Caro amico pentastellato,
l’altra sera, tra una pizza e una birra, siamo finiti a parlare di politica e con una luce che mai aveva brillato nei tuoi occhi prima dei 40 anni, mi hai chiesto meravigliato perché non voto il M5S.
La mia risposta sarà un po’ prolissa, è la mia tradizione politica, ma dato che ami gli elenchi a pallini e gli schemi, ho riassunto tutto in sei chiari punti.
Parto dalla tua domanda, perché NON voto il M5S?
1) Non è un movimento, è un’azienda. Non voterò né mi impegnerò mai in un organismo politico il cui simbolo è un marchio registrato di un’azienda privata, in cui non ci sono organismi di controllo, in cui il leader non è eletto democraticamente dalla base e non cambia mai, in cui vengono fatte epurazioni staliniane di componenti accusandoli di generici “atti controrivoluzionari” (“danneggia il movimento”). La struttura del movimento, spacciata come innovativa perché snella (il non-statuto) è in realtà uno strumento comodo nelle mani di chi detiene il potere decisionale, ossia il proprietario Beppe Grillo e la Casaleggio Associati. Perché appunto non esistono organi di controllo, ma solo generici forum di discussione che non offrono nessuno strumento di verifica. Meno regole non vuol dire più democrazia, anzi spesso è il contrario.
Qual è l’attività commerciale della Casaleggio Associati? Vende frutta e verdura?
No, crea e sposta consensi via Internet per i suoi clienti. Fa marketing virale. Non sai cos’è? Va a vedere su
Wikipedia. Come?
Lo spiega lo stesso Casaleggio in modo illuminante,
On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti, queste persone sono gli influencer, quando si accede alla rete per avere un’informazione, si accede ad un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer. Queste persone in modo diretto o indiretto gestiscono le comunità on line…. Gli influencer agiscono dove ci sono interazioni, quindi nell’ambito delle comunità on line […] Un prodotto, un servizio online è fortemente influenzato dall’opinione dei cosiddetti influencer, molto più per esempio dalla promozione diretta o dalla ricerca che viene creata dalle società con forti investimenti….L’influencer è un asset aziendale, senza l’influencer non si può vendere, c’è una statistica per le cosiddette mamme on line, il 96% di tutte le mamme on line che effettuano un acquisto negli Stati Uniti, è influenzato dalle opinioni di altre mamme on line che sono le mamme on line influencer. (sottolineature mie).
Questo è sufficiente per smontare il concetto di democrazia orizzontale che troverebbe la sua realizzazione sul blog. Vi viene venduta l’illusione della democrazia. Esattamente come Mastrota che vendeva le pentole negli anni Novanta. Esattamente come le mamme che acquistano online un passeggino spinte dai commenti di altre mamme inesistenti. Ormai abbiamo sviluppato qualche -scarso- anticorpo contro il marketing televisivo, ma rimaniamo una preda molto succulenta per il marketing via Web, che è molto più efficace perché ci dà l’illusione di scegliere e di essere molto informati, probabilmente dietro consiglio di un influencer pagato da un’azienda, tanto non è possibile verificare nulla. E qui ci sarebbe da aprire un capitolo sulla natura di Internet e sulla disinformazione che spesso viene spacciata per controinformazione. Il M5S è il marketing virale commerciale applicato alla politica.
Ma torno a Casaleggio, ex simpatizzante Lega Nord. Dal 2004 la Casaleggio Associati è partner di Enamics, che a sua volta ha tra i suoi partner JP Morgan (i Rockefeller), il Dipartimento del tesoro USA, BNP Paribas, ecc. La Casaleggio Associati pubblica Chiarelettere, Tze-tze, Cado in piedi (
un altro editore che si occupa anche di politica, dunque). Nella Casaleggio Associati c’è anche Enrico Sassoon che è stato fino al 2006 membro dell’American Chamber of Commerce in Italy, una lobby che favorisce gli interessi delle aziende americane in Italia (tutte informazioni che erano presenti sul sito di Casaleggio adesso rimosse, quindi mi tocca citare altre fonti del “complotto dei giornali”,
qui e
qui).
