Desideri e consumi
Di Falaghiste
Capita spesso di leggere, o sentir dire, che per salvare l’esistenza dell’Uomo sulla Terra: “Bisogna che si affermi la cultura del consumo responsabile”. Con ciò si intende che dovrebbero essere i consumatori a stimolare la riconversione delle industrie in senso ecologico, attraverso l’acquisto di merci riciclabili o a basso consumo energetico.
Con questo presupposto la borghesia si autoassolve rispolverando l’idea, piuttosto datata, che sarebbe sempre la domanda a determinare l’offerta. E bisogna prendere atto che più un sistema va in crisi, più i presupposti ideologici sui quali si regge, diventano un muro di gomma sempre più impenetrabile dal buon senso. Ed è questo che accade oggi: nessuno mette in dubbio il monopolio del diritto dell’industria privata di cambiare la vita delle persone con nuovi tipi di oggetti che rapidamente diventano di uso comune.
È come se la “gente”, categoria sociale piuttosto vaga, o meglio i consumatori, fossero in grado di prevedere l’impatto sulla natura e sulla qualità della vita dei nuovi prodotti; e quindi pretendere che vengano abolite le produzioni dannose. In realtà “la gente” compra ciò che crede, a torto o a ragione, le possa servire personalmente; vale a dire un “bene da usare”, con caratteristiche e utilità specifiche. Un oggetto che pare soddisfare un desiderio; ma che si connette con l’io desiderante, più o meno razionale, nel momento in cui viene mostrato nel mercato, e che prima, non esistendo, non poteva essere pienamente immaginato.
Il produttore, il capitalista, al contrario non è interessato all’uso, se non in termini tecnici per realizzarlo.
Egli vende una” merce” senza qualità o distinzioni da altre merci. Prova ne è che i libri contabili di una azienda che produce medicinali sono uguali a quelli di una che produce mine antiuomo.
Tuttavia, per realizzare profitto è necessario che l’oggetto prodotto si riveli, a posteriori, utile al compratore, che abbia in sostanza una validità sociale. Insomma una merce, un prodotto, che per realizzare profitto deve essere convalidata dal mercato. Ma torniamo all’inizio: in che misura è la merce che crea la domanda e quanto è la domanda a creare la merce?
Non c’è dubbio che l’uomo sia preda di grandi desideri; ma questi non saranno mai soddisfatti nel modo in cui si era immaginato. Abbiamo sognato, di volare con le ali, come gli uccelli, e ora possiamo volare ma senza le ali. Abbiamo immaginato molte altre cose meravigliose, una volta ritenute irrealizzabili, e una parte di queste, non tutte ovviamente, sono diventate di uso comune; come vedere e parlare in tempo reale, per esempio, con una persona a migliaia di chilometri di distanza. Ma non per questo siamo più felici o meno spaventati dei nostri predecessori; anzi, sotto alcuni aspetti sembrerebbe il contrario.
Insomma, la consapevolezza e il progresso sociale, la pace e la salute ambientale, non dipendono dall’evoluzione tecnologica dell’industria privata, o meglio, dalle meraviglie traditrici che i padroni del mondo ci mostrano come soluzione dei nostri problemi materiali ed esistenziali. Se questo fosse chiaro e diventasse senso comune avremo fatto finalmente un passo in avanti.