A seguito delle contestazioni avvenute a Milano il 25 Aprile contro lo spezzone della Brigata Ebraica, come PCL ci sentiamo il dovere di fare alcune precisazioni, prima di ri-pubblicare l’articolo di Contropiano, puntuale ed esaustivo, sull’origine sionista della brigata ebraica.
Come Partito Comunista dei Lavoratori, in qualità di trotskisti e antistalinisti, siamo sempre stati contro le facili e mediocri contrapposizioni che si generano ultimamente ogni qual volta si parla di “questione palestinese”. Necessario è tornare molti anni addietro per fare chiarezza.
Nel 1939 si costituisce la sezione palestinese della Quarta Internazionale: per primi, e da soli contro tutte le fazioni contrapposte (e contro anche il Komintern oramai stalinizzato), rivendicammo uno stato unico laico e socialista che accogliesse, con pari dignità, palestinesi ed ebrei immigrati. Ma tutto ciò doveva nascere all’interno di una rivoluzione araba internazionale, che coinvolgesse tutte le nazioni del medio oriente in quel periodo in fermento contro l’imperialismo occidentale. Questo perché il comunismo in un solo paese non può esistere e la storia ne ha dimostrato tutte le sue deformazioni.
Purtroppo però il “naturale anticapitalismo e anticolonialismo” delle masse (senza distinzione di sorta tra ebrei, mussulmani e cristiani) è stato incanalato in un sentimento viscerale nazionalista. Anche il boicottaggio dei prodotti sionisti attuati da Egitto, Libia, Libano (in risposta a quello dei sionisti nei confronti dei prodotti arabi), non aiutarono minimamente le masse palestinesi, ma solo la classe dirigente araba che possedeva ancora un carattere prettamente feudale. Le famiglie di effendi, che esprimevano tutti i partiti palestinesi escluso quello comunista, fecero loro la voce di protesta delle masse utilizzandola per i propri interessi familistici .
Il 14 maggio 1948 nasce così lo Stato di Israele.
Non ci stancheremo mai, da marxisti rivoluzionari, di contrastare la risoluzione decisa a livello internazionale dalle potenze imperialiste la soluzione “due popoli due stati”, sostenendo che l’unica soluzione alla guerra, al conflitto ed alla pulizia etnica dei palestinesi è la realizzazione di un unico Stato Socialista e Laico, all’interno di un medio oriente socialista, libero dai colonialismi e dal feudalesimo confessionale dei governi amici dell’occidente. Lo Stato di Israele a fine ‘800 era un sogno visionario di qualche intellettuale, ricco sionista.
Nel 1948 era già una realtà e l’imperialismo, come la doppiezza delle potenze occidentale a braccetto con gli errori della dirigenza sovietica, ha portato adesso ad avere due popolazioni: una disarmata, segregata e bombardata da un altro Stato confessionale, quello di Israele, dove i cittadini arabi sono uomini e donne di serie B. Pertanto è possibile costruire un’altra società.
Riaffermiamo che non c’è peggior antisemitismo del sionismo, proprio dovuto al fatto che qualunque nazionalismo (confessionale o no) genera un opposto odio nazionale.
Contro ogni sciovinismo, contro ogni patriottismo, contro ogni guerra imperialista alziamo la Bandiera Rossa della Rivoluzione Mondiale.
La Brigata sionista non ha nulla a che fare con il contributo che cittadini italiani ebrei hanno dato alla Resistenza, aderendo sopratutto alle formazioni partigiane Giustizia e Libertà e Garibaldi. Questo contributo ci fu, e fu molto significativo, sia in termini numerici, oltre 1.000 ebrei ebbero il certificato di partigiano combattente, cento i caduti (numeri elevati se si pensa che erano solo 43.000 i cittadini di razza ebraica censiti nel ‘43 dal regime fascista) sia per il ruolo di primo piano che essi ebbero a livello del CLN. Si pensi a figure come Leo Valiani, Emilio Sereni, Umberto Terracini. Si pensi ai sette ebrei italiani decorati di medaglia d’oro al valor militare, Eugenio Calò, Eugenio Colorni, Eugenio Curiel, Sergio Forti, Mario Jacchia, Rita Rosani e Ildebrando Vivanti [3]; si pensi a Leone Ginzburg.
