L’ascesa del fascismo in Grecia e in Europa
di PCL Romagna · Novembre 26, 2013
21 Novembre 2013
La situazione che esprimono i dati raccolti nella UE, anche sull’analisi degli ultimi risultati elettorali, è deprimente e preoccupante; premesso che tutti i paesi dell’Unione, sia pure a velocità diverse, stanno affondando nella recessione, nella disoccupazione di massa e nei meccanismi di un debito inestricabile, tutti indicatori, questi, di un possibile collasso dell’eurozona, mentre, in campo sociale, si assiste a un aumento della xenofobia, sapientemente manipolata dallo Stato e dai mezzi di comunicazione, la quale, di fatto, promuove attacchi razzisti, scegliendo gli obiettivi di sempre: i migranti, le comunità mussulmane e gitane.
Alla base di tutto questo c’è l’ascesa, un po’ generalizzata, dei partiti di estrema destra che, nel centro e nel nord Europa (Ungheria, Austria, Paesi bassi, Belgio, Finlandia, Gran Bretagna), hanno ottenuto risultati elettorali a due numeri……..
Come se ciò non bastasse, in Francia il Fronte Nazionale di Marine Le Pen ha recentemente ottenuto vittorie piuttosto nette alle elezioni locali, preparandosi, così, ad affrontare in maniera rinvigorita le prossime e più importanti europee del maggio 2014; inutile dire che, almeno per il momento, il Front National, è primo nei sondaggi.
In Norvegia, va considerato che, dopo i crimini di massa di Anders Breivik, terrorista nazista dichiarato, ammiratore del partito greco Alba Dorata, dell’EDL (Lega di Difesa Inglese) e del Tea Party statunitense, autore dell’attentato agli edifici del governo a Oslo, che provocò otto morti e della carneficina nel campo della Lega Giovanile dei Lavoratori del Partito Laburista, nell’isola di Utøya, dove uccise sessantanove persone, in maggioranza adolescenti, la destra ha vinto le elezioni e che il partito di ultra destra al quale questo personaggio apparteneva, è ora uno strumento per mantenere al potere il governo recentemente formatosi.
In Grecia, Alba Dorata, un partito dichiaratamente nazista, ammiratore di Hitler, perversamente antisemita e xenofobo, uscito da quella sorta di semiclandestinità in cui sin’ora era vissuto, per essere elevato, nell’anno 2012, alla dignità del parlamento, nei sondaggi occupa stabilmente il terzo posto, malgrado viva dinamiche proprie di una banda di criminali, malgrado sia responsabile di tutta una serie di episodi delittuosi e spesso, purtroppo mortali, contro migranti e compagni di sinistra e malgrado le sanzioni a esso imposte dal governo, comunque con poca convinzione, a causa dell’assassinio del musicista di sinistra Pavlos Fyssas.
Ovviamente, nel maculato mondo delle formazioni politiche di nazisti dichiarati, in grado di esercitare una certa influenza di massa, esistono peculiarità nazionali, importanti differenze politiche, sociali, di relazioni di forza, sparse un po’ in tutta Europa, con un’attenzione maggiore da porre a Grecia e Ungheria, ma sarebbe una negligenza criminale, nei riguardi di tutte, non riconoscere i pericoli di una tendenza, oramai netta, in alcuni settori della popolazione, verso il populismo di estrema destra o addirittura il fascismo, sintomi, questi della condizione di crisi e della conseguente radicalizzazione.
Questo ritorno nel secolo XXI delle forze più oscure del passato della storia europea del secolo XX, non è un fenomeno marginale e passeggero, innescato solo dall’attuale crisi capitalista mondiale; il ritorno delle forze della barbarie, che l’umanità aveva già sperimentato pagando, nel secolo passato, un prezzo smisurato, ha profonde radici sistemiche: esso è spinto dalle contraddizioni mondiali esplose nel 2007, senza che, al momento, si riesca a intravedere alcun segno di soluzione, considerato anche che sta per iniziare, senza alcuna sorta di interruzione, il settimo anni di crisi capitalista mondiale.
2) La vecchia Europa, la culla del capitalismo mondiale è la zona più duramente colpita dalla crisi, il cui epicentro sono stati e continuano a essere gli USA.
L’implosione del capitalismo finanziario internazionale, a iniziare con il collasso delle ipoteche sub-prime degli Stati Uniti nel 2007 e la liquefazione delle finanze che hanno seguito il crollo della Lehman Brothers nel 2008, ha avuto un impatto immediato sul sistema bancario europeo, nel frattempo completamente esposto ai derivati finanziari tossici.
