“Se ti muovi ti fulmino”
Venerdì scorso a Forlì diverse squadre di eroici militi della “Benemerita” hanno fatto irruzione ad armi spianate in un appartamento dove alcuni ragazzi erano intenti al consumo di sostanze stupefacenti, dimostrando così tutto il loro coraggio e sprezzo del pericolo.
Il brillante “blitz” antidroga ha portato all’arresto di tre giovani per spaccio di stupefacenti; due ragazzi e una ragazza che, dopo essere stati ammanettati (come è giusto che sia per tale feccia criminale) sono stati celermente tradotti in gattabuia.
I tre erano in possesso di qualche grammo di cocaina e circa trenta grammi fra hashish e marijuana. Un mix di droghe in quantità tale da giustificare un intervento di tale proporzione e risolutezza; questo secondo i carabinieri.L’operazione è continuata nelle ore della notte tramite perquisizioni nei domicili degli arrestati che però hanno dato esito negativo.
Il giorno dopo “i rei in flagranza” sono stati sottoposti a giudizio preliminare. Il Giudice ne ha disposto l’immediato rilascio criticando inoltre il comportamento sproporzionato degli eroici militi rispetto alla gravità oggettiva del reato e alla relativa pericolosità sociale degli arrestati.
Sull’episodio anche il Resto del Carlino, organo militante della bigotteria forcaiola e sempre sollecito a criminalizzare chiunque non faccia parte delle élite locali, ha tenuto un profilo insolitamente moderato, precisando però che l’operazione è stata condotta a seguito di indagini e pedinamenti. Ne consegue che tali indagini, o sono state fatte male o non sono state fatte per niente. Per cui: o i carabinieri erano convinti di trovarsi di fronte ad una pericolosa banda di criminali o qualche loro dirigente ha voluto fare il fenomeno per dimostrare alla pubblica opinione che “loro fanno”.
Fatto sta che ancora una volta il proibizionismo e la conseguente criminalizzazione di abitudini innocue e prive di pericolosità sociale giustificano la totale mancanza di rispetto dello Stato e delle forze dell’Ordine per le classi sociali subalterne.
Così, mentre la malavita organizzata si infiltra sempre più nelle attività economiche del territorio, compreso lo spaccio all’ingrosso degli stupefacenti, e
la corruzione e il malaffare delle classi dirigenti sono prassi comune di governo, le forze dell’ordine consumano enormi risorse (in tempo e denaro) per riempire le galere di povera gente.
Che il proibizionismo sia fallito (nei suoi intenti) è un dato di fatto, al contrario la diffusione delle”droghe legali”quali psicofarmaci, alcol e tabacco continua ad essere permesso o tollerato perché è un grosso affare per i produttori.
Sostanzialmente è diventato uno strumento di costante minaccia, una spada di Damocle pronta a calare sul capo di chi viene ritenuto estraneo alla morale comune, che colpisce sopratutto i giovani proletari.
La legge Fini Giovanardi del 21 febbraio 2006 ha raggiunto l’apice della stupidità istituzionale parificando le sostanze illegali pesanti a quelle leggere per poi, sotto questo singolo aspetto, essere dichiarata anticostituzionale dalla Corte Costituzionale.
Comunque la giurisprudenza in materia si presta a interpretazioni diverse, specialmente sugli aspetti relativi alla coltivazione di quantità minime di cannabis: le sentenze in questo caso sono opposte e contraddittorie.
Per cui chi si trovasse invischiato in una situazione del genere può solo sperare di incontrare un giudice “tollerante”. Nemmeno la certezza del “diritto di lor’ signori” vale in questo caso.
Ovviamente occorre distinguere tra eroina, cocaina, sostanze sintetiche e derivati della canapa ma, in ogni caso, il loro consumo non può mai costituire reato. Insomma è evidente che la pericolosità sociale del commercio e dello scambio di sostanze stupefacenti è prodotta soprattutto dal proibizionismo. Insomma, che sia giusto o sbagliato non può essere reato.