La Brigata sionista ha tutt’altra genesi e la sua narrazione emerge solo di recente, dal 2004 in poi, quando rappresentanti della Brigata con le loro bandiere iniziano a partecipare alle manifestazioni del 25 aprile in Italia e vengono promosse tutta una serie di iniziative volte a celebrare il loro ruolo. L’obiettivo sembra essere quello di sostituire la narrazione reale, che ci riguarda direttamente molto meno gradita, evidentemente, perché collocata
politicamente e non più in linea con le posizioni odierne delle comunità ebraiche italiane.
Un tentativo di occupazione della memoria della Resistenza italiana. La Brigata sionista non comprendeva ebrei italiani, essendosi costituita nella Palestina del mandato britannico. Ne facevano parte ebrei provenienti dalla Palestina storica che sarebbe poi diventata l’attuale Israele e di ebrei provenienti da altri paesi del Commonwealth britannico, Canada, Australia, Sud Africa e di ebrei di origine polacca e russa. Era composta da tre battaglioni di fanteria, da un reggimento di artiglieria, uno di genieri e da altre unità ausiliari per un totale di 5.500 unità.
Il corpo venne istituito nel settembre del 1944 [4] dopo una lunga trattativa fra i rappresentanti del movimento sionista, l’Agenzia sionista e il governo britannico, presieduto dal 1940 da Winston Churchill, governo inizialmente non favorevole alla costituzione di una unità militare esclusivamente ebraica. Fu ufficialmente chiamata Jewish Infantry Brigade Group.
Dopo un periodo di addestramento in Egitto e Cirenaica, il 31 ottobre 1944 la Brigata sionista fu imbarcata su due navi nel porto di Alessandria d’Egitto e trasferita in Italia al porto di Taranto. L’esercito inglese non volle che soldati ebrei provenienti dai territori del Mandato britannico in Palestina occupassero posizioni di rilievo nella Brigata, ma l’Haganah, gruppo paramilitare sionista organizzatosi negli anni ’20 in Palestina, creò all’interno della Brigata una sua struttura segreta di comando, che venne alla luce solo a guerra finita [5]. Nei due mesi successivi la Brigata continuò il suo addestramento in Irpinia per essere poi inquadrata, il 26 febbraio del ’45, nell’VIII Corpo d’Armata Britannico.
Il 1° marzo 1945 la Brigata fu schierata sulla linea del fronte nei pressi di Alfonsine in Romagna e combatté con le proprie insegne a fianco di unità italiane, la divisione Friuli del Corpo italiano di Liberazione, e della 3a divisione del Corpo di Armata Polacco. Partecipò a numerose operazioni militari a Riolo Terme, Imola, Ravenna. I 42 caduti riposano nel cimitero di Piangipane (RA). Per motivi di opportunità politica venne posta a riposo presso Brisighella, mentre la Brigata Maiella, il Gruppo Friuli e il Corpo polacco entravano a Bologna il 21 aprile del 45. L’apporto della Brigata sionista alla lotta di liberazione fu limitato al periodo che va dal 3 marzo ‘45 al 21 aprile del ‘45.
La storia della Brigata sionista non termina nell’aprile del ‘45. Il 2 maggio la Brigata venne dislocata nella zona di Tarvisio, dove si dedicò a due attività: il sostegno alla emigrazione clandestina di ebrei verso la Palestina e, secondo alcuni articoli di giornali locali, tratti da libri di storia della brigata pubblicati negli ultimi anni [6], l’operazione denominata NAKAM, Vendetta, la ricerca di criminali nazisti nascosti in Carinzia, prelevati e uccisi
sommariamente nei boschi del Tarvisano. L’operazione fu realizzata attraverso la costituzione, in seno alla Brigata, di cellule di 8-10 persone che agivano indipendentemente l’una dall’altra in tutta la Carinzia, fino al Tirolo orientale e anche a Vienna. Secondo la testimonianza resa nel 2009 da uno degli ultimi protagonisti, Chaim Miller, ebreo viennese, residente in Israele, in visita in Carinzia e nell’alto Friuli: “Ricevevamo indicazioni sulla presenza di ex nazisti dai partigiani iugoslavi. Di giorno facevamo sopraluoghi per localizzare le persone. La nostra uniforme britannica, distinta soltanto dalla stella di David su una manica, ci permetteva di attraversare il confine e di muoverci liberamente. La cattura delle persone avveniva però all’imbrunire. Bussavamo alla porta presentandoci come polizia militare. Invitavamo le persone ricercate a seguirci al comando per essere interrogate, ma anziché al comando le portavamo in Italia dove potevamo agire senza problemi. Raggiungevamo una baita in un bosco tra Tarvisio e Malborghetto, dove la persona fermata veniva interrogata da altri componenti della cellula. Se le accuse
trovavano conferma lo si fucilava sul posto, seppellendolo in una fossa che prima lo avevamo costretto a scavare” [7].