Restano da chiarire alcuni punti sui proventi del blog, come ha messo in luce la Gabanelli, prima di venire linciata pubblicamente sul blog di Grillo. Per credere che un’azienda sia in passivo con la valanga di pubblicità presente sul blog e il numero di visitatori, di clic, i prodotti in vendita, il merchandising, gli spettacoli bisogna essere molto ingenui. A chi vanno questi soldi?
Ma anche da dove sono venuti? Pare anche da Di Pietro e quindi -indirettamente- si tratta di soldi pubblici. Non ti sembra sufficiente per diffidare, tu che vedi complotti dappertutto, dalle scie chimiche alle sirene? Se hai ancora dei dubbi, ti consiglio il filmato
Gaia, che non commento in quanto dotato di pollice opponibile.
2) La finzione della democrazia diretta. L’idea uno vale uno è una bufala. Sul blog di Beppe Grillo uno vale uno solo quando si è chiamati alla consultazione Web da qualcuno. Lo stesso qualcuno che poi conta e pubblica i voti. Senza possibilità di controllo da parte della base. Negli altri casi, (il 90% data la valanga di punti non presenti nel programma) nessuno viene consultato. Più che democrazia diretta è democrazia a chiamata.
Non so come farti capire che esprimere la tua opinione solo quando un altro te la chiede non è democrazia.
Internet è uno strumento di comunicazione, non una sede istituzionale. È banale ricordare che circa un terzo della popolazione italiana non ha MAI avuto accesso a Internet. È bellissimo scambiare idee, discutere, ecc. ma fare di un blog una sede di partito esclude automaticamente una fetta consistente della popolazione. Alla faccia della democrazia partecipata. Le sedi di rappresentanza devono essere accessibili a tutti, non a una élite di letterati tecnologici che poi si spacciano addirittura per “il popolo”.
In più i contenuti del blog sono filtrati. In un’assemblea pubblica nessuno può filtrare quello che esce dalla mia bocca. Ma sul blog i commenti possono essere cancellati a discrezione dei gestori. Nel vostro partito non esiste alcuno strumento per fare proposte dirette che siano seriamente prese in considerazione dai vertici. Del resto è proprio questa la miopia di molti militanti, pensare che Internet sia una piattaforma veramente democratica e di libera espressione. Far credere questo è proprio il mestiere della Casaleggio Associati (v. sopra). La gestione della dialettica e del dissenso è tipicamente padronale, perché il M5S è un’azienda e ve lo ricorda in ogni momento.
3) Il programma. Caro amico a 5 stelle, l’hai letto il programma del tuo partito? Il programma elettorale del M5S è, voglio essere gentile, ineffabile. Non tanto per quello che contiene, ma per quello che NON contiene. Sono indicati il numero di litri di gasolio che deve consumare un’abitazione, l’obbligo dei condomini a dotarsi di un parcheggio per biciclette, sono assenti la lotta alla mafia, la lotta all’evasione fiscale, l’abolizione dei privilegi della chiesa, le politiche per l’immigrazione, la laicità dello stato, la lotta al femminicidio, il sostegno ai lavoratori, la lotta alle morti bianche, una ristrutturazione seria del sistema economico per citare quelli più macroscopici (mancano anche tutti i temi etici, testamento biologico, matrimoni omossessuali).
Caro amico, non è un caso che questi temi siano assenti. La lotta all’evasione non può essere in programma, Grillo perderebbe tutti gli elettori fuoriusciti dalla Lega che hanno la fabbrichetta in Brianza. Lo stesso dicasi per l’immigrazione. La diversa provenienza degli elettori restringe enormemente gli obiettivi “condivisi” (anche se tu mi dici che destra e sinistra non esistono più).
L’unico minimo comune denominatore che tiene insieme gli elettori del M5S è un vaffanculo alla casta, ma solo a quella politica, non certo alla casta padronale, clericale, finanziaria, di cui i proprietari del movimento fanno parte.
