020, ma è indeciso se sostenere o meno il presidente l’anno prossimo.
Briscoe ha dichiarato a USA Today che «non crede che molti dei suoi colleghi voteranno per Biden perché non ha richiesto il cessate il fuoco. Sta davvero producendo una macchia sulla sua presidenza che non credo potrà essere lavata facilmente» ha sostenuto Briscoe, aggiungendo: «Se i democratici chiedessero il cessate il fuoco, salverebbero il Partito Democratico, io credo, da un’ondata di giovani che non voterebbe per loro».

Ad una manifestazione per il cessate il fuoco alla Howard University in ottobre, Delaneuy Leonard, una matricola diciannovenne che ha contribuito all’organizzazione della manifestazione, sottolineava di non avere nessuna intenzione di votare per Biden. E non crede di essere la sola. «Sicuramente questo fattore avrà un peso nelle decisioni di voto delle persone» ha detto Leonard.
Keesha Middlemass, professoressa associata di scienza della politica alla Howard University, annota: «I giovani stanno finalmente vedendo l’impatto della macchina bellica americana. Sono molto attenti alla cieca lealtà di Biden verso Israele, senza nessun riguardo al diritto di esistenza dei palestinesi».


SOLIDARIETÀ E MUTUO SOSTEGNO

Khadirah Muhammad, uno studente senior alla Georgia State University, ricorda di aver visto sui social media i murales per il Black Lives Matter a Gaza e di aver guardato i palestinesi dimostrare durante le proteste del 2020 per George Floyd. Per lei questi erano simboli di solidarietà.
«Sento che è necessario prendere la parola quando le cose sono sbagliate» ha detto Muhammad, 22 anni, che si è unito a una manifestazione per la Palestina nel campus in ottobre. «È davvero straziante».

Molti leader, studenti e attivisti di fede ebraica sono stati sostenitori chiave di Martin Luther King Jr e del Movimento per i Diritti Civili, trasferendo questo loro sostegno in sostegno a Israele. Ma questo sostegno si è spostato poi, negli anni ’60 verso l’ala che faceva riferimento al Movimento Potere Nero all’interno del movimento per la libertà dei neri, ha detto Michael R. Fischbach, professore di storia al Randolph-Macon College e autore di Black Power and Palestine Transnational Countries of Color.

Fishbach dice di non essere sorpreso che i giovani afroamericani abbiano empatia per i palestinesi. Svariati fattori li collegano, incluso un senso di familiarità in questa “recintata comunità globale”, una spinta contro quello che considerano colonialismo e l’esperienza condivisa di vivere in comunità segregate.
Ha sottolineato che «molti giovani soprattutto di colore, in questo Paese, possono istintivamente identificarsi con i palestinesi perché ciò assomiglia, ancora una volta, all’esperienza che stanno vivendo a casa loro».


I SONDAGGI RIFLETTONO I SENTIMENTI

Per decenni settori della comunità afroamericana hanno espresso forte sostegno alla causa palestinese. Cosa che adesso sta crescendo soprattutto fra la gioventù afroamericana. Sondaggi rivelano come i neri siano molto critici verso la politica statunitense nel Medio Oriente.

Secondo quanto riportato dal Crowds Counting Consortium, una iniziativa del Nonviolent Action Lab della Harvard University, vi sono state 2357 proteste, incontri, dimostrazioni, veglie e altre azioni per la Palestina negli Stati Uniti fra il 7 ottobre e il 10 dicembre. Di queste, 652, e quindi quasi il 28%, hanno avuto luogo nei campus dei college (il Consortium ha registrato 450 eventi pro Israele nello stesso periodo).

Un sondaggio condotto a novembre da GenForward, promosso dall’università di Chicago, ha rivelato che il 63% degli elettori neri intende votare per Biden nel 2024, a fronte del 17% che ha dichiarato che voterà per Trump se sarà il candidato. Nel 2020 Biden ha conquistato gli elettori neri con uno scarto del 92%, rispetto all’8% di elettori neri per Trump. Nonostante il forte sostegno a Biden, questa crescente disaffezione minaccia il percorso di rielezione di Biden.