Ma la ragione per cui l’assunzione di sostanze proibite (anche in minima quantità) viene repressa in maniera abnorme non dipende solo dall’ottusità della legge e dal clima forcaiolo instauratosi nel nostro paese negli ultimi vent’anni (e non solo riguardo agli stupefacenti), ma dalla mancanza di un movimento antiproibizionista in grado di opporsi.
In passato alcune forze politiche e sociali si spendevano in questa direzione: come Democrazia Proletaria e il Partito Radicale, salvo poi diventare quest’ ultimo il servo della destra più reazionaria e moralista mentre DP scompariva. Anche un pezzo di magistratura era su posizioni antiproibizioniste (Magistratura Democratica).
Un minimo di attività politica antiproibizionista c’era.
Oggi gli antiproibizionisti non sembrano in grado di mobilitare un minimo di opinione pubblica su questo tema: sembrano tutti rassegnati a subire la repressione come se cadesse dal cielo e non dipendesse dalla volontà degli uomini.
Forse i problemi e le paure sono altre: il lavoro, il degrado delle città, la solitudine, la guerra. Ma, se c’è un tema che potrebbe unire le classi subalterne o almeno una buona parte di esse contro la repressione è proprio una lotta antiproibizionista, per la semplice ragione che riguarda la vita di tutti giorni e non la politica che viene percepita come qualcosa di sporco e incomprensibile.
È a partire dalla rivendicazione della legalizzazione delle sostanze leggere e la regolamentazione di quelle pesanti, che si può tentare (in Italia) con buone probabilità di successo di aprire un fronte contro la tolleranza zero, la criminalizzazione delle lotte di classe e di movimento, politiche, economiche, antirazziste e contro il controllo del capitale su ogni aspetto della vita di ognuno di noi.
Sono in sintonia quando si parla di contrastare la repressione di Stato, comunque e ovunque si presenti. Ma trovo francamente ridicolo se scrive: “se c’è un tema che potrebbe unire le classi subalterne o almeno una buona parte di esse contro la repressione è proprio una lotta antiproibizionista…”.
Verrebbe da dire: se hai qualche problema ti puoi sempre drogare.
Siamo nell’epoca del ritiro degli individui dalla partecipazione politica, del ristagno culturale.
Penso che sia valido quanto disse Lenin in merito agli sbandamenti teorici: non è il caso di “fare dello spirito a un funerale”.
Compito del Partito è quello di svegliare le coscienze e le droghe non aiutano a farlo.
Trotsko
Ridicolo mi sembra semmai sottovalutare il potenziale antisistemico ( in determinate condizioni) di abitudini personali diffuse quanto represse stupidamente. Mi stupisco perché dovresti sapere che le vie per la lotta di classe non sono sempre riconoscibili esattamente come tali. Inoltre, non vero che chi ha problemi ricorre alle droghe, o almeno a determinati tipi di sostanze, altrimenti come giustificare il caffè e altre di uso comune e legale? Insomma le droghe non esistono come non esiste la democrazia; entrambe sovrastrutture socio-culturali del moralismo borghese.
Non vedo alcun nesso tra anti-proibizionismo e lotta di classe. Sarà un limite mio.
Citazione dal “Lato cattivo”: Religione, «oppio dei popoli»? Sì, ma
senza dimenticare che l’oppio è diventato a sua volta una religione. Tra il
conforto della preghiera e tutte le altre «sostanze» più o meno legali con cui si
drogano i proletari, la frontiera tra il meglio e il peggio è più che mai incerta.
Segnalo un documento interessante su ISIS, imperialismo e disfattismo rivoluzionario nel nostro tempo: https://dl.dropboxusercontent.com/u/12909575/ILC%20-%20Punk%20Islam%20%5Brev2%5D.pdf