Il sindacato più duro e puro? Heil CGIL!
di Masaniello
Il 3 febbraio 2018 a Genova sono scesi in piazza 5000 antifascisti nonostante l’assenza del PD e della CGIL.
Il 10 febbraio, a Macerata, la CGIL ha fatto ancor peggio, sfilandosi da una manifestazione doverosa dopo l’attentato fascista di Traini che ha ferito 6 persone e che ha visto la partecipazione di 30.000 persone. Una medaglia, quella antifascista, che la CGIL non può più appuntarsi al petto, neanche per finta. E non può farlo neanche il PD, nonostante Renzi si dichiari antifascista.
PD e CGIL sembrano veramente avere un legame indissolubile. Sembra che tra loro viga il detto “una mano lava l’altra ed insieme si lavano la faccia”. Ora in vista delle imminenti elezioni politiche il PD sembra oscillare nel limbo e per recuperare i consensi persi dal rottamatore rottamato Matteo Renzi al suo interno si vedono i candidati che fino a poco tempo fa erano dell’altra sponda, come per esempio Pierferdinando Casini.
Un po’ come fa la nostra Fiom CGIL territoriale e non solo: cerca tra gli operai chi potrebbe fare al caso proprio, senza badare troppo alla provenienza, alla storia politica, ai convincimenti sindacali, al grado di combattività e preparazione, li gratifica, li lusinga con distaccamenti e prebende varie, il tutto per continuare ad essere l’interlocutore privilegiato del padrone, grazie alla propria egemonia nei direttivi territoriali e per fare carriera alle spalle dei lavoratori.
Ci sono due casi emblematici nell’ultimo anno che riguardano la CGIL e che devono far riflettere. Il primo caso riguarda l’ex dirigente della CGIL di Forlì, Paolo Anderlucci, che esprime solidarietà a Forza Nuova dopo le violenze avvenute in piazzetta della Misura, in cui un altro dirigente della Fiom, Gianni Cutugno, è stato preso a bastonate dai neofascisti. Anderlucci viene espulso giustamente, così come stato espulso il dirigente napoletano Norberto Gallo, anch’egli accusato di aver avuto rapporti con i fascisti. Ora, considerando che la CGIL ha il valore dell’antifascismo nel proprio statuto, analizzando queste due espulsioni ci sovviene qualche domanda.
Perché vi sono certi soggetti tra i dirigenti e perché nelle fabbriche si imbarcano soggetti con idee in aperto contrasto con lo statuto? Perché si promuove ai direttivi territoriali fascisti dichiarati?
Perché nelle varie RSU gli operai più combattivi vengono emarginati e si promuovono soggetti apertamente fascio-leghisti o grillini, che proprio vogliono abolirlo il sindacato?
A queste domande non avremo mai risposte, ma la riflessione che sorge spontanea è che l’antifascismo della CGIL sia una considerazione sacrificabile all’altare dell’opportunismo, un valore che è possibile mettere in secondo piano pur di conservare la propria posizione egemonica in questa o quella fabbrica, anche imbarcando soggetti impresentabili, altro che gli incompatibili o gli appartenenti dell’area di minoranza!
La CGIL dovrebbe svegliarsi dal suo torpore concertativo: è ora che riprenda in mano la vera lotta sindacale, che cacci via tutti fascisti e i razzisti al suo interno, abbandoni il PD e si schieri veramente dalla parte dei lavoratori. Perché, di questo passo, alla domanda “qual è il sindacato più duro e puro?”, ci toccherà rispondere “Heil CGIL”.