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CONGRESSO CGIL: INTERVISTA A GIORGIO CREMASCHI

Intervista a Giorgio Cremaschi apparsa sul quotidiano on line controlacrisi

“Il sindacato è un’altra cosa”. Si chiama così il documento alternativo con il quale la Rete 28 aprile andrà al congresso della Cgil. Un titolo che racconta abbastanza bene l’elemento di rottura che Giorgio Cremaschi vuole introdurre. Cremaschi è il leader di quella che per forza di cose deve essere considerata un’area programmatica a tutti gli effetti, visto che “La Cgil che vogliamo”, che prima la racchiudeva, ha deciso di aderire al documento della maggioranza. Quindi, con il suo 3% al direttivo, il piccolo drappello di sindacalisti dissidenti, tra cui, oltre a Cremaschi, figurano Maurizio Scarpa, Franca Peroni, Fabrizio Burattini, Francesco De Simone, Eva Mamini, cercherà di dare battaglia. Oggi si terrà a Roma l’assemblea nazionale della Rete 28 aprile. Controlacrisi ha intervistato Giorgio Cremaschi. Sarà un compito arduo coprire una reale battaglia congressuale nelle assemblee dei posti di lavoro. Sì certo, ma lanceremo un messaggio preciso ai lavoratori, ovvero che questo sindacato non serve a niente, per questo abbiamo chiamato il documento “il sindacato è un’altra cosa”. Insomma, organizzeremo la mobilitazione dei delegati nei congressi della Cgil per palesare la contraddizione reale della Cgil che ormai possiamo considerare una appendice dei palazzi, da una parte, e di Cisl e Uil dall’altra. Così è un sindacato che non serve a niente. Non serve ai lavoratori se non rompe con la politica e con Confindustria. Lo abbiamo visto con lo sciopero in questi giorni. I lavoratori hanno detto no a uno sciopero finto, mentre quando lo sciopero è vero come a Genova, l’adesione è stata fortissima. Il problema, però, sembra essere più profondo. Il congresso poteva essere l’occasione per discutere. C’è ben poco da discutere se il documento di maggioranza è in realtà un documento delle larghe intese. Appunto, questo è un danno per la Cgil perché trasforma un congresso di una fase di crisi del sindacato in qualcosa in cui compare una unità di facciata e poi nei corridoi i gruppi dirigenti si scannano. Oltre a questa critica feroce, nel vostro documento ci sono anche proposte? Ce ne sono tante di proposte, a cominciare da quella di autoriforma interna per impedire, se non dopo una pausa di almeno cinque anni, che un sindacalista che lascia il sindacato finsica subito in qualche consiglio di amministrazione. Per la politica il termine è di un solo anno. Poi proponiamo la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, che è cosa ben diversa dal contratto di solidarietà, e il salario minimo orario a dieci euro perché bisogna dire basta alla povertà dei lavoratori. C’è in questo un giudizio negativo esplicito sulla contrattazione che di fatto ha ridotto i lavoratori sul lastrico. Sarebbe meglio che il sindacato non firmasse più niente. E poi diciamo di rompere con l’Europa e di reintrodurre i due traguardi di sessanta e quarantanni per la previdenza. Parlavi dell’autoriforma… Serve una riforma radicale e democratica del sindacato, nel senso che ci deve essere una piena democrazia sindacale. I due accordi del 28 giugno e del 31 maggio non vanno bene e va ritira tata la firma. Vanno poi aboliti gli enti bilaterali. Questa sinistra sindacale che si forma quando Camusso prende in mano la Cgil e poi si divide in quello che sarà il congresso di conferma… Sono esterefatto dall’atteggiamento di Landini. Prima fa il radicale nell’intervista su Repubblica e poi il giorno dopo fa l’accordo con Susanna Camusso. Ripeto, il documento delle larghe intese è un danno per la Cgil.

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