Il lascito liberale di Fausto Bertinotti. La dissociazione ipocrita dei suoi vecchi cortigiani (smemorati).
Fausto Bertinotti ha coronato il proprio pensionamento politico proclamando il “fallimento del comunismo”, la superiorità del liberalismo, la grandiosità del Papato.
Sono spunti ideologici che in forma più temperata il Fausto segretario aveva da sempre coltivato. Il Fausto pensionato, libero da ogni responsabilità, li ha resi solo più espliciti e più organici.
Avendo sempre sovrapposto la propria storia personale a quella del partito che dirigeva , del movimento operaio, in definitiva del mondo, era inevitabile che la propria fine politica si configurasse ai suoi occhi come la fine del mondo. Del suo mondo. E che un nuovo mondo di riferimenti ideologici, culturali, persino metafisici e religiosi, liberasse definitivamente il proprio volo nel suo pensiero.
Nessuna sorpresa per la celebrazione borghese dell’evento. Nulla è più appetibile per i salotti liberali – nel momento della massima crisi del capitalismo – che l’iscrizione postuma di un ex segretario “comunista”. E nulla può essere più efficace per tornare a parlare in quei salotti che la “confessione” penitente delle proprie colpe di “comunista”.
La relazione di amorosi sensi tra Bertinotti e salotti è bilaterale e non è nuova: unisce il Segretario al pensionato Fausto. Perchè meravigliarsi, una volta tanto, di una coerenza?
Colpisce invece un altro fatto. Che quando il Segretario Bertinotti dirigeva il PRC , per lungo tempo da autentico Papa, la stragrande maggioranza dei dirigenti del partito lo acclamava stringendosi alla sua corte e demonizzando chiunque osasse opporsi. Quando il Segretario precipita sotto le rovine della propria politica e diventa un anonimo pensionato, i vecchi cardinali cortigiani fingono di non conoscerlo o si accaniscono contro di lui. Magari per continuare a lucrare politicamente sul poco che resta della sua (disastrosa) eredità, e delle proprie ( residue) fortune, connesse a quella eredità.
La critica di Paolo Ferrero a Bertinotti è, sotto questo profilo, emblematica.
FAUSTO BERTINOTTI E PAOLO FERRERO:
14 ANNI DI FEDELTA’ E SCHERZI DELLA MEMORIA
Il segretario Bertinotti ha una storia di 14 anni alla testa del PRC. In 14 anni non ha prodotto solo teorie balorde, tutte demolite impietosamente dalla realtà ( il “movimento dei movimenti” quale sostituto della classe operaia, la fine dell’imperialismo e degli Stati nazionali, l’assimilazione di stalinismo e comunismo, la celebrazione metafisica della non violenza..) , tutte suggestioni devastanti per la stessa formazione intellettuale di una giovane generazione d’avanguardia. All’ombra di quelle teorie Bertinotti ha prodotto fatti, scelte politiche, concrete strategie che hanno ciclicamente subordinato il PRC agli avversari dei lavoratori e ai loro crimini sociali.
L’ingresso nella maggioranza del primo governo Prodi ( 96/98) trascinò il voto favorevole al lavoro interinale (pacchetto Treu), alla valanga di privatizzazioni, ai tagli sociali per l’adesione all’Euro, ai campi lager per i migranti ( legge Turco Napolitano sui CPT). L’ingresso nel secondo governo Prodi ( 2006/2008) trascinò il voto favorevole alle missioni di guerra, all’aumento delle spese militari, alla detassazione massiccia dei profitti ( l’Ires passò dal 34% al 27%!), alla continuità della precarizzazione del lavoro ( mantenimento della legge 30).
Domanda: dov’era Paolo Ferrero in quei.. 14 anni? Al fianco di Bertinotti. In veste di massimo scudiero di Bertinotti e di tutte le sue “teorie”, di massimo difensore delle sue peggiori scelte governiste contro la sinistra del partito. La conquista del ministero degli Affari sociali, in una maggioranza di governo che andava da Mastella a Turigliatto, fu la contropartita di questa lunga compromissione e fedeltà. Può Ferrero oggi rimuovere tutto ciò? Può considerare (nel migliore dei casi )“errori”.. sulla via del socialismo i voti alle politiche dell’imperialismo italiano?
