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L’uomo oggetto e gli oggetti dell’uomo

a cura di Partigiano stanziale
Siamo educati a pensare che sia la domanda, la domanda di merci, a determinare l’offerta. Cioè la gente ha bisogno di un qualcosa che crede gli sia utile e se lo va ha cercare al mercato, anzi sul mercato. Da questo presupposto risulta evidente che le aziende non fanno altro che rispondere alle necessità dei cittadini, o meglio dei consumatori. Anche sotto il profilo economico il discorso non fa una grinza: più i consumatori complessivamente dispongono di denaro, maggiore è la richiesta di beni di consumo e di conseguenza anche l’offerta cresce in quantità e qualità.
Insomma tutto nascerebbe dall’ individuo; le aziende non fanno altro che soddisfarlo,    anticipando addirittura i suoi desideri, proponendogli oggetti che lui non avrebbe mai potuto immaginare potessero esistere. Vedi per esempio la macchina da scrivere; gli uomini hanno scritto per millenni con la penna o con lo stilo, poi è arrivata la macchina da scrivere e poi ancora il computer e domani chissà. Ma quanti di loro desideravano la macchina da scrivere o il PC ? Dicono : è il progresso, la scienza che progredisce. E vero, ma possiamo  considerare un segno del progresso, la materializzazione dell’ingegno umano, anche il Drone che bombarda un villaggio  di contadini? Certo in guerra non si va per il sottile, quello che conta è vincerla, ma la superiorità tecnologica degli antichi soldati romani sui guerrieri gallici, era infinitamente inferiore di quella, per esempio, fra americani e Talebani . A quei tempi il nemico comunque lo guardavi negli occhi, oggi basta premere un pulsante della tastiera e : Boom.
Certo! non è proprio così. Oggi la guerra  presenta aspetti diversi; l’alta tecnologia e la lotta a corpo a corpo. Ma questo non rispecchia forse il modo attuale di produzione delle merci che comprende sia le fabbriche semi-automatizzate che il lavoro nero arcaicamente manuale nei bassifondi di Calcutta o di Napoli, nella miriade di micro-fabbriche semi-clandestine del Nord-Est, nei campi di pomodori pugliesi o nelle cucine degli alberghi della riviera romagnola?
Insomma, il mondo che ci circonda è comunque, nel bene e nel male, il riflesso dei desideri dell’umanità, oppure siamo noi, al contrario, il prodotto di questo mondo sia  fra le pareti di casa che nella vita  pubblica, nel luogo di lavoro o di svago collettivo?
1*)Noi tutti trascorriamo una buona parte della nostra vita sul posto di lavoro: la metà? Un terzo? Non è per tutti uguale. Comunque sia, una buona parte della nostra esistenza la passiamo in un ambiente artificiale fatto per produrre un qualcosa di specifico. Noi stessi ne siamo parte, esattamente come le macchine, i computer e tutte le varie attrezzature. Questa realtà artificiale che non è composta solo di materia ma di regole, consuetudini e relazioni che fuori non esistono. Non è per noi l’ambiente ideale in cui vivere, ovviamente. Però, visto che viene socialmente riconosciuto, che tale ambiente è utile per produrre ciò che ci serve in maniera efficiente, lo accettiamo come una necessità più o meno gradevole, più o meno sopportabile, più o meno gratificante.
Alla fine di ogni giornata appena fuori dalla porta, dal portone o dal cancello del luogo di lavoro, ci sentiamo finalmente liberi e proviamo la sensazione che la varietà dell’ambiente esterno sia più congrua alle nostre esigenze. Le strade, i palazzi, le aiuole, lo stesso ambiente naturale sono per noi un luogo neutro dove sia noi che tutti gli altri possono muoversi ed interagire senza sottostare alle regole costrittive vigenti nei rispettivi luoghi di lavoro. Nell’ambiente esterno, ad ognuno di noi, piacciono alcune cose, altre le consideriamo abominevoli, brutte o esecrabili, tuttavia  sappiamo che la variabilità è necessaria per incontrare i gusti di ognuno; ed anche questo lo accettiamo per convenzione socialmenteprevalente.
Alla fine della giornata ce ne torniamo a casa e qui le cose cambiano ancora; ci troviamo finalmente nel luogo che noi stessi abbiamo concepito per una parte della nostra vita, il luogo della privatezza, dei sentimenti, il luogo ove è possibile esprimersi e muoversi liberamente senza essere soggetti all’osservazione degli altri. La casa è il rifugio, il riposo, la riflessione, il dove fare ciò che si vuole del nostro corpo; teoricamente. Difficilmente la maggior parte delle persone si chiede quali siano le relazioni fra il luogo di lavoro, l’ambiente e la casa in cui vivono, eppure  questa domanda dovrebbe essere al centro dell’attenzione perché niente è casuale nella società industriale dove ogni aspetto della vita è relativo all’evoluzione su larga scala dell’organizzazione della produzione delle merci.
1*) Da qui in avanti non è farina del mio sacco ma non conosco l’autore. Ho trovato per caso questo breve ma intrigante articoletto in un file dimenticato nel computer. Combinazione, si confaceva con ciò che avevo precedentemente scritto con l’intenzione di proporre una riflessione sulle relazioni fra la qualità delle merci e la vita delle persone. Ne consegue che se qualcuno ne riconosce l’autore me lo comunichi tramite l’indirizzo di posta elettronica sul nostro blog.

Grazie

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