Nello stesso sondaggio, il 16% degli elettori di colore ha dichiarato di avere più simpatia per i palestinesi che per gli israeliani, rispetto al 13% che hanno dichiarato di avere più simpatia per gli israeliani. Il 39% degli elettori di colore ha dichiarato di avere simpatia per entrambi i gruppi; il 32% ha detto di non saperlo.
Muhammad, che in passato ha votato per i democratici, ha detto di non sentirsi obbligata a sostenerli, definendoli “deboli di volontà”. «Non che voglia vedere di nuovo una presidenza Donald Trump» ha detto, «ma onestamente nemmeno una presidenza di Joe Biden. Non mi vedo a votare per lui».
Muhammad ha affermato di guardare ad alternative. «Mi piace votare con onestà» ha detto.


MLACOLM X A GAZA

La sua preoccupazione ricorda ciò che Macolm X disse nel 1964, dopo la creazione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. (L’OLP fu una risposta allo sfollamento e all’espropriazione dei palestinesi dopo la creazione di Israele nel 1948. L’OLP mirava a rappresentare il popolo palestinese nel suo desiderio di autodeterminazione, all’interno dell’unità araba).

Malcolm X si recò a Gaza nel 1964, quando era ancora territorio egiziano (poi conquistato da Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967). Scrisse e pubblicò sulla Egyptian Gazette il saggio fondamentale Logica sionista.

In qualità di forte oppositore del colonialismo e dello sfruttamento nelle sue varie forme, Malcolm X criticava il modo in cui l’ebraismo, il sionismo e il colonialismo si mescolavano generando un pericoloso precedente, spiegando:

«Se è vera la pretesa “religiosa” dei sionisti di essere condotti nella terra promessa dal loro messia, e l’attuale occupazione della Palestina araba da parte di Israele è il compimento di quella profezia: dov’è il loro messia che, secondo i loro profeti, avrebbe avuto il merito di condurli lì? È stato Ralph Bunche [mediatore delle Nazioni Unite] a “negoziare” il possesso della Palestina occupata da parte dei sionisti! Ralph Bunche è il messia del sionismo? Se Ralph Bunche non è il loro messia, e il loro messia non è ancora arrivato, allora cosa stanno facendo in Palestina in attesa del loro messia?
I sionisti avevano il diritto legale o morale di invadere la Palestina araba, sradicare i cittadini arabi dalle loro case e impadronirsi di tutte le proprietà arabe solo sulla base dell’affermazione “religiosa” che i loro antenati vivevano lì migliaia di anni fa? Solo mille anni fa i Mori vivevano in Spagna. Questo darebbe ai Mori di oggi il diritto legale e morale di invadere la penisola iberica, cacciare i cittadini spagnoli e poi fondare una nuova nazione marocchina… dove prima c’era la Spagna, come i sionisti europei hanno fatto ai nostri fratelli e sorelle arabi in Palestina?
In breve, l’argomentazione sionista per giustificare l’attuale occupazione israeliana della Palestina araba non ha alcuna base intelligente o legale nella storia… nemmeno nella loro stessa religione. Dov’è il loro Messia?
»

Tre decenni più tardi, Nelson Mandela, il leader rivoluzionario sudafricano e primo presidente di un Sud Africa libero, in un discorso del 1997 in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, ha pronunciato parole che ancora oggi risuonano tra la stragrande maggioranza delle persone del Sud globale:

Sappiamo troppo bene che la nostra libertà [come sudafricani] è incompleta senza la libertà dei palestinesi“.

L’intensità del sostegno alla Palestina sta diventando sempre più forte tra i giovani afroamericani.




(Traduzione di Antonio Banchetti)

Malik Miah

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