IMPARARE DALLA LEZIONE DELLA OMSA: PER UNA LOTTA DURA E SENZA COMPROMESSI CONTRO I PADRONI DELLA CISA
La multinazionale proprietaria della CISA, azienda produttrice di serrature del faentino, ha annunciato la bellezza di 238 esuberi su 524 lavoratori.
Tuttavia, l’impatto sull’occupazione, già altissimo, potrebbe ulteriormente peggiorare se si considerano le piccole aziende fornitrici e appaltatrici. Un colpo durissimo per un territorio già messo a dura prova dalla chiusura di importanti realtà industriali, con 1700 posti di lavoro bruciati dal 2008 ad oggi nel settore manifatturiero, tra cui quelli della Omsa.
La storia si ripete: l’azienda produce utili, ma si sceglie di delocalizzare, in modo da massimizzare i profitti, che ai padroni non bastano mai.
I lavoratori sono entrati in stato di agitazione, insieme ai sindacati, e la vertenza è finita sul tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico. Il presidente della regione Bonaccini promette di interessarsi alla vicenda affermando che “si tratta di capire cosa vuole fare l’azienda” e dichiarandosi disponibile a sostenere la “riconversione” proposta dalla dirigenza (cioè a dare soldi pubblici al padrone purché resti a produrre qui, bontà sua) oppure, in caso di delocalizzazione, di “essere al fianco del lavoratori” (come? Come con l’electrolux e la Titan, con perdita di posti di lavoro e peggioramento del contratto?).
È a questo punto che occorre smascherare da subito le vere intenzioni degli attori che prendono parte a questo dramma, che ovviamente è tale solo per i lavoratori. E per farlo occorre imparare dagli errori commessi nelle altre vertenze del territorio, che si sono concluse con la sconfitta dei lavoratori.
Il copione è sempre lo stesso: sfruttando il momento di crisi e di debolezza del fronte operaio, il padrone chiede 100, i lavoratori protestano, si giunge ai tavoli istituzionali, dove poteri forti, burocrazie sindacali e padroni si mettono d’accordo per 50. E la soluzione viene presentata anche come una grande vittoria! Certo una vittoria del padrone, che si mette in tasca 50 senza difficoltà. E chi paga? I lavoratori, ovvio.
L’unico strumento veramente efficace per preservare il posto di lavoro si chiama LOTTA ed è nelle esclusive mani dei lavoratori. Il posto di lavoro si difende solo lottando uniti e senza tentennamenti contro il piano proposto dall’azienda e i successivi accordi al ribasso che verranno proposti in sedi istituzionali e che verranno accettati passivamente dalle burocrazie sindacali.
Impariamo dalle altre vertenze! I lavoratori devono unirsi e organizzarsi per resistere un minuto più del padrone, ricorrendo anche all’occupazione dello stabilimento. Non ci sono altre strade, o si lotta o si viene venduti!
Noi del Partito Comunista dei Lavoratori siamo a fianco di tutti i lavoratori della Cisa e delle altre aziende che rischiano il posto di lavoro. Saremo presenti alla manifestazione del 4 luglio per rivendicare la centralità dei lavoratori stessi nella vertenza.
UNIRE TUTTE LE LOTTE!
CREARE UNA CASSA DI RESISTENZA PER UN SOSTEGNO CONCRETO E DURATURO AI LAVORATORI IN AGITAZIONE!
OCCUPAZIONE DEGLI STABILIMENTI A RISCHIO CHIUSURA ED ESPROPRIO SENZA INDENNIZZO SOTTO IL CONTROLLO OPERAIO!
SE UN’AZIENDA RICEVE SOLDI PUBBLICI, PUBBLICA DEVE ESSERE LA SUA PROPRIETÀ!