Verso il 28 giugno. Intervista a Marco Ferrando
Il 28 giugno a Roma si terrà la manifestazione nazionale di apertura del controsemestre popolare che movimenti sociali, sindacali e politici intendono opporre al semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare e contro la guerra alle porte dell’Europa. Con quale spirito e con quali obiettivi avete aderito a questa mobilitazione?
Come Partito Comunista dei Lavoratori consideriamo la manifestazione del 28 Giugno come una prima espressione di fronte unico tra diverse organizzazioni della sinistra classista- politica, sindacale, di movimento- sul terreno dell’opposizione al governo Renzi. Il successo o meno della manifestazione non dipenderà solo dai suoi numeri, ma dal suo investimento politico nella costruzione di un reale movimento di classe e di massa contro la borghesia, e innanzitutto il capitalismo italiano. Il problema non è la “nostra” opposizione, ma la costruzione di un opposizione radicale di massa, basata sulla classe operaia, capace di reggere un nuovo livello di sfida, e di prospettare un’alternativa di società e di potere. Da questo punto di vista la proposta di fronte unico deve sfidare l’insieme delle organizzazioni di classe e di massa del movimento operaio.
Quella del 28 giugno sarà una manifestazione che, nonostante le differenze su alcune questioni tra le varie forze che la promuovono, denuncia esplicitamente le politiche imposte al nostro paese dalle istituzioni europee attraverso una struttura antidemocratica e trattati calati dall’alto. Che bilancio fate rispetto alla relazione tra Italia e Unione Europea?
L’Unione Europea è un quadro di concertazione strutturata tra i paesi imperialisti europei, ai fini della comune massimizzazione delle politiche di sfruttamento della classe operaia continentale, dentro la nuova competizione tra poli imperialisti emersa dopo la svolta storica dell’89 e acuita dalla grande crisi capitalistica internazionale degli ultimi sette anni. l’idea di una possibile Unione Europea “sociale e democratica” è una contraddizione in termini. Ogni seria rivendicazione sociale e democratica cozza contro l’Unione Europea e ne chiede il rovesciamento. Il capitalismo Italiano partecipa all’Unione non in veste di vittima sacrificale ma di protagonista. l’Italia non è la Grecia. l’Italia è un paese imperialista, il secondo paese manifatturiero d’Europa. A differenza del debito greco, il grosso del debito pubblico italiano è detenuto da banche italiane, non tedesche o francesi. Il governo Renzi cercherà di utilizzare la presidenza italiana della UE per far pesare il capitalismo italiano e i suoi interessi nella rinegoziazione dei patti continentali e dei loro equilibri.
In Italia sono da tempo presenti decine di lotte e conflitti di vario tipo e natura, che però rimangono spesso sul terreno della singola vertenza e faticano ad individuare un terreno di scontro contro i vincoli che la dimensione sovranazionale – l’Unione Europea – pone al pieno esercizio dei diritti democratici e sociali in questo paese. Che ne pensate? Insomma, si può continuare a denunciare gli effetti dell’austerità senza indicare il meccanismo che genera e impone tali politiche?
La frammentazione delle lotte è un problema serissimo. E’ il riflesso delle politiche delle burocrazie sindacali. Della CGIL in primo luogo, che ha sistematicamente lavorato a dividere le lotte per poterle subordinare ai propri patti di collaborazione col padronato e al proprio sogno- oggi frustrato- di una concertazione col centrosinistra e col PD. Ma anche della FIOM, che ha accettato il quadro di frammentazione delle mille vertenze in ordine sparso, e oggi cerca addirittura una relazione privilegiata con Renzi. Unire le lotte di resistenza sociale in una grande lotta di massa, radicale e continuativa, è l’unica via possibile per ribaltare i rapporti di forza e aprire uno scenario nuovo. Ed anche per poter strappare risultati parziali. La classe operaia è il perno decisivo della ricomposizione di un fronte di massa. E’ necessario definire una piattaforma generale unificante, a partire dalla rivendicazione della riduzione generale dell’orario di lavoro a parità di paga, dell’abolizione del decreto Poletti e di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, di un salario garantito di 1200 euro netti per i disoccupati. Ma certo si tratta di tracciare il ponte tra una piattaforma di vertenza generale e la prospettiva anticapitalista. Che respinga sia l’illusione di una riforma sociale e democratica dell’Unione imperialista, sia la suggestione delle monete nazionali, sia l’idea di un’alleanza “progressista” tra i paesi capitalisti ( e imperialisti) mediterranei. E che ponga invece l’alternativa vera: non tra Euro e Lira, ma tra capitale e lavoro. Tra il governo dei capitalisti e il governo dei lavoratori, in Italia e in Europa.
