Comunali Forlì 2014: qualche considerazione
di Giacomo Turci
Mi soffermo brevemente sugli aspetti statistici del voto delle recenti elezioni comunali di Forlì che mi hanno visto candidato sindaco per il Partito Comunista dei Lavoratori; in particolare, ragionerò sullo stesso PCL e sul resto della sinistra extraparlamentare.
Innanzitutto, un’occhiata al voto in generale: siamo passati da un 78 a un 70 % di votanti, col raddoppio delle schede bianche e delle schede nulle (da un 1,5 % circa a quasi il 3% dei votanti). Insomma continua la tendenza (seppure meno marcata rispetto ad altri contesti in Italia) a vedere la politica in generale e il momento elettorale con sfiducia e indifferenza. Dall’altra parte, il PD guadagna voti e evita il ballottaggio, pur essendosi palesemente spostato a destra e avendo lasciato fuori dal centrosinistra diverse forze che ne facevano parte nel 2009.
Per quanto riguarda il PCL, nella scorsa tornata elettorale avevamo raccolto circa 240 voti, con lo 0,35%; quest’anno abbiamo 287 voti con lo 0,46%. In termini relativi è una buona crescita, anche se in termini assoluti il PCL rimane marginale sul piano elettorale; d’altronde l’assenza di una legge elettorale proporzionale pura (senza premi di maggioranza o sbarramenti) penalizza proprio i partiti minori in crescita come il nostro.
Il nostro risultato assume però un maggior valore se lo compariamo con quello del resto della sinistra: i Comunisti Italiani, che avevano raccolto un migliaio di voti nel 2009, non sono nemmeno presenti con una loro lista, né ufficialmente in altre liste a Forlì.
La galassia delle liste di Rifondazione Comunista e Sinistra per Forlì, che sono perlopiù confluite nell’omonima (alla seconda! quindi con la scomparsa ufficiale di rifondazione sul piano elettorale) lista di quest’anno, avevano raccolto oltre 2100 voti (3,12%); quest’anno Sinistra per Forlì si ferma a 826 voti (1,34%). Una batosta senza se e senza ma, a dimostrazione che gli allargamenti (sempre a destra, mai verso sinistra!) non premiano assolutamente, anzi perdono sicuramente di credibilità agli occhi dei lavoratori che, in assenza di una chiara alternativa di classe, sono portati a votare “gli originali” piuttosto che queste listine riformiste.
Difficile tenere traccia degli andamenti dei servi del PD (SEL, PSI e compagnia cantante), che sempre rimescolano le carte tra civiche, apparentamenti (anche coi montiani!) e entrate e uscite dal centrosinistra a secondi degli umori del dirigente di turno del PD. E’ notevole però il dato che la lista ufficiosa (ma sempre senza simbolo di partito) di SEL raccolga un misero 1,1 % (in linea col progressivo calo elettorale di SEL a livello nazionale), con buona parte degli iscritti di Forlì confluita nel voto a Sinistra-Rifondazione.
Insomma, davanti all’ordine sparso delle altre sinistre, costantemente in bilico tra abbraccio mortale col PD e scomparsa dalla scena pubblica, la sostanziale impopolarità delle nostre proposte e della nostra prospettiva politica non tolgono che, a Forlì come in tanti altri comuni, il nostro fosse l’unico programma imperniato sugli interessi dei lavoratori e degli oppressi, coerentemente contro i partiti della classe dominante e i loro accoliti, con un richiamo esplicito al comunismo e alla prospettiva rivoluzionaria; . una prospettiva, chiara e radicale, che ci ha permesso di confermarci come l’unica sinistra a Forlì, come in tante altre zone d’Italia, che non si svende, che si conferma e che cresce nella militanza, nel suo ruolo all’interno dei movimenti e delle lotte, sul piano elettorale.