Per dare un’idea dell’ordine di grandezza delle cose che il M5S si è “scordato”, l’Italia spende ogni anno 8 milioni di euro solo per i cappellani delle carceri (preti pagati dallo Stato Italiano). Il tanto strombazzato Restitution Day ha visto la restituzione di 1,5 milioni di euro (in un fondo per le imprese! I disoccupati proprio non vi interessano). Mettiamo le cose in prospettiva.
Poi nel programma ci sono proposte discutibili, caro amico, ci hai riflettuto? Esempio? “Referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum”. Assurdo. Qualunque pazzo potrebbe proporre referendum cretini, farli votare da quattro persone ad agosto ed essere approvati…
Le proposte sono costantemente prive dei modi con cui realizzarle, svincolate da un contesto. Esempio? “Abolizione della legge Biagi”. Sì, d’accordo e poi? Neanche una parola su articolo 18, riforma Fornero, esodati, riforme pensionistiche, ammortizzatori sociali, delocalizzazione, costo del lavoro, innovazione, ammodernamento delle infrastrutture… Il programma denota la totale assenza di qualsiasi soluzione strutturale al problema del lavoro e della crescente forbice dei redditi.
Tutte queste enormi assenze mi fanno pensare, oltre al fatto che siano funzionali ad ottenere il più ampio consenso per poi non realizzare nulla, che ci sia una mancanza di competenza tecnica non indifferente. Una mancanza di “vision”, direbbero i tuoi megafoni Grillo e Casaleggio.
4) Beppe Grillo. La struttura è quella dell’organismo politico patriarcale dell’uomo solo al comando. Tanto è vero che chi osa criticare il capo viene liquidato senza tener conto dei regolamenti. È una struttura verticistica, altro che orizzontale o democratica.
Grillo dovrebbe essere “il megafono del movimento”, i suoi urli sono solo “provocazioni” secondo te. Ma lui no, lui non danneggia mai il movimento. È scomposto e incoerente, vedi venerazione della Gabanelli e di Rodotà e successive offese. Fa battute sessiste (la televisione era il punto G di non so quale dissidente), razziste ed è inutilmente volgare. Tutte cose che dopo le barzellette di Berlusconi questo paese dovrebbe archiviare, non credi?
Tutto questo è funzionale a distrarre l’attenzione dalla povertà dei contenuti.
È facile intercettare i peggiori istinti delle persone, specialmente di quelle che fino ad oggi non si sono interessate di politica e si fidano di quello che scrive un comico su un blog (l’hai comprata la bio washball, vero?).
5) Destra e sinistra. Mi hai detto che destra e sinistra non esistono più, sono tutti uguali. Altra generalizzazione da bar elevata a programma politico. Quante volte te l’hanno ripetuta? E tu ci hai creduto. Cosa significa in concreto? In realtà significa che non esiste più la sinistra, dato che la destra è sempre lì, granitica, a demolire costantemente i diritti dei lavoratori. La destra è viva e vegeta e prospera proprio grazie alla crisi. Dire che non esiste più la sinistra (il centro e la sinistra riformista) è abbastanza ovvio, nel senso che i dirigenti politici di numerosi partiti, non solo del PD, penso anche all’IDV, a Rifondazione ecc., hanno sistematicamente tradito i mandati e le aspirazioni della propria base e alimentato quel voto di protesta che è confluito nel M5S o nell’astensionismo.
Tutto questo a chi giova, in una crisi economica senza precedenti? Alla classe dominante. Perché, ammesso e non concesso che destra e sinistra (quale poi?) non ci siano più, in Italia nel 2014 le classi ci sono, eccome. Ce lo ricorda ogni giorno Studio Aperto, che ci spiega che gli albergatori di Capri non hanno più una stanza libera in estate, che al salone del lusso gli yacht vanno a ruba. La forbice dei redditi non è mai stata così ampia. La crisi la pagano solo le classi subalterne. Il qualunquismo del M5S, l’assoluta assenza di una lotta per migliorare le condizioni di queste classi (operai, pensionati, famiglie monoreddito, spesso però privi di accesso o competenze web) mira a mantenere questo stato di cose. Alla faccia della grande forza rivoluzionaria. Cosa propone il M5S per le fabbriche che chiudono? Solidarietà ai padroni, come per l’Electrolux. Nelle lotte sindacali locali i M5S non si sono mai visti.