Il giornalista americano Howard Blum, corrispondente del New York Times e di Vanity Fair e vincitore di due premi Pulitzer, nel 2001 scrive un libro sulla Brigata ebraica e su questi eventi [8] e sostiene che una quarantina di uomini della Brigata abbiano preso parte a queste missioni uccidendo, in meno di 4 mesi, 125 tedeschi. I calcoli dei veterani fanno oscillare le esecuzioni fra 50 e 2009. In realtà l’Operazione Vendetta proseguì nella Germania occupata e in altri territori dell’Europa postbellica portando secondo stime alla eliminazione di 1.500 nazisti.
Per il sostegno dato ai numerosi profughi ebrei che dall’Europa centrale si dirigevano o transitavano dall’Italia per raggiungere la Palestina, la Brigata venne in contrasto con i comandi britannici che cercavano di evitare questa attività di supporto all’immigrazione clandestina. Per questo motivo, nella seconda metà dell’estate del ’45, la Brigata fu trasferita in Belgio e in Olanda dove rimase per circa un anno.
Nel luglio del 1946 a causa della tensione crescente in Palestina e del ruolo svolto dalla Brigata, il governo britannico decise di procedere al suo disarmo, alla sua smobilitazione e al rimpatrio degli ebrei nei loro paesi d’origine. Molti dei 5.500 soldati della Brigata sionista provenivano dall’Haganah [10], altri vi aderirono al rientro in Palestina. L’Haganah, nel 1947-1948, insieme all’Irgun e alla banda Stern, fu protagonista della pulizia etnica della
Palestina. Il 29 maggio 1948 a due settimane dalla proclamazione dello Stato di Israele, l’Haganah si trasformerà nelle Forze armate dello Stato di Israele, Tsahal o anche IDF. E trentacinque membri della Brigata sionista diventarono generali di Tsahal.
La Brigata sionista e il 25 aprile del 2004, “una giornata memorabile”
“Il 25 aprile 2004 è una giornata che noi soci ADI stenteremo a dimenticare. Da anni eravamo stanchi di partecipare (come singoli individui) ai festeggiamenti della Liberazione circondati da bandiere palestinesi. Due anni fa poi, il nostro Segretario Generale Davide Romano lanciò l’idea, subito accolta, di partecipare come ADI alla manifestazione del 25 aprile sotto le insegne della Brigata Ebraica.
Solo l’anno scorso però riuscimmo ad avere i fondi (sic!) per comprare uno striscione degno di tale nome; ed i primi risultati di visibilità, oltre che di dibattito storico, si iniziarono ad intravedere.
Per noi Amici d’Israele era importante qualificarci in maniera diversa: in primo luogo per ricordare gli eroi della Brigata Ebraica ma anche, ed è inutile nasconderlo, per non farci annoverare tra la massa dei manifestanti antiamericani o antisraeliani (o filoarafat, e quindi contro una democrazia palestinese)… Il successo della manifestazione, per il quale dobbiamo ringraziare tutti i partecipanti, è stato però più rilevante dal punto di vista culturale che dal lato delle presenze…Dal lato culturale infatti, siamo riusciti come ADI – in soli 2 anni – ad imporre all’attenzione dei mass-media e del dibattito culturale la questione (della Brigata) Ebraica. Non solo: se vi soffermate sulla scritta riportata sullo striscione potrete notare la scritta: “Brigata Ebraica. Anche loro, 5.000 sionisti, liberarono l’Italia”.
