Riflessioni sulla Conferenza di Organizzazione della CGIL
Di Bukaneros
Questa Conferenza di Organizzazione si presenta come un’iniziativa sbagliata, controproducente, un passaggio di cui nessuno, al di fuori del ristretto gruppo dirigente confederale, sentiva davvero la necessità.
Si è usato uno strumento e uno spazio istituzionale dell’organizzazione per proseguire lo scontro congressuale di appena un anno fa, dando anche all’esterno l’idea di una specie di guerra fredda interna alla Confederazione.
Infatti, anche se le motivazioni di questa convocazione fanno appello alla necessità di adeguare la struttura dell’organizzazione alla nuova fase storica, nel documento presentato dalla segreteria non si vede nessuna di queste “storiche” innovazioni.
Si ha piuttosto la netta sensazione che l’unico vero obiettivo che traspare chiaramente sia un obiettivo politico – la “NORMALIZZAZIONE” della vita interna della CGIL, con la definitiva NEUTRALIZZAZIONE dell’unica categoria che ancora manifesta un certo grado di vitalità critica, di pensiero costruttivo e di una fondamentale autonomia.
Inoltre, leggendo il documento, si ha la netta sensazione di una volontà di epurazione autoritaria a partire dal numero dei dirigenti ai direttivi e alla legittimazione decisionale del segretario generale di ogni singola categoria chiaramente in contrasto con i cosiddetti “cattivi” o per meglio dire con i più critici e quindi ai più ribelli, con il forte rischio di perdere anche quel minimo di democrazia all’interno della Confederazione.
Si denota inoltre nessuna seria riflessione circa la totale distanza attuale esistente tra la CGIL e la società italiana, il mondo dei giovani, del precariato di massa; nessuno sforzo per allargare la base democratica di partecipazione alle decisioni in favore degli iscritti. L’unica finalità politicamente leggibile di questa operazione è il completamento di quella che è stata la vera missione dell’era Camusso: neutralizzare e sterilizzare “l’anomalia” del sindacato metalmeccanico che pur, tra mille contraddizioni e limiti, sta cercando di non arrendersi, di non abdicare alla sua storia e al suo ruolo.
Susanna Camusso, in questi anni ha oscillato e sbandato su tutti i terreni più strategici; che si parlasse di contrattazione, di gruppo Fiat, di pensioni. Il gruppo dirigente della CGIL si è sempre mostrato debole o tentennante.
L’unica linea su cui davvero Susanna Camusso ha tenuto la barra dritta è stata questa: ELIMINARE il pluralismo, far tacere le voci di dissenso, spingere tutta l’organizzazione verso il baratro di una CISLIZZAZZIONE strisciante. Perché così è stata governata questa organizzazione in questi anni: ricordiamo i tanti voti di fiducia imposti ai direttivi nazionali più cruciali, l’accordo del 28 giugno, quello del 10 gennaio e adesso il tentativo di ricomporre definitivamente la “cosiddetta” unità sindacale con un nuovo pastrocchio sul regime della contrattazione.
Si tratta di passaggi in cui la crisi devastante di rappresentatività della CGIL è restata sullo sfondo, come un evento naturale e inevitabile: ogni risorsa, ogni intelligenza, ogni sforzo, è stato dedicato da Susanna Camusso, e dal suo gruppo dirigente, non al rilancio del sindacato, ma al tentativo di ridisegnarne la governance in senso accentrativo. Fino al tentativo, usando la Conferenza di Organizzazione, di imporre evidenti forzature sul piano statutario senza passare per il congresso – forzature che devono essere contrastate con decisone in ogni sede.
Questa conferenza di organizzazione chiude in qualche modo un ciclo, il più disastroso della storia centenaria di questa organizzazione; e si pone, questo evento, anche come simbolo di questa fase: quanto è costata, in termini di risorse dei lavoratori, questa kermesse? Sono stati raccolti tanti delegati e funzionari per ratificare scelte che sono già state fatte altrove.
