Le radici del complottismo
Di Stefano Falai
Immaginiamo un
investigatore che arriva sul luogo del delitto. Per esempio, un appartamento
dove è stato commesso un omicidio. Esamina il corpo della vittima, cerca
l’arma e le impronte digitali; preleva campioni di mozziconi nel
portacenere, di capelli rimasti impigliati in un pettine, del dentifricio
dentro il lavandino, eccetera.
Fatto questo inizia l’indagine e se è bravo, o la fortuna lo
aiuta, formula l’ipotesi dell’identità dell’assassino; se invece è
l’assassino a essere stato più bravo o fortunato di lui è costretto a chiudere
l’inchiesta.
Il complottista invece va avanti a prescindere: raccoglie gli
indizi, vede qualche somiglianza, ipotizza il colpevole e lo sbatte sui
social, tanto vero o falso che sia ci sarà sempre qualcuno che ci crede. Non gli
interessano le prove, la dinamica e la ricostruzione degli eventi, il movente o
eventuali alibi del presunto colpevole. Se trova un mozzicone di sigaro
Avana, conclude che l’assassino è un cubano. E così, a mano a mano che
la -bufala-si diffonde, nasce un nuovo teorema complottista, affascinante e
inconsistente quanto una bolla di sapone: tutti gli omicidi dello stesso
tipo avvenuti nel mondo sono colpa dei cubani.
Il complottista non sa, o non è interessato, al fatto che vi
siano tantissimi fumatori di sigari Avana e che la sua ipotesi non può
essere considerata una prova; quello che vuole è una spiegazione che tutti
comprendono e possono diffondere.
L’ elemento più infido del complottismo è che qualche volta
ricorre a spiegazioni di per sé corrette, nel senso che il sigaro Avana
di prima, il dentifricio nel lavandino e i capelli nel pettine, vengono analizzati
con precisione: composizione chimica, peso, DNA eccetera e allora si è
portati a credere che tutto sia vero: “Ci sono fior di scienziati che lo
sostengono!”.
La scienza però è un’altra cosa: a sintomi diversi può
corrispondere la stessa malattia e, viceversa, a sintomi uguali possono
corrispondere malattie diverse. Se non si hanno le basi scientifiche si finisce
per curare i sintomi, ma la malattia rimane misteriosa e il paziente
muore.
Molti si stupiscono che il complottismo coinvolga anche
persone ritenute di buon senso, con conoscenze nei campi più svariati.
Ma la fortuna del complottismo non dipende da una mancanza di scienza, o
comunque non soltanto da questa, ma soprattutto dalla privazione di una idea di
come funzionano le cose in generale. Cioè, quella che una volta si
chiamava ideologia: un sistema concettuale e interpretativo di una società
o delle società nel loro complesso. La fine delle ideologie fu annunciata e
propagandata a ogni occasione a partire dal 1989(caduta del muro di
Berlino) da schiere di intellettuali patentati, imbonitori, artisti
genuflessi e voltagabbana.
“Finito il comunismo” dicevano, “è finita l’era delle
ideologie, delle contrapposizioni e dei conflitti, comincia una nuova
era di pace e prosperità.” A parte che i regimi del così detto comunismo reale
con le idee del comunismo avevano ben poco a che fare, questo è giusto
ricordarlo, questi spacciatori di immondizia annunciavano l’ideologia
della fine delle ideologie: -da ora in avanti la storia non sarebbe più
cambiata-.
L’umanità avrebbe raggiunto la condizione naturale e
permanente sotto l’egida del libero mercato. Così, iniziò il dominio a
mass-media unificati del- pensiero unico-, in ogni manifestazione sociale, in
ogni ambito della produzione materiale e culturale.
In Italia questa ondata reazionaria: -il nuovo che avanza e
che non può essere fermato-fu particolarmente violenta. In pochissimo
tempo scomparvero dal lessico corrente vocaboli come: giustizia sociale,
diritti, padroni, classi sociali, sfruttati e sfruttatori. Furono
sostituiti da termini generici e vacui come: la gente, le imprese, le
parti sociali; oppure da acronimi misteriosi: Spread, Nasdaq, Mib, Pil e così
via. La storia del Novecento veniva raccontata un tanto al metro, tanto
era roba vecchia e la cosiddetta gente comune si convinse che tutti
potevano arricchirsi. Ma l’era del benessere totale tardò ad arrivare, anzi, fu
sempre più evidente che non poteva arrivare. Così, nel 2008, quando esplose la
crisi economica, il mondo era ormai diventato un calderone dentro il
quale sobbollivano pulsioni indecifrabili. Un caos primordiale popolato
da mostri che ognuno poteva chiamare come voleva; a sua discrezione e preferenza.
La colpa della crisi poteva essere di tutti e di nessuno: della Germania, della
Cina, della massoneria, dei rettiliani, dei Savi di Sion, del gruppo
Bilderberg, del 5G e così via, oppure della-politica- in generale; mai
dei padroni delle banche e delle industrie. Nel senso comune ogni opinione
diventava equivalente, legittimata e spersonalizzata. Si apriva una
voragine che sarebbe stata riempita dai fascismi riemergenti dalla
cloaca della storia. Il complottismo è il nipotino deforme di quei terribili
anni Novanta e, in quanto tale, fenomeno storico difficile da estirpare.
Esso dimostra uno straordinario eclettismo nella capacità di
adattarsi ad ogni tipo di individuo. C’è il complottismo demenziale
(rettiliani), quello argomentato (il virus è stato diffuso da qualcuno) o quello
politico dei 5Stelle (catastrofismo e democrazia virtuale). Si alimenta e
riproduce nella passività delle masse lavoratrici e nel disastro sociale
e ambientale che tutti vedono ma non riescono a spiegare.
Fermo restando che solo una rivoluzione socialista potrà
distruggere il complottismo, insieme al capitalismo che lo ha generato,
esiste un vaccino potente per blindare le menti dalla sua perfida influenza: il
pensiero e le teorie del marxismo rivoluzionario. Il marxismo non è una
ideologia in senso proprio, ma una scienza sociale che ricorre al
materialismo dialettico per analizzare la realtà. Dalla filosofia prende la
dialettica, per mettere a confronto entità diverse, il particolare con
il generale, i fenomeni e le tendenze. Si avvale delle scienze
economiche, per dimostrare l’inefficienza del sistema capitalista; della storia
e della sociologia, per indagare i rapporti di produzione. Ricorre alla
psicologia per spiegare l’alienazione del lavoro. Attinge dal naturalismo
per affermare la relazione stringente fra l’umanità e la natura. E sotto questo
ultimo aspetto, del tutto sconosciuto, le scoperte degli ultimi cento
anni non hanno minimamente smentito le sue basi teoriche, anzi, le hanno
confermate in maniera sorprendente.
Dunque, il materialismo dialettico è il metodo scientifico
del marxismo, mentre il dogma, la fede, il fanatismo, la ricerca della
verità assoluta sono le molteplici facce del complottismo.
Diffondere il marxismo, farlo conoscere, riportarlo alla luce
è una battaglia che può essere combattuta.