Il PRC non fu distrutto dalle “interviste” salottiere di Bertinotti e neppure dalle sue “teorie”. Fu distrutto dalle politiche di Bertinotti (e Ferrero). Dalla loro collaborazione con la borghesia italiana contro le ragioni del lavoro e dei giovani. Interviste e “teorie” furono solo la copertura ideologica di quelle politiche. Che hanno privato il movimento operaio di un riferimento politico indipendente proprio al piede di partenza della più grande crisi economica e sociale del capitalismo del dopoguerra. E le cui conseguenze, a cascata, sulla coscienza e sulle condizioni dei lavoratori segnano non poco la situazione presente della lotta di classe.
L’unico soggetto che si oppose coerentemente a Bertinotti, che denunciò la natura della sua politica, che previde il disastro che preparava, fu l’opposizione interna al PRC di “Progetto Comunista”. Da cui nacque nel 2006/2008 il Partito Comunista dei Lavoratori. Questa verità può essere al più ignorata. Ma nessuno la potrà cancellare.
L’”UNITA’ DEI COMUNISTI”:
FUORI E CONTRO SOCIALDEMOCRAZIA E STALINISMO
Il PCL lavora per unire i comunisti. Ma “unire i comunisti” ha un senso progressivo e una prospettiva se la base dell’unità è il programma comunista e i principi del comunismo rivoluzionario. Diversamente l’unità è una truffa senza futuro, che oltretutto prepara inevitabilmente nuove divisioni e frammentazioni. La vicenda di Rifondazione in grande, quella di tante altre formazioni e operazioni in piccolo ( in ultimo Sinistra Critica e Rossa..) stanno lì a dimostrarlo. “Unire i comunisti” nel nome di un simbolo, di un puro richiamo di valori, o di mitologie movimentiste, significa in realtà disperderli, e spesso tradirli. Se possibile in cambio di ministeri. Altrimenti in cambio di assessori e alleanze di Centrosinistra. Come quelle che il PRC di Ferrero tuttora preserva ovunque può (dalla Liguria all’Umbria).
Allo stesso modo non si possono “unire i comunisti” senza sciogliere il nodo dello stalinismo. Chi oggi attacca Bertinotti e il suo governismo sventolando la bandiera di Stalin non solo rimuove che fu proprio lo stalinismo a legittimare la collaborazione ministeriale con la borghesia liberale (contro la tradizione di Lenin e dell’Ottobre), ma che nella stessa vicenda di Rifondazione la corrente più governista fu proprio (guarda caso) quella di estrazione stalinista. Da Cossutta a Diliberto a Rizzo: che dopo aver nominato Bertinotti Segretario del PRC ( ’94), dopo aver votato tagli sociali e precarizzazione del lavoro a fianco di Bertinotti , dopo aver difeso Bertinotti ad ogni passo contro.. l’opposizione dei “trotskisti”, giunsero a sostenere i bombardamenti su Belgrado del governo D’Alema per salvaguardare il ministero di “Grazia e Giustizia”. Salvo finire poi col dividersi tra loro, dopo anni, nell’ora del naufragio. Chi inseguendo il ritorno nel centrosinistra , come Diliberto. Chi finendo col celebrare come “socialismo” il regime dinastico coreano di Kim il Sung -oggi esaltato da Razzi e Salvini- come Marco Rizzo. Uno spettacolo degradante da piccoli burocrati da fiera. Eredi di una grande tragedia, protagonisti di una piccola farsa.
LA COSTRUZIONE DEL PCL
Il PCL si è costruito fuori e contro tutto questo. Contro la socialdemocrazia, contro lo stalinismo, contro il triste cascame delle loro tradizioni e delle loro truffe. Attorno a una morale di classe e al programma del marxismo rivoluzionario: quello che riconduce ogni lotta ad una alternativa di società e di potere in cui siano i lavoratori a comandare; quello della rivoluzione sociale e del governo dei lavoratori. Su questo programma e questi principi lavoriamo a raggruppare forze , costruire organizzazione, selezionare quadri, radicare presenza e intervento nei luoghi di lavoro e in ogni movimento di resistenza sociale.
La crisi storica del capitalismo, il fallimento del riformismo in ogni sua variante, ripropongono più che mai la centralità della costruzione del partito rivoluzionario e dell’internazionale rivoluzionaria. Questa è la nostra impresa. Chiediamo a tutti i comunisti onesti, a tutti i militanti d’avanguardia, quale che sia la loro provenienza, di portare a questa impresa il proprio contributo.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI