Di Onide Berni
L’articolo non nasce dalla “penna” di un sociologo, tantomeno da quella di un giornalista. Chi scrive è un semplice lavoratore comunista.
Pertanto, non propongo un’analisi profonda dell’attuale stato di coscienza dei lavoratori, né un trattato di teoria rivoluzionaria, ma un sunto dei sacrifici e delle lotte dei lavoratori Fiat.
E cosa è rimasto oggi di quelle lotte, sempre in considerazione del fatto che le soluzioni “tradizionali” della classe operaia, bistrattate o addirittura ripudiate dagli stessi lavoratori, sono più attuali che mai?
La Fiat nasce nel 1899: come tutte le industrie nel sistema capitalistico inizia a fare grandi affari con la guerra e il colonialismo. La conquista della Libia (1912) e la Grande Guerra (1915-18) , farà degli Agnelli la famiglia industriale tra le più potenti in Italia. Gli Agnelli non disdegnarono mai il fascismo, anzi… Il 28 ottobre del 1922 (marcia su Roma) fu proprio Agnelli ad inviare un telegramma di felicitazioni a Mussolini. Ora sembra che la storia si stia ripetendo: lo Stato traballa, l’economia è in crisi… si normalizzano le istituzioni della Repubblica ormai screditate agli occhi delle masse. Manca solo il “biennio rosso”… ma questo è un particolare di minor rilievo…
La normalizzazione si concretizza nei “governi di solidarietà nazionale“ conseguenza storica della legittimazione dei partiti fascisti e della repubblica di Salò, compiuta prima da Craxi, già negli anni Ottanta e poi dagli eredi del PCI dopo la caduta del muro di Berlino (Violante paragonò i partigiani ai repubblichini e Veltroni giudicò nel 2007 l’appropriazione di un immobile da parte di Casapound “un’occupazione storica”)… Nel primo dopoguerra la classe dirigente (Agnelli per primo) e le istituzioni usarono i fascisti per normalizzare il paese.
Ma la classe operaia non era morta: nel marzo del 1943 iniziò la Resistenza. Gli operai delle fabbriche torinesi scioperano. I lavoratori iniziano a scrollarsi di dosso “ l’olezzo fascista”.
Ma il nuovo stato imperialista repubblicano, alla faccia della Costituzione (dea degli illusi), finanzia le imprese private per “creare ricchezza”: la Fiat dal 1975 ad oggi (secondo i calcoli realizzati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre) ha assorbito 7,6 miliardi di euro di finanziamenti statali.
Da allora i lavoratori sono sempre stati ingannati dalla concertazionefra le burocrazie sindacali e gli industriali: nel 1980 Agnelli licenziò e mise in cassa integrazione 24.000 lavoratori, generando 200 suicidi fra i cassaintegrati e i disoccupati.
Negli ultimi anni, quel fenomeno di Marchionne “rilancia” il marchio italiano, anche se residente in Svizzera per eludere le tasse (a fronte del 43% di imposizione riesce a risparmiare il 13%, grazie agli accordi sulla doppia imposizione fiscale…).
E la risposta operaia quale è stata? Purtroppo disgregata e non radicale. A Pomigliano e Melfi (solo per fare due esempi) i lavoratori sono stati sconfitti. Non è nato un collegamento, una rete tra le varie lotte operaie in fermento in tutta Italia.
E come definire i “musical operai” che impazzano sul web? Tutto questo non ha niente a che fare con la “spensieratezza” né con un singolare “inno alla gioia” operaio.
Lo spiritual blues (antenato del jazz) ebbe origine dagli schiavi afro-americani che cantavano per alleggerire il lavoro: la consapevolezza di essere schiavi ha dato loro la forza per lottare…
Non aspettiamoci nulla da questi operai Fiat (nella fattispecie quelli del genere “ballerino”), perché non hanno la consapevolezza di essere degli schiavi pagati.
Gli schiavi afro-americani non applaudivano il loro padrone sfruttatore e rischiavano la vita se non abbassavano lo sguardo. Oggi, i moderni schiavi, non solo non lottano ma applaudono i loro sfruttatori. Sono felici di aver conservato il posto di lavoro magari a scapito del proprio “collega” (e non più compagno…) o peggio ancora, se ne infischiano se la loro fabbrica è foraggiata dallo sfruttamento dei lavoratori serbi o polacchi .
A questo è ridotta la maggioranza della classe operaia … oggi agli albori del nuovo fascismo.
Questa è la vittoria della borghesia nella lotta di classe.
Non ci sono mezze misure, gli accordi tra classi antagoniste, specialmente in fase di crisi economica, sono solo delle truffe e tutte le sconfitte del movimento operaio lo dimostrano (non esistono imprenditori “benefattori”) .
I lavoratori non si devono fidare di chi non considera la lotta di classe. Sia chiaro: questa non è una lotta che si vince nelle aule parlamentari, a forza di leggi e riforme…
Se ne potrà uscire solo collegando i risultati ottenuti dalle lotte contingenti (art. 18, abolizione precarietà, antifascismo, diritto alla casa) su una piattaforma di fronte unico, ma il tutto indirizzato ad una prospettiva di rivoluzione socialista. Non esistono accordi elettorali, tantomeno con i soggetti che hanno votato guerre e precarietà.
Si fa appello quindi ai compagni che vogliono questa prospettiva, e non vedono nel guru di turno la risoluzione dei problemi.
La lotta di classe non è finita ed i lavoratori devono scegliere: Socialismo o barbarie.