TE LA DIAMO NOI LA REGIONE EMILIA- ROMAGNA
OMBRELLONI E SOCIALISMO PADANO
di Michele Terra
E’ una grigia giornata del novembre 2012 quando alcune centinaia di “bagnini” – cioè gestori degli stabilimenti balneari – di mezza Italia si danno appuntamento a Bologna davanti alla sede della Regione per protestare contro la direttiva europea che intende mettere a bando le concessioni demaniali. I litorali non sono proprietà dei “bagnini”, i quali però si comportano come se lo fossero, pagando allo stato italiano concessioni ridicole. Non solo, la categoria non è particolarmente nota alle cronache per la facilità con cui emette scontrini fiscali o per la regolarità dei contratti applicati ai dipendenti; gli stessi “bagnini” brillano per la fantasia con la quale addobbano le spiagge con installazioni e costruzioni spesso al di fuori di ogni normativa. Ma eccoli a manifestare, bloccano il traffico, lanciano petardi e si scontrano con la polizia. Nel giro di pochi minuti vengono ricevuti da Errani che si dice d’accordo con le ragioni della protesta e si fa carico di portarne i contenuti nelle altre sedi istituzionali. Intanto il consiglio regionale vota all’unanimità (dal Pd a FI, da Sel al Prc, dai 5 Stelle all’Udc alla Lega) la solidarietà ai poveri “bagnini”.
Ecco spiegato con un esempio pratico la configurazione del regime consociativo emilianoromagnolo. Al “patto tra produttori” e all’Emilia rossa togliattiana che integrava ceti medi e classe operaia, si è sostituito nel corso degli ultimi decenni un regime egemonizzato dalla grande e media borghesia, alleata con la burocrazia post Pci e cooperativa, chiamata a gestire la concertazione con i sindacati complici Cgil-Cisl-Uil.
Il ventennio centrosinistro marchiato Errani (vent’anni e non quindici: Errani negli anni precedenti alla nomina a Presidente è stato prima sottosegretario e poi assessore), si è trovato quindi senza reali competitor politici. Il centro-destra non poteva, e forse nemmeno voleva, combattere realmente il centrosinistra, non solo per l’enorme divario elettorale, ma perché quest’ultimo era frutto di un accordo con le classi economiche dominanti che ben hanno accettato e accettano il governo regionale Pd e c., che garantisce affari e un altissimo livello di pace sociale. Tutto ovviamente a discapito di lavoratori salariati, precari, studenti, pensionati.
Come ad ogni principe illuminato, al momento della caduta ad Errani sono giunti complimenti, solidarietà ed applausi dall’intero arco politico, nonché dai tanti dirigenti e manger regionali che nel ventennio hanno trovato fortuna, fino ad arrivare ad una raccolta di firme – organizzata da alcuni alti dirigenti – fatta tra i dipendenti per ringraziare il presidente dimissionario.
Solo il rumore degli applausi e le lacrime di tutta la stampa locale, anche quella storicamente di destra ed oggi passata su sponde renziane come il Resto del Carlino, hanno potuto offuscare la realtà: le vicende processuali da cui si è giunti ad una condanna penale ad Errani nascono dal finanziamento illecito di un milione di euro di soldi pubblici ad un’azienda privata (una coop di cui era presidente il fratello del presidente stesso, ma ciò al fine politico della storia è un elemento secondario). Verrebbe da chiedersi come nell’ente comandato dal prode Errani venissero gestiti i danari: alla cazzo di cane o tramite clientele e favoritismi leciti o illeciti?
Perle ai porci: la classe politica regionale
Il malaffare emiliano ha fatto meno scalpore di quello lombardo, non c’erano le tette della Minetti da mettere in copertina o le raffinate citazioni culturali di Bossi Jr da riportare, ma non è stato da meno. Come dimenticare l’ex sindaco di Bologna Flavio Delbono (Pd, ex Margerita e uomo di fiducia di Romano Prodi), dimessosi dopo pochi mesi travolto dagli scandali, condannato perché quando rivestiva la carica di vice di Errani andava in vacanza con la fidanzata a spese della Regione? E Marco Monari, capogruppo Pd, che andava a spese del contribuente a cenare per 200 euro a coperto? E che dire quel consigliere piddino che si è fatto rimborsare pure l’euro e cinquanta del cesso pubblico? Pisciano a pagamento ma gli stronzi li fanno gratis?
Gli ultimi anni hanno visto buona parte della classe politica regionale dell’Emilia-Romagna finire stritolata dagli scandali dei propri privilegi: tutti i capigruppo del consiglio prima inquisiti e poi condannati dalla Corte dei Conti a restituire migliaia di euro di “rimborsi spese” che i consiglieri regionali si erano auto-attribuiti (anche i grillini dissidenti o meno ci hanno mangiato). Uno spettacolo indegno, tanto quanto la vergogna delle interviste a pagamento – pratica di tutti i partiti eletti in Regione – poi rimborsate con soldi pubblici come spese di rappresentanza e dichiarate illegittime dalla corte dei Conti.
Fa sorridere l’assenza di pudore con cui il Movimento 5 stelle, che pure aveva usufruito delle interviste, candidi nelle sue liste regionali uno dei sedicenti “giornalisti” a tariffa.
Il capogruppo Pdl-Fi per un certo periodo è stato sospeso dalla carica di consigliere perché ospite delle patrie galere, mentre un suo collega di partito è stato recentemente condannato penalmente per aver artatamente cambiato residenza da Bologna al comune montano più distante dal capoluogo per ottenere migliaia di euro di rimborsi chilometrici non dovuti.
