Di partigiano stanziale
Ogni volta che si comincia a parlare di amnistia o indulto ecco che serial-Killer e criminali della peggior specie invadono le strade del paese. I giornali e le televisioni non si occupano di altro, così scompare l’indecente condizione dei carcerati per reati minori che sono il 90% della popolazione carceraria. Addirittura, la ministra Cancellieri che poco prima aveva raccomandato la sua amica Ligresti presso le autorità di giustizia, si erge a garante della sicurezza pubblica annunciando punizioni per i funzionari coinvolti. Sono bastati tre giorni di caccia al mostro per cancellare anche l’episodio degli immigrati disinfestati come bestiame nel lager di Lampedusa. Anche in questo caso il vice-premier Alfano aveva dichiarato che i responsabili sarebbero stati puniti; roba vecchia ormai. Tutto rimandato al prossimo giro. Tutto regalato in una storia che non esiste, quella indistinta e confusa dei senza potere.
Nel novembre del 1967 Guy Debord pubblicò: “ la società dello spettacolo”annunciando la trasformazione della politica e dell’intera vita sociale in una fantasmagoria spettacolare che soltanto oggi ha raggiunto la figura estrema che ci è divenuta perfettamente familiare: “Il capitale nelle sua fase ultima si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli, in cui tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione……Lo spettacolo non coincide semplicemente con la sfera delle immagini o con ciò che noi chiamiamo oggi media: esso è un rapporto sociale fra persone mediato attraverso le immagini, l’alienazione e l’espropriazione della stessa socialità umana……E’ nella figura di questo mondo separato e organizzato attraverso i media, in cui le forme dello Stato e dell’economia si compenetrano, che l’economia mercantile accede ad uno stato di sovranità assoluta e irresponsabile sulla vita sociale…..Dopo aver falsificato l’insieme della produzione può ora manipolare la percezione collettiva e impadronirsi della memoria e della comunicazione sociale per trasformarle in un’unica merce spettacolare, in cui tutto può essere messo in discussione, tranne lo spettacolo stesso, che in se, non dice altro che : “ ciò che appare è buono e ciò che è buono appare”.