Una finzione di democrazia, una finzione di dibattito, mentre fuori infuria la bufera e il peggior governo di destra (una destra decisa, destra economica, destra populistica, destra anti-operaia…insomma l’attuale politica di destra del Partito Democratico) ci sta mettendo all’angolo su tutti i terreni disponibili e lo sta facendo purtroppo ormai da diverso tempo.
La Cgil, vista da questa conferenza d’organizzazione, è una struttura autistica, rassegnata a diventare una specie di ente parastatale, un centro servizi, totalmente incapace di pensare a se stessa come guida di un processo di rinnovamento della società italiana.
In pochi anni si è passati dai fasti della concertazione alla rottamazione dei corpi intermedi; come sindacato siamo stati utili quando c’era da tenere bassi i salari e allungare l’età pensionabile; ci hanno dato un calcio nel sedere quando si sentivano abbastanza forti da fare a meno di noi.
È una stagione che si chiude, tutto accuratamente preparato dai nostri dirigenti nei mesi scorsi per arrivare ad un esisto scontato, è il triste segno conclusivo di questa stagione.
Di cosa si sarebbe dovuto invece discutere, durante la Conferenza?
1) Di come aprire davvero le Camere del Lavoro ai movimenti sociali, al precariato organizzato, alle tante lotte anche nel nostro territorio per il diritto alla casa, all’organizzazione dei migranti contro l’isolamento e l’odio che sempre più sono costretti a subire.
2) Di come organizzare i precari in una nuova stagione di sindacalizzazione di massa – a cominciare dal precariato che si è sviluppato, in questi anni, mentre noi spesso abbiamo girato la testa dall’altra parte, proprio dentro i perimetri del nostro insediamento sociale, dentro i cancelli delle nostre aziende.
Sicuramente sarebbe stato importante discutere di…
3) come affrontare la crisi organizzativa e finanziaria della Cgil, in particolare la condizione inedita e pericolosissima di intere categorie che ormai ricevono più risorse dalla bilateralità che dalle quote delega – e che nei prossimi anni saranno costretti a firmare di tutto, con una brusca ulteriore perdita di autonomia, perché chi dice no e non firma resta fuori dal gioco.
E ancora…
4) di come svincolare il potere contrattuale e lanciare una nuova stagione di in cui si possa andare a testa alta dai lavoratori, con rivendicazioni contrattuali, con piattaforme dignitose, finalmente libere dalle zavorre che ci hanno incatenato per vent’anni, ora più che mai visto che all’orizzonte spunta addirittura il forte rischio, dopo una chiarissima richiesta confindustriale, della fine del contratto nazionale di lavoro, dopo il colpo della triste fine dello statuto dei lavoratori.
Nel documento si parla anche della riconquista di un nuovo statuto dei lavoratori…la domanda mi viene spontanea, COME??? Come fare a riconquistare diritti e dignità nelle nostre aziende visto che la stessa dirigenza nazionale cigilellina, allineata purtroppo da tempo con gli altri sindacaticchi, ha definitivamente tolto dal proprio dizionario sindacale scioperi generali e unità conflittuale? Come pensa di proporre ai lavoratori di riconquistare un obiettivo così nobile e allo stesso tempo così difficile!??! Se ai lavoratori non siamo in grado di dare risposte certe e credibili, rischiamo per l’ennesima volta di dircele e cantarcele solo tra noi.
5) Era necessario discutere di come chiudere definitivamente la stagione del collateralismo verso quel certo partito (innominabile) – che adesso in CGIL fanno tutti finta di non conoscere, ma a cui fino al 2013 abbiamo fatto campagna elettorale dentro le nostre sedi! – coi risultati che ben conosciamo.
Ma soprattutto, questione delle questioni…
6) avremmo dovuto discutere di come spalancare le stanze di questo sindacato al coinvolgimento dei lavoratori, alla riappropriazione della CGIL da parte dei nostri iscritti per una vera partecipazione decisionale operaia, lavoratrice e popolare di questo sindacato e delle sue strutture – perché oggi purtroppo è evidente che sempre meno persone avvertono la CGIL come elemento indispensabile di tutela ed emancipazione della propria condizione lavorativa e sociale.