Monologo di un operaio esistente
Di partigiano stanziale
Tuttavia, il fatto che me la sia cavata decentemente senza far parte degli sfruttatori o aver desiderato di esserlo, che è quello che conta, e mai sia stato loro complice cosciente, mi ripaga ampiamente delle cose, che pur desiderandole, non mi sono potuto permettere.
So bene che questo non è solo merito mio, anzi mio merito è in minima parte; se lo credessi sarei di quelli che pensano alla vita come al frutto esclusivo di se stessi.
Io so che il mio passato, il mio presente e il mio futuro sono e saranno il prodotto del flusso inestricabile delle vite, passate presenti e future, di ogni essere vivente e anche, in qualche modo, delle cose naturali prive di coscienza ma più di noi in armonia con l’universo.
Questa certezza, che voglio mantenere salda e inviolata, spero mi aiuti ad accettare l’ignoto attimo supremo come parte anch’esso della vita e compimento del destino comune naturale.
Non so se sarò qualcosa… dopo. La ragione mi dice che non sarò nulla, se non vaganti atomi di materia ed energia; credo che sia arroganza pretendere un’altra vita e coloro che ne fanno commercio li disprezzo.
Ma, se sarò qualcosa, qualsiasi cosa, anche senza coscienza di essere quella cosa, vorrei esserlo insieme ai miei familiari, naturalmente, e a tutti quelli che non si sono mai piegati ai prepotenti, perché a loro devo ciò che orgogliosamente sono.