L’utilizzo del termine “sionisti” è stato scelto con cura. Con tale messaggio infatti, abbiamo già voluto introdurre la prossima battaglia culturale: quella dello “sdoganamento” del sionismo. Crediamo infatti importante, nei prossimi anni, spiegare agli italiani che il sionismo è un ideale alto, nobile e giusto, al contrario di quanto sostengono le forze politiche di estrema destra e di estrema sinistra – oltre che diversi intellettuali – che lo riducono ad un movimento “colonialista” o “razzista”…Finché infatti il termine sionismo non tornerà ad avere diritto di piena cittadinanza nel dibattito politico e culturale, riteniamo che l’esistenza di Israele – che su esso si fonda – sarà sempre messa in discussione e delegittimata.
ADI – Associazione Amici d’Israele Onlus”
Immancabile il coro dei media più importanti, sul Corsera [11] del 26 aprile, si poteva leggere:
MILANO – «Contro il nefando nemico torna finalmente lo spirito dei Maccabei. I nostri chayalim (soldati, ndr) compongono l’ esercito di un popolo disarmato, non imperialista, nazionale ma non sciovinista: l’esercito più democratico del mondo». Così scriveva, in una lettera ingiallita e ora custodita dai familiari, Yacob Levin, arruolato a Napoli nel ’44 come traduttore e medico, nella Brigata Ebraica, e poi rinchiuso nel campo di internamento di Ferramonti di Tarsia. L’«esercito più democratico del mondo», composto da cinquemila ebrei sionisti che si arruolarono da volontari con gli inglesi e combatterono in Italia contro l’esercito tedesco. I superstiti di quella pagina rimossa della storia sono pochissimi, quasi tutti in Israele. La Comunità ebraica di Milano ha deciso di ricordarli nel giorno della Liberazione e così ieri, tra tricolori, bandiere arcobaleno, vessilli palestinesi e iracheni, ha sfilato, per la prima volta in un 25 Aprile, anche la «Brigata Ebraica». Una scelta che è un modo per riappropriarsi del passato ma anche per difendersi da quella che il portavoce della Comunità, Yasha Reibman, considera «un’intollerabile commistione. Che ci stanno a fare quelle bandiere palestinesi, irachene, cubane? Proprio loro, cosa c’ entrano con la libertà?
L’associazione tra partigiani e terrorismo è pericolosa e rischia di legittimare l’equazione Israele uguale nazismo, che uccide la memoria di quanti hanno combattuto per la nostra libertà e falsifica la storia». Qualcuno grida «Ringraziate Sharon». Replica Reibman: «Magari ci fossero stati Sharon e Israele, allora»… Da Israele, ora, Giacomo Foà sente l’ eco delle polemiche. E non capisce: «E’ tutta una confusione. Cosa c’entra l’ Iraq? Cosa c’entrano i palestinesi? La Resistenza, i partigiani, la Liberazione erano un’altra storia. Non si può fare un parallelo, è assurdo».
Non è mancata qualche voce critica: il 25 aprile del 2009 Gad Lerner scriveva: “Voglio esprimere in anticipo il mio disagio per l’uso e l’abuso politico dello striscione della Brigata sionista. Il primo a dichiarare che marcerà dietro a tale striscione è stato Guido Podestà, eurodeputato e candidato del PdL della provincia di Milano. A seguire altri esponenti del centrodestra. Si tratta di un abuso e di una invadenza postumi di cui gli ebrei per primi dovrebbero sentire la bassezza. Si vuole piegare quel simbolo a una parte politica e contrapporlo alla presenza altrui” [12].
Ma immediatamente ne fa ammenda: “Mi sono sbagliato, per fortuna, Esausto ma contento, torno ora da una manifestazione del 25 aprile enorme e serena, turbata solo da qualche prevedibile ma sciocca contestazione a Formigoni. Sono lieto di essermi sbagliato, e voglio scriverlo subito. La Brigata Ebraica ha ricevuto i saluti rispettosi di tutte le componenti politiche, compreso Ferrero di Rifondazione. Dietro alle bandiere israeliane e americane ho incontrato il candidato Pdl alla provincia, Guido Podestà. Gli ho stretto la mano. Le strumentalizzazioni che temevo non sono avvenute. Resta la mia impressione di un uso strumentale di quella presenza ebraica nel corteo, meno male che nessuno è caduto nella trappola.
La Brigata sionista e il Brand Israel
L’operazione condotta dalla Comunità ebraica di Milano, seguita successivamente dalle altre comunità, è uno dei tanti modi con i quali si vuole stravolgere la storia, è una delle tante iniziative con le quali si vuole sdoganare il sionismo e imporne una visione positiva e salvifica. Una ulteriore operazione di memoricidio dei palestinesi. Una operazione che nulla ha a che fare con la Resistenza italiana contro il fascismo e il nazismo, una operazione che costituisce un vulnus alla coscienza civile e democratica del paese.
