Chi perde e chi guadagna dal referendum

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di Peppone

Con il COMITATO PER IL SI, il reazionario Renzi, con una scaltra manovra, vuole arraffare le simpatie del grande pubblico.

È necessario riflettere su cosa si stia facendo per fermare questo micidiale attacco alla Costituzione della Repubblica.

Oltre alla vaga e ambigua opinione delle destre e quella sostanzialmente complice delle varie minoranze PD, restano poche voci fuori dal coro, e nascono i “Comitati per il no”.

Ovviamente, la strategia mediatica del Governo è palese: le “riforme” produrranno un governo più stabile, un iter legislativo più elastico e soprattutto verrà abolito “ il brutto, sporco e dispendioso” bicameralismo perfetto, specchio di tutti i mali d’Italia e fonte di “un immenso spreco di denaro pubblico”.

Niente di più falso. Il nuovo Senato sarà sostituito da un’assemblea di 100 membri (anziché gli attuali 315) : 74 consiglieri regionali, 21 Sindaci e 5 nominati dal Presidente della Repubblica; questi ultimi rimarranno in carica per 7 anni.

Forse verrà risparmiato qualcosa, ma a discapito di una rappresentanza già ridotta al minimo, anche secondo i criteri del parlamentarismo borghese.

Il Governo più stabile? Non ne dubitiamo…! Al secondo turno, paradossalmente, con il 25% dei voti si prende la maggioranza assoluta dei seggi, e sfido a fare cadere il Governo, dopo.

Non sarà facile convincere i lavoratori, che alla fine sono quelli che hanno più da perderci in questa riforma, a sostenere la causa del no; perché attualmente il proletariato è diviso, un po’ a destra, un po’ disinteressato o deluso, o addirittura intimamente spera che queste riforme possano realmente porre fine a un declino che sembra ormai inesorabile.

Perciò, gli attivisti dei “comitati per il no” si trovano di fronte alla più grande sfida che abbiano mai affrontato nella storia della Repubblica, per quanto riguarda gli spazi di agibilità dell’opposizione all’interno delle Istituzioni dello Stato.

 

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