L’intervento di massa delle banche centrali e dei governi per salvare gli istituti di credito dopo lo scossone alla Lehman Brothers, ha prodotto il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi del debito sovrano, iniziando dalla Grecia per espandersi nel sud dell’Europa, coinvolgendo quindi Italia e Spagna, economie terza e quarta dell’UE, arrivando a minacciare Francia e l’egemonica Germania, entrambe nocciolo duro del sistema europeo.
Alla luce di questi meccanismi, è stato subito chiaro che tutto il progetto della UE, così come l’unificazione monetaria basata sull’euro, è in pericolo: tutti gli squilibri e le contraddizioni accumulate tra il nucleo e la periferia, tra il nord e il sud, tutti gli antagonismi tra e dentro gli Stati nazionali si intensificano enormemente per la crisi, rendendo impossibile anche uno sforzo comune per tentare di gestirla.
Le classi governanti dell’Europa dimostrano, con questo, ancora una volta di essere storicamente incapaci di risolvere le contraddizioni tra un economia internazionalizzata, le complicazioni delle frontiere nazionali e unificare “pacificamente” il continente, come il mito della UE pretendeva fare in particolare dopo l’esplosione della URSS e il collasso del “socialismo reale”.
Il progetto di unificazione intorno all’asse franco-tedesco, il trattato di Maastricht e il lancio dell’euro sono state la risposta alla sfida di un’ascesa della UE nella lotta per l’egemonia mondiale nel caotico universo post guerra fredda, purtroppo, questo progetto grandioso sta cadendo in pezzi e tutti i vecchi vampiri nazionalisti del passato stanno tornando più disperati che mai, visto che la globalizzazione ha già prodotto un’interconnessione internazionale insolubile di tutti gli aspetti della vita economica sociale, essendo lei stessa, contemporaneamente, una maledizione e una benedizione potenziale.
Il collasso dell’edificio della UE minaccia di seppellire tutti i popoli europei sotto le sue rovine, il contagio della bancarotta capitalista dalla Grecia a tutta la periferia europea e oltre, negli anni 2009-10 e nei seguenti è la prova definitiva dell’interconnessione e della morte delle risposte nazionaliste e dei progetti contro la catastrofe sociale.
La grande recessione posteriore al 2008, resa ancora più dura dall’introduzione delle draconiane misure di “austerità” volute dalla troika, Commissione europea, BCE e FMI, non ha mai cessato di espandersi, creando milioni di disoccupati, senzatetto e masse rese più povere, in numero mai visto in tutto il continente, dalla decade degli anni ’30 e dalla Seconda Guerra Mondiale.
In Grecia – oramai, purtroppo protagonista della crisi della UE, esempio e segnale di allarme di quanto succederà in altri paesi europei in futuro – la depressione e la disoccupazione sono arrivati a dimensioni che superano la Grande Depressione degli anni ’30 negli Stati Uniti: le condizioni sociali sono disastrose e simili a quando il fascismo, il nazismo e tutte le altre dittature arrivarono al potere nella maggior parte dell’Europa, trascinando tutti verso gli orrori della guerra, Auschwitz e Hiroshima compresi, anche se, negli ultimi settanta anni si sono avuti grandi cambiamenti storici dei quali non si può non tener conto.
Il primo è il periodo negli anni ’30, quando il nazionalismo economico e politico, in una maniera o l’altra, collassarono, alla ricerca di un’uscita sostenibile che non fosse una guerra devastatrice, i legami globali delle economie nazionali, ben stabiliti fin dalla prima epoca imperialista, erano molto meno sviluppati di oggi, dopo un periodo post bellico, piuttosto lungo, dei “trenta anni dorati” del keynesismo e di altri trenta anni di globalizzazione del capitale finanziario che seguirono l’estinzione e il collasso degli Accordi di Breton Woods nel 1971, fino all’implosione della stessa globalizzazione finanziaria del 2007.
Il secondo è quello caratterizzato dalle due strategie sviluppate dal capitalismo per affrontare il suo declino storico e le crisi dell’epoca imperialista: il keynesismo e il neoliberismo, falliti entrambi in termini storici, il primo nel 1971, il secondo nel 2007.
Il terzo ed estremamente importante è che la classe operaia internazionale ed europea non ha sperimentato ancora la successione di sconfitte schiaccianti degli anni ’20-’30 che culminarono con il trionfo di Hitler nel 1933, la distruzione di tutte le organizzazioni della classe operaia più forte nel paese più industrializzato dell’Europa continentale.