Una anticipazione del progetto del Brand Israel, basato sulla menzogna e sulla manipolazione delle menti. A pochi mesi dall’operazione Margine Protettivo, dell’ulteriore massacro nella Striscia di Gaza, le bandiere del colonialismo di insediamento sionista non dovrebbero essere presenti nelle manifestazioni del 25 aprile. Quelle stesse forze di polizia, protagoniste a Genova nel 2001, saranno pronte a proteggerle.
Ma verrà il tempo in cui i responsabili dei crimini contro l’umanità che hanno accompagnato il conflitto israelo-palestinese e altri conflitti in questo passaggio d’epoca, saranno chiamati a rispondere davanti ai tribunali degli uomini o della storia, accompagnati dai loro complici e da quanti in Occidente hanno scelto il silenzio, la viltà e l’opportunismo.
Note:
[1] A. d’Orsi, La rimozione nascosta della memoria, “il Manifesto”, 10 aprile 2015.
[2] P. Bevilacqua, Il 25 aprile con i palestinesi , “il Manifesto”, 14 aprile 2015.
[3] M. Sarfatti, Ebrei e partigiani. Una storia da scrivere, “L’Unità”, 13 gennaio 2008.
[4] Il contributo della Brigata ebraica nella campagna d’Italia, 1943-1945,http://www.museofelonica.it/doc/stampa/Sermidiana/feb08.pdf.
[5] J. Paraszczuk, ‘We proved to the world that we can fight’, The Jerusalem Post, December 3, 2010,
http://www.jpost.com/Local-Israel/Tel-Aviv-And-Center/We-proved-to-the-world-that-we-can-fight.
[6] M. Di Blas, Operazione Vendetta: nei boschi di Tarvisio criminali nazisti giustiziati dalla Brigata ebraica, “Il Giornale del Friuli”, 30.5.2009; M. Di Blas, Operazione vendetta nei boschi di Tarvisio, “Il Messaggero Veneto”, 30.5. 2009; A. Cesare, Fare chiarezza su quelle esecuzioni, “il Messaggero veneto”, 31.5.2009
[7] M. Di Blas, cit., “Il Giornale del Friuli”, 30.5.2009.
[8] H. Blum, La Brigata. Una storia di guerra, di vendetta e di redenzione, Net 2005, tradotto da: The Brigade: An Epic Story of Vengeance, Salvation, and World War II, (2001) New York: HarperCollins, [9] G. Di Feo, La Brigata ebraica che continuò la guerra mondiale, “Corriere della sera”, 27 aprile 2000,http://archiviostorico.corriere.it/2000/aprile/27/Brigata_ebraica_che_continuo_guerra_co_0_000427313.shtml.
[10] L’Haganah è stata una formazione paramilitare sionista costituita negli anni Venti a difesa dei coloni ebrei. Nel 1936 l’Haganah mise in campo 10.000 uomini pronti alla mobilitazione, a fronte di 40.000 riservisti. Durante la Grande Rivolta Araba del 1936-1939, partecipò attivamente alla protezione degli interessi ebraici e alla repressione degli insorti arabi, http://it.wikipedia.org/wiki/Haganah.
[11 A. Trocino, VENTICINQUE APRILE IL RUOLO DEGLI EBREI – «Quest’ anno anche noi». Sfila la Brigata ebraica”, “Corriere della sera”, 26 4.2004http://archiviostorico.corriere.it/2004/aprile/26/Quest_anno_anche_noi_Sfila_co_9_040426017.shtml.
[12] Gli abusatori della Brigata Ebraica di Gad Lerner, sabato, 25 aprile 2009, http://www.gadlerner.it/2009/04/25/gli-abusatori-della-brigata-ebraica Bibliografia:
Romano Rossi, La Brigata Ebraica. Fronte del Senio 1945, Imola, Corso Bacchilega, 2005.
Howard Blum, La Brigata. Una storia di guerra, di vendetta e di redenzione, Net (collana storica), 2005.
F.Bonaiuri, V.Maugeri, La Brigata Ebraica in Emilia-Romagna, De Luca Editori d’Arte, 2005.