Ma come, dirai tu, noi abbiamo proposto il sussidio di disoccupazione garantito! Come faccio a non essere d’accordo? Ti sembra un grande progresso dare a un disoccupato quattro soldi in cambio del posto di lavoro? Senza mettere in discussione il fatto che il padrone continui a sfruttarlo, utilizzando gli ammortizzatori sociali come foglia di fico per mantenere inalterati i propri profitti? È il posto di lavoro che bisogna difendere. Il sussidio di disoccupazione, come concepito dal M5S, è solo una breve carità tesa a mascherare le politiche a favore della classe padronale (taglio dell’IRAP).
Il profitto del padrone è infatti l’unica variabile dell’equazione della crisi che non cambia mai: tutto il resto sale e scende, ma non i profitti del padrone che, come nel caso emblematico dell’Electrolux, Beppe Grillo difende.
Nel programma M5S si parla di disincentivi alle aziende che producono un danno sociale (es. distributori acqua in bottiglia). Ma le aziende che delocalizzano e licenziano i lavoratori non creano un danno sociale? È peggio un disoccupato o una bottiglia di plastica? Forse preferisci il disoccupato, se sta a casa inquina meno. E il problema della rappresentanza sindacale (diffusione del modello Pomigliano)? Rispondete con l’abolizione dei sindacati in quanto tali, non della burocrazia sindacale che negli anni ha venduto i lavoratori. Indovina a chi farà comodo l’assenza dei sindacati.
In quest’ottica, sapere chi c’è dietro la Casaleggio Associati assume un significato ben preciso.
L’Italia finalmente digitalizzata sarà un ottimo mercato, che necessita di una classe subalterna disposta a comprare. In sintesi, il M5S non mette minimamente in discussione l’impostazione capitalista di questa società, direttamente responsabile della crisi. Si abbelliscono le fondamenta con qualche pista ciclabile e dei funzionari statali che non rubino. L’ingiustizia sociale, l’elefante nella stanza, resta. Ma a te non interessa. A te interessa la legalità formale. Sì, ti spazientisci quando ti dico che Hitler ha formalmente vinto le elezioni. Ma non è colpa mia se, caro amico, confondi ciò che è giusto con ciò che è legale.
6) Due parole sulla “rivoluzione”. Caro amico 5S, mi dici che stai facendo una rivoluzione anche per me (!). Smetti subito per carità, che la tua non è una rivoluzione. Il M5S rappresenta, come la Lega in passato o l’IDV, un contenitore in cui far confluire l’indignazione e la rabbia delle persone, senza poi effettivamente cambiare i rapporti di potere all’interno della società, anzi salvaguardandoli. La vostra funzione è incanalare la rabbia delle classi subalterne in un vicolo cieco, per non cambiare nulla di fondamentale. Siete una valvola di sfogo che fa comodo a quelle lobby che il movimento dice di contrastare (vedi i colloqui di Casaleggio con gli industriali, senza streaming, ovviamente).
Tutto entusiasta mi dici che il M5S è un fenomeno che studiano in tutto il mondo. Non faccio fatica a crederlo, siete uno strumento perfetto nelle mani delle classi dominanti. Quanti di voi ne sono consapevoli? E allora, per favore, non mi stropicciare la parola “rivoluzione”, ci sono affezionato.
Sbottando mi chiedi: “E allora tu cosa proponi?”
Caro amico, non amo il proselitismo: se sei qui sai già qual è la mia ricetta. Ci sono duecento anni di teorie, dietro la mia ricetta. Però devi leggere tanto e attivare lo spirito critico, senza accontentarti di un riassuntino in un post. Te la senti?