La meglio gioventù – Una recensione
di Conte Ubaldo Pollini
Recentemente mi sono imbattuto in un film, una produzione italiana che cercavo da tempo. Risalente al 2003, con la regia di Marco Tullio Giordana ( I cento passi e Pasolini, un delitto italiano). Il film, ispirato ad una raccolta di poesie di Pasolini è ovviamente La meglio gioventù.
Elogiato dal pubblico e dalla critica, ha vinto il premio come “Miglior Film” al 56° Festival del Cinema di Cannes.
Il film si apre nel 1966, descrive brillantemente la famiglia Carati, della piccola borghesia romana. Il padre, imprenditore e la madre insegnante hanno 4 figli. Nicola, studente in Medicina, Matteo, turbato studente di Lettere sono i mediani ed indiscussi protagonisti della pellicola. Di contorno la primogenita Giovanna, avvocato e futuro magistrato, e l’ultima Francesca. Un ruolo fondamentale sarà non solo quello della famiglia, ma degli amici che, nel corso della storia assumeranno un ruolo sempre più determinante.
Alla fine della sessione degli esami Nicola, Matteo e due amici progettano un viaggio interrail fino a Capo Nord, alla vigilia della partenza Matteo conosce Giorgia in un manicomio, la giovane, gravemente provata dalle terapie elettroconvulsive che fino alla fine degli anni ’70 hanno segnato duramente i malati psichiatrici, viene aiutata a scappare dall’istituto e i due fratelli disertano il viaggio per riaccompagnarla a Ravenna, dal padre che ormai si è fatto una nuova famiglia. Il dramma della giovane viene amplificato dall’incapacità del padre di potersene prendere cura da un lato, mentre dall’altro dalla non volontà di farlo. Allora Matteo decide di portarla in viaggio con sé, fino a che, in preda ad una crisi la ragazza viene presa in custodia da due poliziotti e riportata nella struttura. Prima di andarsene, fa cenno ai due fratelli di non intervenire, probabilmente per non comprometterli di più.
Nicola decide di riprendere il viaggio, ma da solo alla volta della Norvegia, dove lavorerà in una segheria per qualche tempo, mentre Matteo si arruola nell’esercito.
Dalla Norvegia Nicola viene a sapere dell’Alluvione di Firenze, che nel novembre 1966 ha quasi distrutto la città e decide allora di tornare in patria. Lì si ricongiunge con il fratello, ormai soldato e con gli amici d’infanzia, tutti impegnati come “Angeli del fango”.
In questo quadro Nicola conosce Giulia, una pianista e studentessa di matematica a Torino, e decide di andare con lei e di riprendere gli studi.
Dopo un salto di due anni, Nicola e Giulia convivono a Torino, lui ormai specializzando psichiatra, lei impegnata nella contestazione studentesca del 1968. Rimasta incinta, partorisce la figlia, Sara, e Nicola, medico a contratto ormai ultimato in un manicomio decide di lasciar perdere gli ideali sessantottini, ormai secondo lui esasperati, per dedicarsi al lavoro ed alla vita familiare.
Parallelamente durante un ispezione in un manicomio (alla vigilia della legge Basaglia), Nicola ritrova Giorgia, regredita ad una fase ormai catatonica e decide di ricoverarla nel suo reparto. Contatta il fratello Matteo che va a Torino per incontrare la ragazza, ma lei non risponde, e nemmeno sembra capire cosa stia succedendo. La frustrazione di Matteo è tale che decide di lasciare Torino.
A seguito della morte del padre Angelo, la famiglia si riunisce a Roma, dove Giulia, con la scusa di alcune commissioni incontra un uomo che le consegna una valigetta con dei soldi e una pistola. Inizia in quel periodo in Italia l’epoca delle Brigate Rosse.
Durante il soggiorno a Roma, incontrano anche Carlo, vecchio amico di Nicola, che è entrato a lavorare alla Banca d’Italia, e tra lui e Francesca nasce un feeling.
La frustrazione di Giulia è tale, dovuta all’incompatibilità della sua nuova identità di brigatista con la vita familiare, che abbandona il compagno (i due non si erano mai sposati) e la figlia per dedicarsi appieno al terrorismo politico.
