73 anni fa nacque la CGIL
73 anni fa nacque la CGIL. Sabato 3 giugno 1944 infatti fu firmato un accordo politico tra i principali partiti del CLN (DC, PCI e PSI), il cosiddetto Patto di Roma, che costituì la CGIL (la foto è del primo congresso, Firenze 1947).
Ri-nacque, in realtà. La CGdL, fondata nel 1906, infatti fallì ignominiosamente nel fermare l’ascesa fascista nel 1921/22, volendo sempre rimanere saldamente sul piano della legalità e dell’ordine borghese, anche di fronte alle squadracce fasciste e alle sue complicità istituzionali. Non solo: capitolò anche nella resistenza antifascista. Il 4 gennaio 1927 si autosciolse, per responsabilità del suo gruppo dirigente (tra cui Ludovico D’Aragona e Rinaldo Rigola). Durante il fascismo si formarono quindi due CGdL clandestine: una socialista a Parigi, guidata da Bruno Buozzi, ed una comunista a Milano, guidata prima da Paolo Ravazzoli (espulso dal PCI nel 1930 per la sua critica alla svolta staliniana del terzo periodo, fondò la Nuova Opposizione Italiana in collegamento con Trotsky) e successivamente da Giuseppe di Vittorio (“fedele” invece all’impostazione stalinista che aveva il PCI negli anni Trenta). Le due organizzazioni costruirono nel 1936 una ‘piattaforma d’azione della CGL unica’, ma fu solo con la Resistenza e la Liberazione che si riformò una vera confederazione. La CGIL mantenne però la sua impronta di sinistra, legata ai partiti del movimento operaio, con la scissione di democristiani e laici-socialdemocratici nel 1948, che daranno vita prima alla CISL e due anni dopo alla UIL.
Quarant’anni dopo, tra il 1989 ed 1992 (con lo scioglimento del PCI e poi del PSI), la CGIL si dette allora un nuovo profilo programmatico, sempre legato alle tradizioni del movimento operaio, ma rescindendo i patti politici che ne regolavano la vita interna. Oggi rimane il primo sindacato italiano, con un profilo sociale che non si limita alla semplice difesa delle proprie rendite di posizione (come CISL e UIL, [1]). Questo riconoscimento (ancora molto forte nel 2002, quando combatté la sua battaglia sull’articolo 18 [2]) si sta evidentemente logorando. L’inseguimento nella Grande Crisi di un’ennesima illusoria versione di un grande accordo con governo e padronato, il tentativo di costruire una propria influenza politica sganciata dal conflitto sociale, sta bloccando i salari, smantellando i CCNL e sconcertando lavoratori e lavoratrici (come mostrano i 40% di no nei rinnovi contrattuali di igiene ambientale, assicurativi, grandi fabbriche metalmeccaniche, oltre che la sconfitta all’Alitalia).
Per questo c’è necessità di una svolta. Meno banchetti e più picchetti. Bisogna smetterla di inseguire le controparti, bisogna ritornare come dopo le sconfitte degli anni ’50 nei posti di lavoro: difendere salario e condizioni di lavoro, contrastare la diversificazione di contratti e stipendi, sconfiggere il tentativo di padronato e governo di assumere il controllo assoluto della prestazione lavorativa. C’è, cioè, la necessità di ricostruire le proprie ali a partire dalle proprie radici: la difesa dell’autonomia del lavoro, la tradizione classista del movimento operaio.
[1] http://www.termometropolitico.it/1256831_sondaggi-politici-sindacati-rappresentanza.html
[2] http://www.termometropolitico.it/1256846_sondaggi-sindacati-utilita-fiducia.html