Di Falaghiste
Sta passando, anzi è già passata, l’idea che la burocrazia sia un organismo prettamente tecnico e che una burocrazia dello Stato farraginosa e inefficiente sia dovuta al clientelismo e all’incapacità dei politici da cui dipende.
Ma la burocrazia dipende dalla politica solo per l’aspetto legislativo e non per gli spazi che intercorrono fra la legislazione “parlata” e quella applicata.
Questi spazi grigi che molti pensano siano densi di ottusità e vagabonderia (nel senso travisato ma in uso del termine) sono i luoghi dove risiede una parte del potere politico.
Nel senso che uno Stato in quanto tale non può fare a meno degli impiegati; e non tanto per la l’anagrafe o per il fisco (anche di quelli comunque), ma soprattutto per il loro potere intrinseco di rallentare o accelerare i processi di allocazione delle risorse e per il patrimonio di informazioni che gestiscono.
L’informazione è potere.
Naturalmente qui si allude ai burocrati di alto e medio livello e non all’impiegatuzzo d’anagrafe di periferia.
Tuttavia anche l’ “impiegatuzzo” di basso livello, che è la parte più presa di mira in quanto a contatto con il pubblico, può intessere una serie di relazioni convenienti.
Nel senso che, se un impiegato di banca vende denaro, la burocrazia per conto dello Stato vende attestati all’esistenza, senza i quali la “non vita” è molto dura, se non impossibile per tutti.
E non è forse un potere politico quello che interviene continuamente nella vita di ognuno di noi?
Non è forse potere politico allungare, insabbiare, confondere, rilasciare una qualsiasi autorizzazione, ovvero applicare un nuovo protocollo (con tanto di relativi moduli) per realizzare le continue modifiche procedurali dettate dalle Istituzioni esecutive locali, regionali e nazionali? Proviamo a pensare cosa comporta, per esempio per i conti pubblici, l’allungamento dei tempi di rimborso del fisco ai contribuenti.
Per dirla in parole povere: “Conoscere uno che lavora in Comune può sempre far comodo.”
In un mondo dove la centralità sta diventando il controllo, in quanto la prevenzione soggiace alle priorità economiche, la burocrazia sarà sempre più necessaria per il dominio della borghesia. Certo, non una burocrazia così numerosa e diffusa, ma comunque un apparato burocratico sottomesso, disciplinato, organico allo Stato borghese.
Forse stiamo assistendo ad una trasformazione del carattere profondo della burocrazia insieme alla trasformazione dello stato liberale in qualcosa d’altro, dai contorni ancora indefiniti ma certamente inquietanti.
Mentre quella parte della burocrazia che identifichiamo nel ramo impiegatizio dello Stato viene percepita come costosa e quasi inutile, accanto ad essa si sta formando impercettibilmente una nuova burocrazia che è quella di un ceto politico che per essere eletto deve dimostrare di saper gestire l’economia.
E siccome l’economia, nel contesto della “fine delle ideologie”, è ritenuta una scienza esatta più o meno come la logica e la matematica, il politico non è più colui che rappresenta un’idea di civiltà, ma appunto un tecnico dello Stato; un funzionario-burocrate a pieno titolo , per di più “autenticato” dal mandato popolare.
Comunque sia!
Per quelli che stanno nei piani bassi della scala sociale, la burocrazia continuerà ad essere un’idra mostruosa e persecutoria in quanto sostanza organica del sistema oppressivo dello Stato borghese.
Chi pensa che l’informatizzazione degli enti pubblici avvicini il cittadino comune ai meandri delle procedure burocratiche si sarebbe dovuto ricredere da un pezzo, constatando che quasi nulla è cambiato dall’inizio dell’informatizzazione della funzione pubblica.
E questo per una ragione molto semplice: che ancora siamo lungi da concepire e realizzare una macchina in grado di raggirare l’intelligenza umana. Il mondo di “Io robot”immaginato da Isaac Asimov (uno dei padri della fantascienza) appartiene ancora al regno dell’impossibile.
Si può fare a meno della burocrazia?
Occorre tener conto conto che la stragrande maggioranza delle procedure burocratiche riguarda lo scambio di merci e servizi monetizzati: compravendita di immobili, commercio, fiscalità, salari e stipendi, contratti di lavoro, previdenza e sanità, investimenti (azioni, titoli e prodotti finanziari), mutui, assicurazioni, prestiti, catasto, testamenti, bollette, patenti ecc.
Quindi, la burocrazia non solo “autentica” l’esistenza in vita di ogni individuo ma lo autorizza al godimento della proprietà privata, senza la quale è un emarginato, un morto che cammina.
Soltanto con l’abolizione della proprietà privata potrà naturalmente estinguersi la burocrazia, nel senso che risulterà del tutto inutile.
Quando l’identità di ognuno sarà socialmente riconosciuta per i rapporti di collaborazione che saprà intessere con il prossimo (alla pari, senza subalternità di sorta) e non per ciò che possiede, le funzioni burocratiche necessarie saranno estremamente ridotte, semplificate e gestibili dai cittadini medesimi.
Una società del genere, senza sfruttati né sfruttatori e senza burocrazia, noi la chiamiamo comunista.