Il bilancio politico di un ventennio
La cronaca degli scandali ha impedito un bilancio politico serio del ventennio errariano, bilancio che nessuna forza politica o sociale ha voluto o vuole fare, per complicità esplicita o implicita o per semplice convenienza. Ma il saldo per le classi subalterne è disastroso, solo un alto livello di partenza del sistema economico e sociale emiliano ne ha potuto in parte mitigare i nefasti effetti.
La sanità ha visto dalla fine degli anni ’90 tagli pesantissimi. Si sono chiusi interi reparti ospedalieri, ridotti i posti letto, chiusi servizi territoriali. Si è costruito un sistema di sanità integrata pubblico-privata dove il privato nei fatti esiste solo grazie ai finanziamenti pubblici e vive per ciò in un Bengodi capitalista dove i guadagni sono sicuri e il rischio di impresa non esiste. Recentemente, tra l’altro, il potentissimo assessore alla sanità è stato coinvolto in una vicenda di finanziamenti privilegiati ad una clinica privata rispetto ad un’altra che lo ha denunciato.
Gli stessi interventi di politica industriale sono stati fatti nella piena logica di salvaguardia padronale e dei relativi interessi finanziari. In questi anni di crisi il massimo dell’impegno della Regione è stato volto ad implementare i vari livelli di cassa integrazione, mentre nulla si è mosso per impedire chiusure e delocalizzazioni. I timidissimi progetti di legge che andavano in questo senso nemmeno sono giunti alla discussione in commissione. Si è preferito ricorrere al sostegno dei Consorzi Fidi delle imprese, salvaguardando l’aspetto finanziario piuttosto che quello produttivo.
Per non parlare delle dimenticanza in fatto di lotta alla disoccupazione e alla precarietà, che hanno raggiunto il proprio apice nel luglio scorso quando il consiglio regionale è riuscito a sbagliare una delle ultime leggi votate e a far saltare il rinnovo di due graduatorie concorsuali. Mentre gli assunti fuori concorso dalla struttura del Commissario per il terremoto vanno ad occupare i posti vacanti nell’organico degli uffici ordinari.
Sul terreno della scuola non si può dimenticare che nell’Emilia rossa e laica da anni, proprio grazie a leggi e bilanci regionali (votati anche da Sel e Prc), si innaffiano di soldi pubblici le scuole private di ogni ordine e grado.
La discontinuità invocata dal coro degli indigeni renziani non può essere realmente contemplata, se non per quel che può riguardare un parziale ricambio di facce, con l’ingresso di personaggi più legati al premier, come lo stesso Bonaccini, oggi nella segreteria nazionale del Pd, ma prima bersaniano e dal 2005 consigliere regionale e sostanzialmente caratterizzato dalla stessa brama di potere del premier.
Dal 2000 in poi la c.d. Sinistra radicale ha fatto parte della maggioranza e della giunta Errani, senza mai distinguersi, senza portare a casa nemmeno una legge o provvedimento di cui poter rivendicare la paternità. Al contrario, fu proprio l’assessore al commercio con tessera Prc a varare un regolamento per il sequestro della merce ai venditori ambulanti abusivi con verbale sommario, cioè senza l’elenco dei materiali sequestrati, con la motivazione – scritta – di poter così effettuare più sequestri. Lega docet.
L’Emilia-Romagna è stata la regione che ha visto i primi reali successi elettorali del Movimento 5 Stelle, ma se qualcuno a sinistra si aspettava da costoro una nuova stagione politica di opposizione si è dovuto disilludere. Il M5S ha qui pagato in tutta evidenza l’incapacità e l’improvvisazione del suo ceto politico, nonché le ambizioni del suo ex enfant prodige Giovanni Favia, prima consigliere a Bologna e poi in Regione. Al di là del famoso fuorionda colto dalla telecamere in cui denunciava il ruolo egemonico di Casaleggio, i fatti ci parlano di un’ambizione smisurata del personaggio- dalle dubbie capacità – che puntava decisamente alla candidatura a premier per i 5 Stelle.
L’esclusione del PCL
A settembre avevamo denunciato la truffa della nuova legge elettorale regionale votata in luglio. Una legge tagliata su misura dei grandi partiti e di quelli già presenti in consiglio regionale: tutte le liste presenti alla tornata elettorale regionale emiliana – nessuna esclusa – sono sostenute da partiti, gruppi e consiglieri uscenti e in cerca di riconferma. L’esclusione del Pcl è una conseguenza di una norma demenziale che prevede per presentarsi un numero di firme 4 volte superiore a quello per candidarsi alla Camera dei deputati, il tutto mantenendo i vari sbarramenti per l’elezione. Come se non bastasse la nuova normativa elettorale contiene tali e tanti “errori” da prevedere addirittura più candidati che seggi da assegnare. Una truffa votata da tutti i partiti – con una sola astensione – e addirittura con il consenso di Sel e Prc (sia tsiprani che neovendoliani).
Era difficile raggiungere l’obiettivo della nostra presentazione nel numero minimo di circoscrizioni, ma è stato giusto lanciare comunque la nostra campagna, per non lasciare il terreno istituzionale alle sole forze padronali. La nostra posizione di dichiarato astensionismo è quindi conseguente alla nostra linea di autonomia di classe, che non può essere confusa con estemporanei appoggi alla lista dell’Altra Emilia-Romagna, dal nome sembrerebbe una guida di agriturismi, promossa da Prc e Pdci, partiti fino a ieri al governo della Regione e oggi alla ricerca di nuove verginità politiche. Tra l’altro la candidata presidente di questa lista non potrà mai essere eletta in consiglio regionale poiché non candidata nella circoscrizione di Bologna, l’unica in cui potrebbe scattare un seggio.