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ELECTROLUX: UNA LOTTA OPERAIA SVENDUTA DALLA BUROCRAZIA SINDACALE

di Giacomo Turci

L’Electrolux è la seconda azienda più grande del mondo (dopo la Whirpool) nel campo degli elettrodomestici: colosso multinazionale svedese, ha 22 stabilimenti in Europa, circa 13 miliardi di euro di fatturato annuo e circa 60.000 dipendenti. Di questi, diverse migliaia si trovano in Italia nei 5 stabilimenti di Solaro, Pordenone, Porcia, Susegana, Forlì.

All’inizio del 2013, nonostante il quadro generale di espansione dell’azienda, con migliaia di assunzioni fra 2001 e 2012, l’Electrolux ha messo seriamente in questione la produzione negli stabilimenti italiani, prospettando una forte riduzione della sua presenza, in particolare a Porcia, Susegana e Solaro. L’intenzione era quella di delocalizzare altrove, perlopiù in Polonia e in Ungheria. Electrolux decise di avviare un’analisi per singola linea di prodotto, arrivando alla conclusione che le sue produzioni italiane non erano competitivecon le stesse produzioni realizzate nell’Europa orientale; da ciò ricavava un piano di tagli che prevedeva la riduzione del personale impiegatizio (200) e dei rami di ricerca e struttura commerciale, il trasferimento di parte della produzione delle lavastoviglie fatte a Solaro e dei frigoriferi fatti a Susegana. Ciò significava il licenziamento di 461 tra operai e impiegati oltre a 1.100 lavoratori con contratto di solidarietà. I numeri dell’offensiva 2013 erano la conseguenza logica degli attacchi in corso dal 2010 che avevano sempre al centro diminuzioni del salario, esuberi e disinvestimento.
All’inizio del 2014 si arrivò addirittura ad ipotizzare tagli del 20% del salario. Quando, a febbraio, dopo che i sindacati non si erano opposti alla diminuzione della produzione, si presentarono i camion per portarsi via i macchinari, partì una lotta operaia, con picchetti e blocco delle merci in uscita. A Forlì, in particolare, gli operai si organizzarono per scioperare immediatamente e presidiarono la fabbrica per due mesi. La burocrazia della FIOM, sindacato egemone nello stabilimento, fece da subito di tutto per prendere il controllo della lotta e neutralizzarla in vista dell’accordo con i padroni;accordo che arrivò, votato dalla maggioranza dei dipendenti su pressione dei sindacati, che prevedeva: la riduzione del 50% della pausa aggiuntiva nello stabilimento di Porcia avuta in un precedente accordo sulla massimazione dei ritmi; la riduzione di oltre 60% dei permessi sindacali; aumenti dei ritmigià definiti dall’azienda già portati al limite in questi ultimi anni, per gli stabilimenti di Forlì e Solaro in particolare di un 15% circa per alcuni reparti – aumenti che permettono di poter avere la stessa produzione di 8 ore nelle 6 ore di lavoro previste dall’incentivo dell’accordo. Sì, perché venivano ritirati i licenziamenti a fronte della possibilità di mettere sotto contratto di solidarietà gli operai. Tutto questo senza nemmeno la contropartita di un vero piano industriale, visto che l’accordo durerà fino al 2017 e nulla è stato detto di ciò che dovrà succedere dopo.
La cosa grave è che, se da una parte i sindacati hanno gridato vittoria quando invece la sconfitta era palese (e non poteva essere altrimenti, quando la priorità è cercare un accordo che vada bene innazitutto ai padroni), l’intero arco delle forze politiche ha di fatto sostenuto l’accordo e l’attacco dei padroni contro gli operai: il presidio di Forlì si trasformò in una platea per comizi elettorali (erano in vista le comunali), specie per gli esponenti del PD, lo stesso partito che, da quando esiste, ha sempre fatto la politica degli industriali e dei banchieri, non certo dei lavoratori.
In quell’occasione emerse con chiarezza anche la vera natura del Movimento 5 Stelle di Grillo, che assunse subito la logica dei padroni lamentandosi dell’eccessivo costo del lavoro in Italia – insomma il profitto viene prima di tutto, dei diritti sindacali degli operai come del loro bisogno di vivere decentemente. La soluzione grillina dava risposte concrete: tagliare l’IRAP, cioè tagliare le tasse ai padroni! E agli operai? Arrangiatevi!

Non a caso, la Confindustria e il suo presidente Squinzi furono entusiasti dell’accordo e del comportamento dei sindacati confederali che, alla richiesta di straordinari il sabato, non si arrischiarono mai nemmeno di minacciaredi fare saltare il tavolo e di portare avanti la lotta, mentre si assicuravano di emarginare il sindacato di base CUB che, pur essendo il sindacato maggiormente rappresentativo all’interno della fabbrica di Solaro, sulla base degli accordi nazionali siglati fra Confindustria e CGIL-CISL-UIL e subito recepiti da Electrolux, non veniva riconosciuto come controparte dalla direzione della multinazionale. 

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