L’Unione Europea si è dimostrata un nemico non solo per i lavoratori, i giovani e i cittadini europei – in particolare per quelli dei paesi che subiscono le imposizioni della troika – ma anche per i popoli di aree geografiche più o meno lontane che sono state prese di mira dai meccanismi egemonici di Bruxelles, basti vedere ciò che sta accadendo in Ucraina. Che ne pensate?
In quanto blocco tra paesi imperialisti, l’Unione Europea ha naturali aspirazioni egemoniche. Il tentativo di assimilare l’Ucraina alla propria area di influenza si pone in questo quadro, in un contenzioso con l’imperialismo russo. Il sostegno europeo alla rivolta reazionaria di Piazza Maidan, al governo liberal fascista che ne è scaturito, alla sua aggressione militare contro le popolazioni russofone e i loro diritti, è la misura dell’infinita ipocrisia “democratica” dei capitalismi europei. La prospettiva storica degli Stati uniti socialisti d’Europa è l’unica soluzione storicamente progressiva della crisi europea. L’alternativa è una deriva reazionaria. L’ascesa del populismo reazionario in tanta parte dell’Europa, seppur in forme e con dinamiche diverse, è un segnale d’allarme eloquente. Rivoluzione o reazione, questo è il bivio di prospettiva.
Le recenti elezioni europee ed amministrative sembrano aver delineato due scenari: vittoria di un Pd spostato su posizioni ancora più moderate e aumento netto dell’astensionismo. In questo quadro secondo voi quali spazi esistono per accumulare forze a livello sociale e politico contro il governo, le sue politiche e i diktat provenienti dall’Unione Europea e dai suoi apparati coercitivi?
Le elezioni recenti in Italia sono un fatto particolare. E’ l’unico caso nell’Europa imperialista in cui un populismo (reazionario) di governo frena l’ascesa del populismo (reazionario) di opposizione (Grillo). Il renzismo è il tentativo di risolvere la lunga crisi politica e istituzionale della borghesia italiana sul terreno del richiamo populista più truffaldino. Le 80 euro hanno coperto al tempo stesso un nuovo salto drammatico nella precarizzazione del lavoro (decreto Poletti) e un progetto di riforma elettorale e istituzionale reazionaria senza precedenti nella storia del dopo guerra. Siamo di fronte a una vocazione bonapartista. La crisi del movimento operaio, dentro la profondità della crisi capitalista, ha posto le basi di questo progetto. Ma il progetto è lungi dall’essere consolidato. Il consenso a Renzi non è affatto plebiscitario. la crisi capitalista limita gli spazi materiali di manovra del populismo di governo. Una DC coi fichi secchi è una creatura improbabile. Le basi materiali di una ripresa sociale dell’opposizione di classe esistono tutte. Ma è necessario liberarsi dei gruppi dirigenti della sconfitta e costruire una nuova direzione del movimento operaio, sul terreno politico e sindacale. Una direzione apertamente rivoluzionaria, che lavori a organizzare l’avanguardia e a sviluppare la coscienza delle masse. Il Partito Comunista dei Lavoratori e la sua costruzione sono al servizio di questa prospettiva.
In che modo state preparando la vostra partecipazione alla manifestazione nazionale del 28 giugno a Roma anche tenendo conto del prevedibile clima di censura da parte dei mezzi di informazione?
Stiamo lavorando per organizzare la partecipazione, attraverso tutti i canali e gli strumenti utili. Sia quelli unitari, sia quelli di partito. Con la piena coscienza dell’importanza politica dell’appuntamento.