Durante le nozze tra Carlo e Francesca, un amico di Nicola e Carlo, Vitale, annuncia di essere stato messo in cassa integrazione alla FIAT.
Dopo cinque anni, Giulia, ormi latitante contatta Vitale, ora manovale, perché interceda con Nicola per farle reincontrare la figlia, e da un appuntamento al Museo di Scienze Naturali di Torino, ma all’incontro la figlia non la riconosce, e continua tranquillamente la sua visita museale con il padre.
Nel frattempo, Matteo ha subito vari trasferimenti, fino a tornare nella Capitale. Qui in una biblioteca incontra Mirella, fotografa amatoriale palermitana e i due iniziano una relazione travagliata. Matteo racconta inspiegabilmente a Mirella di chiamarsi Nicola, e di essere un ingegnere sempre in viaggio per lavoro, nascondendo così la sua professione di poliziotto, sempre in missione. I due hanno un incontro molto intimo in auto, fuori da una sala da Bowling; dopodichè Matteo sparisce.
La notte di capodanno Mirella irrompe al commissariato di Matteo, rivelandole di aver scoperto la verità dopo essere tornata alla sala da Bowling e i due litigano ferocemente. Contemporaneamente, la famiglia si riunisce a Roma, e anche Matteo, che sta indagando su un caso di spaccio di cocaina compare nella casa materna, salvo congedarsi immediatamente, millantando un’emergenza al commissariato. Torna a casa e prova a chiamare Mirella, la quale risponde un attimo dopo che lui ha riagganciato. Allora Matteo, facendo un bilancio della propria vita decide di uscire di scena gettandosi dal balcone. Scoperto l’accaduto Mirella torna in Sicilia.
Sconfortato per la morte di Matteo, Nicola decide di “salvare” Giulia. La compagna infatti si era messa in contatto con Francesca, avvertendola che il marito Carlo, ormai un dirigente della Banca d’Italia, era entrato nel mirino delle BR. In cambio dell’informazione le chiede di portare Sara al Colosseo l’indomani e di farle incontrare. Allora Nicola assieme alla sorella Giovanna, ormai magistrato organizzano la cattura e Giulia viene arrestata e trasferita a Spoleto. Dopo un iniziale tentativo di riconciliarsi con la figlia e con il compagno, deciderà di passare in isolamento la sua detenzione.
Nel 1992 Nicola, ormai affermato psichiatra, viene chiamato a Milano per una perizia su un indagato di Mani Pulite che ha tentato il suicidio in carcere. Uscito da li, vede un cartellone pubblicitario con una foto del defunto fratello Matteo, e si reca alla mostra per incontrare il fotografo. Ricompare qui il nome di Mirella.
Nel frattempo Giorgia è migliorata, e può affrontare la malattia come paziente esterna, e convince Nicola a cercare la fotografa (della quale ignorano la relazione con Matteo), in cambio, lei proverà ad uscire dalla clinica e per la prima volta tentare di condurre una vita normale di fuori.
Mentre a Capaci avviene il famoso attentato, Nicola è in viaggio per la Sicilia per trovare Mirella, ed incontra la sorella Giovanna, ora all’antimafia.
Mirella racconta a Nicola di Matteo, della storia di quella fotografia, e rivela di avere avuto un figlio da lui. Al ritorno a Roma, incontra la madre in una grave depressione. I figli sono ormai cresciuti, assieme alla perdita del marito la donna è gravemente provata. Decide allora di portarla a conoscere il nuovo nipote. La donna decide allora di restare in Sicilia e di ricominciare.
Intanto le vite della famiglia Carati si susseguono ordinariamente, tra i drammi di tutti i giorni, fino a che, come un fulmine a ciel sereno si apprende della morte della madre di Nicola.
All’alba del nuovo millennio Giulia esce dal carcere e trova lavoro nella biblioteca di Firenze come archivista. Allora, corona il suo desiderio di reincontrare Sara.
Il film si chiude con il figlio di Matteo che ripercorre il viaggio di Nicola in Norvegia.
La pellicola riesce a coniugare perfettamente mezzo secolo di storia italiana, dal boom degli anni ’60, fino al 2000, percorrendo tutte le principali pagine della storia, dalle rivolte del 1968 all’avvento delle BR alla strage di Capaci. E tutto questo fa da sfondo alle vicende personali dei protagonisti, una perfetta fusione tra capacità dei personaggi di influenzare il corso degli eventi, e di come ne vengono influenzati.
Un capitolo fondamentale del film è dedicato a Franco Basaglia ed alla sua opera. La condizione dei manicomi come strutture detentive che viene via via superato in favore di un trattamento più clinico dei disturbi mentali.
Un importantissima parte è destinata a Giulia. A lei è assegnato un ruolo molto difficile, il passaggio tra la contestazione in età giovanile, la maturazione fisica e psicologica alla quale non è seguita una maturazione ideologica, poi sfociata in un inconsistente estremismo. Incastrata forse prematuramente nel ruolo di madre, vive la pressione della società, e di quello che tutti si aspettano da lei come una limitazione al suo potenziale. La contrapposizione tra politica e famiglia, in un momento storico transitorio, dove la figura femminile in Italia si stava finalmente ritagliando uno spazio è vissuta come un eruzione della propria personalità, sentenziata dalla storia come l’epoca più terribile dell’ultimo mezzo secolo, e perfettamente sintetizzata da Bertolucci: “Ogni volta che gli estremisti sono riusciti a passare dal delirio verbale all’azione, la situazione è tornata indietro di vent’anni”.
Nicola è forse il personaggio più sviluppato. Di lui seguiamo tutta la vita, dalle occupazioni dell’università fino alla maturazione nell’età della “responsabilità”. In lui troviamo forse l’alterego di Giulia, forse perché è evidente la contrapposizione dei due personaggi, Nicola assume una maturazione diversa. La voglia di “fare la differenza” assume per i due una valenza antitetica, da una parte si cerca di cambiare le cose attraverso gli atti puramente terroristici delle BR, dall’altra invece riuscire concretamente a cambiare le cose attraverso un’azione cosciente e ponderata.
Giorgia infatti, rappresenta questa differenza. La ragazza parte da una situazione gravemente pregiudicante il suo stato, dal rifiuto del padre, fino al ritrovamento in un manicomio diversi anni dopo, abbandonata e devastata dall’elettroshock, diventa un momento di riscatto sia per il protagonista, ma anche per lo spettatore, la ripresa salute mentale della ragazza diventa un simbolo della ritrovata umanità, che dal 1978 ha segnato un duro percorso riabilitativo che per molti malati è stato vano, ma che ha consentito ad altri di affrontare la malattia e di ristabilire un ruolo nella società. Nonostante sia un personaggio marginale nella pellicola, la sua presenza viene percepita costantemente, a lei è imputabile il senso costante di isolamento di Matteo, che tenderà sempre di più ad evitare legami, fatta eccezione per Mirella, e il suo carattere introverso. Allo stesso tempo diventa per Nicola simbolo di una rinascita emotiva, un momento di concretezza nella cornice ideologicamente astratta dell’ideale neo-borghese del protagonista.
Uno dei temi da non sottovalutare è il viaggio. Ogni personaggio nel corso del film compie un viaggio, che da fisico diventa interiore. La stessa Francesca dichiara a Carlo all’inizio del film di voler fare l’archeologa per “poter viaggiare”. Il viaggio assume una valenza terapeutica, è il tema di apertura del film, un viaggio fino a Capo Nord, e lo stesso viaggio nella chiusura. Possiamo intenderlo come una metafora della vita, considerandolo un espediente per la continuità narrativa, ma anche il viaggio come formazione dei personaggi. Da Roma Capo Nord, poi a Torino e anche in Sicilia, ogni spostamento arricchisce i personaggi. Viene riproposto come un tema esasperante, ogni volta che succede qualcosa nel film, qualcuno parte per un viaggio, attraverso l’Italia, sia nello spazio che nel tempo. Dal viaggio di Matteo e Nicola per riportare Giorgia a Ravenna, al viaggio verso il futuro che nonostante noi conosciamo è ignoto ai personaggi, che ne vengono travolti, cercando ognuno il proprio posto nella Storia.