L’uomo separato

Di Falaghiste

Qualche settimana fa, l’associazione Radici Operaie ha proposto al pubblico una riflessione sul -68-; una stagione lontana, ma certamente interessante per i temi sollevati per la prima volta, in Italia e non solo, con una mobilitazione di massa: la questione di genere, l’ecologia e la libertà; non già quest’ultima, come necessaria per la propria soddisfazione ma per quella di tutti. Temi che ancora oggi rappresentano i problemi irrisolti della nostra società, anzi peggiorano.  Ovvio che non si potesse pretendere la presenza delle masse, visto i tempi che corrono; tuttavia, la partecipazione è stata scarsa.

Eppure siamo convinti che i potenziali interessati fossero molti di più; perlomeno quelli che in diverse maniere si definiscono ancora -di sinistra-, appartenenza che, però, va virgolettata, in quanto oggi nessuno sa bene cosa sia in termini reali (programmatici) e non mitologici o individuali.

E allora quale è il problema, what’s the problem?… Direbbe un Amleto sinistrorso, che non sa scegliere se affondare il culo nel divano, per dimenticare le brutture del mondo, o affrontarlo questo mondo, ben sapendo che è una fatica tremenda trovarsi circondati da una realtà sempre peggiore ogni giorno che passa.

Una realtà che, a prescindere di come uno la pensi, o non la pensi proprio, avvolge tutti in un sudario, non tanto il corpo, un po’ anche quello certamente, ma soprattutto la psiche, creando tutt’intorno una barriera nebulosa e tremolante che divide l’essere dagli esseri, l’individuo dalla società.

Così, l’uomo separato, individuo separato dalla specie, soffre nella solitudine come nella socialità, ma tendenzialmente è attratto dalla prima: solitaria e improbabile lotta per affermare la sua esistenza a prescindere da quella degli altri.  Insomma, è molto più facile e più comodo fregarsene di tutti e di tutto, escluso quando non se ne può farne a meno, piuttosto che accettare la presenza degli altri. Più comodo certo, ma non per questo meno faticoso e frustrante.

Come può esistere l’uomo separato? Mai in passato si sono vissuti tempi come questi, con una tale scarsità di rapporti sociali e fra i singoli, se non nell’ambito ristretto e a volte frustrante della famiglia; anche questa, per altro, messa in crisi dalla mobilità obbligatoria del neo-post-capitalismo.

Risposta: dato che esiste è ovvio che possa esistere… e forse è già esistito in passato, ma allora si chiamavano Santi Eremiti o Sante Clarisse anoressiche. Nei loro deliri vedevano demoni e angeli… e magari mangiavano segale cornuta, senza saperne gli effetti. Però erano pochi e un po’ masochisti, al contrario di oggi, dove la solitudine è un fenomeno di massa… e l’io ipertrofico.

Niente paura! Dicono quelli della Silicon Valley e i cinque stelle, loro allievi fedeli: “La società futura è quella dei social, ognuno può essere quello che vuole, spacciandosi per quello che vuole”. Ma come si può avere un vero rapporti con gli altri, senza vederne il volto, gli occhi e l’espressione; senza poter cogliere, anche nei momenti di gioia, un’ombra di ritrosia, di amarezza, di paura…o di menzogna? E come si può giudicare, capire, senza ascoltarne la voce non deformata dall’etere?… E come si fa a dare fiducia, a cogliere il vero, senza condividere un luogo, una situazione, senza essere fisicamente presenti?

Ecco, il 68 insegnò questa cosa. Aspettiamo che la storia, che mai perdona, pretenda il dovuto riscatto, ma nel frattempo diamoci da fare per determinarne l’importo.

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