Assistiamo in queste ore ad una accelerazione straordinaria degli avvenimenti in Ucraina.
Il regime di Yanukovich si è sfarinato. La radicalizzazione dello scontro militare tra regime e piazza, con certo morti sul terreno, ha travolto l’equilibrio instabile fra le forze in campo. Il fragile compromesso raggiunto il 18 Febbraio tra diplomazie imperialiste europee, imperialismo russo, regime ucraino, opposizioni borghesi liberali ucraine a favore di un nuovo governo di unità nazionale e di elezioni politiche anticipate a maggio, non ha retto neppure 24 ore. Ed anzi ha costituito un fattore di precipitazione. La piazza di Kiev sotto la direzione delle organizzazioni paramilitari fasciste ha respinto il compromesso. Le opposizioni borghesi liberali che l’avevano siglato sono state scavalcate e sconfessate. Settori di polizia sono passati dalla parte della rivolta. I comandi di polizia hanno abbandonato il regime. L’esercito si è dichiarato “indisponibile” a intervenire. Yanukovich è fuggito, abbandonando le proprie ville lussuose, e con lui a ruota i suoi ministri oligarchi coi relativi bottini. Il partito di Yanukovich (“Partito delle Regioni”) si è disgregato in poche ore. Larga parte dei suoi parlamentari sono passati ai partiti borghesi liberali di opposizione o addirittura a Svoboda. Sotto la pressione minacciosa della piazza e delle milizie fasciste, lo stesso Parlamento che fino a pochi giorni prima aveva votato tutte le risoluzioni del regime (leggi liberticide, repressione militare..), dichiara improvvisamente decaduto Yanukovich e lo accusa di “crimini contro l’umanità”. Il controllo politico del Parlamento passa nelle mani di un nuovo governo retto dal principale partito borghese liberale (Partito della Patria), che immediatamente libera dal carcere la propria leader miliardaria Tymosch-enko e la porta a piazza Maidan ad arringare la folla, per cercare di recuperarne il controllo. La piazza applaude la sua liberazione come propria vittoria ma non si consegna al Parlamento. Mentre le milizie paramilitari prendono il controllo di Kiev e dei palazzi ministeriali.
Questa dinamica degli avvenimenti conferma pienamente l’analisi di fondo della situazione ucraina che il PCL ha prodotto. E smentisce una volta di più le letture ideologiche di diverso segno che si fronteggiano a sinistra sull’argomento.
La rapidità della disgregazione del regime di Yanukovich riflette la natura putrida della sua base oligarchica. Il capitalismo criminale e poliziesco del regime aveva come unico cemento la spartizione e difesa delle ricchezze sontuose accumulate con le privatizzazioni e il controllo dell’apparato militare repressivo. Il suo Partito era solo una rete di reciproca protezione tra oligarchi , i loro interessi privati, i loro clan. La pressione di massa l’ha travolto e abbattuto come un castello di carta. Con una dinamica che ricorda per molti aspetti la fulminea dissoluzione dopo l’89 delle burocrazie staliniste dell’Est europeo. L’oligarchia capitalistico mafiosa del regime di Yanukovich ha in fondo seguito il destino della burocrazia parassitaria da cui proveniva.
Parallelamente il ruolo politico egemone delle organizzazioni fasciste o fascistoidi nella direzione della rivolta appare più che mai alla luce del sole. Martello Bianco, Causa Comune, Settore di Destra – forze reazionarie russofobe e antisemite- hanno scavalcato la stessa Svoboda nella gestione della piazza. Lo scontro sanguinoso col regime sul terreno militare ha rafforzato ulteriormente il loro ruolo e il loro prestigio di massa. Lo stesso rapporto di forza con l’opposizione borghese liberale è evoluto a loro vantaggio. Il fatto che il nuovo governo borghese liberale “europeista” non possa chiedere la smobilitazione della piazza e debba anzi riconoscere il ruolo delle centurie militari fasciste come organi di difesa dell’ordine pubblico a Kiev, al rango di forze di polizia, è sintomatico della debolezza del governo e della forza delle organizzazioni reazionarie.
La dinamica in corso è aperta a sbocchi diversi. Inclusa una possibile disgregazione dello Stato Ucraino e la sua spartizione tra diverse aree di influenza (una nell’area imperialistico europea, in particolare tedesca, e una nell’orbita dell’imperialismo russo), con diversi equilibri politici interni.
In ogni caso splende l’ipocrisia dell’Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri. La stessa Unione Europea che chiede stabilità e ordine in Europa, che denuncia gli assedi proletari di massa dei “Parlamenti eletti” in Grecia come “attentato alla “democrazia” , presenta come “lotta per la democrazia” un movimento di massa a egemonia fascista che rovescia il Parlamento “formalmente eletto” di Kiev. (Trovandosi oltretutto alla fine di fronte a una situazione poco controllabile per gli stessi interessi imperialistici europei, e a una nuova complicazione del loro rapporto con l’imperialismo russo). E’ la riprova che il concetto di “democrazia” per i capitalisti è sempre la variabile dipendente dei loro interessi, veri o presunti.
Il fatto che Barbara Spinelli e i promotori liberal progressisti della lista Trsipras abbiano sostenuto la rivolta Ucraina, lamentando semmai un sostegno “debole” e “insufficiente” alla rivolta da parte della U.E., dà un’idea della subalternità del “civismo democratico” al liberalismo borghese e alle sue mistificazioni. E misura oltretutto una volta di più che il progetto di “riforma democratica e sociale” dell’Unione è solo aria fritta, a copertura dei liberali.
Certo pesa tuttora drammaticamente in Ucraina l’assenza sulla scena della classe operaia.
Ma questa assenza non è affatto un destino. Gli sconvolgimenti politici in atto, ad di là del loro segno, possono aprire un varco alla ripresa della sua iniziativa. Del resto la ripresa di massa del proletariato bosniaco a partire da Tuzla, in contrapposizione alla borghesia dominante, e al di là delle divisioni etniche, ci mostra una volta di più che la storia è capace di brusche svolte, anche nei luoghi più “improbabili”, anche dopo vicende tragiche indicibili. E che l’iniziativa della classe operaia è l’unico possibile fattore di svolta storicamente progressiva.
Così sarà, prima o poi, anche per l’Ucraina e il suo proletariato.
Il problema vero in Ucraina, come in Bosnia, come ovunque, è costruire il partito della sua riscossa e della sua rivoluzione. Che non ha niente a che vedere né coi liberali, né tanto meno coi fascisti.
MARCO FERRANDO