Oggi giorno, il potenziale della resistenza del popolo ai piani del capitale, che vuole che questo paghi la sua crisi, non è stato ancora distrutto: si è manifestato nelle le forti lotte sociali in Grecia e in Portogallo, in Spagna con il movimento degli “Indignados”, negli USA con “Occupy Wall Street”, per quanto accaduto, come un’eruzione a freddo, in Tunisia, in Egitto, per “la primavera araba” e per tutte le rivolte giovanili e popolari nei luoghi e nelle forme meno attese, dalla Svezia alla Turchia, dal Brasile al Sudafrica.
L’ascesa della minaccia fascista è tra l’altro il segno per cui la classe borghese governante si crogiola in vecchi meccanismi, formata da mezzi parlamentari tradizionali e l’alternanza tra i suoi partiti nel governo, mentre i più deboli, i lavoratori e le masse popolari, che sono stati chiamati a pagare la crisi dei governanti, non possono più sopportare l’essere guidati sotto le dure condizioni di una permanente austerità e una disoccupazione in continuo aumento, senza nessuna speranza di miglioramento.
In una maniera o l’altra, compaiono crisi di regime: Grecia, Italia, sono lontane dall’essere un esempio isolato, da un paese all’altro lo “stato di emergenza” è usato dalla classe governante per cancellare settori importanti del proprio ordine costituzionale – legale senza, però, che questo venga formalmente abolito.
Ogni parlamento è ridotto al mero compito di ratifica di decisioni già prese in altri posti, a Bruxelles o a Berlino o negli uffici del FMI e delle grandi banche, a tutto questo corrisponde un utilizzo più ampio e capillare delle forze repressive; si introducono nuove leggi sempre più restrittive dei diritti sociali e politici dei lavoratori, allargando le fila degli sfruttati e degli oppressi.
C’è qui un’ironia della storia: il collasso dei regimi stalinisti, nei paesi del cosiddetto “socialismo reale” nel ’89-’91, che fu celebrato in Occidente come la “vittoria finale e completa della democrazia liberale” ha solamente preceduto un periodo nel quale si è fatta chiara l’agonia di questa stessa democrazia.
Un decennio dopo il collasso dell’URSS, al principio del XXI secolo, dopo la svolta degli attacchi dell’11 settembre a New York, la necessità di una nuova guerra mondiale permanente “contro il terrore” è stata indissolubilmente combinata con la costruzione di un autoritarismo di Stato, sotto un dichiarato “stato di emergenza” armato, i cui elementi più visibili sono stati i suoi campi di concentramento come Guantanamo e i suoi centri di tortura come Abu Ghraib, attraverso una legislazione rigorosa del terrore e lo spionaggio generalizzato mediante l’uso dell’alta tecnologia.
Wikileaks, il caso Snowden e la protesta internazionale rivelano un processo che si è sviluppato da tempi immemorabili, ma che ha trovato la sua più ampia espansione con la tecnologia informatica, sviluppatasi essenzialmente per sostenere la globalizzazione finanziaria.
Da molto tempo, sentimenti come l’islamofobia e il razzismo si sono fatti sempre più violenti e a tratti persino isterici, nel periodo che ha preceduto immediatamente l’attuale crisi, per evolversi poi nella principale arma politica nelle mani dei governanti del mondo capitalista per restaurare il proprio potere, oramai logoro, imponendo, poi, quando è servito, un autoritario “stato di emergenza” a tutta la popolazione, senza tenere in alcun conto origine, nazionalità, religione, orientamento sessuale ecc.
Il nuovo “Ordine” specialmente quello occidentale non europeo, i migranti non WASP (bianchi, anglosassoni e protestanti), si convertono nel capro espiatorio di tutte le malattie sociali, nell’ebreo di oggi giorno, anche se l’antisemitismo – la radice di tutti i razzismi – non è mai sparito anzi sta riapparendo minaccioso come sempre.
Esiste una ragione storica strutturale che fa sì che il razzismo anti-migrante occupi una posizione centrale: le ondate di immigrazione di massa anteriore, nel secolo XIX e dopo la Seconda Guerra Mondiale, erano connesse con l’espansione industriale coloniale e imperialista nei paesi metropolitani, gli ultimi tre decenni della globalizzazione capitalista sono stati combinati con un tasso di profitto discendente in una sfera produttiva stagnante, di deindustrializzazione e una mostruosa espansione del capitale finanziario in scala planetaria. L’imperialismo, le guerre e la globalizzazione finanziaria hanno devastato i popoli nel cosiddetto terzo mondo, provocando così un vero esodo verso i paesi metropolitani.
Questi paesi hanno trattato i migranti come materiale scadente, da poter sfruttare sotto condizioni strettamente controllate all’entrata, in un mercato del lavoro che man mano si riduceva, mentre si allargava la disoccupazione di massa; sono state imposte misure barbare di “controllo migratorio”, costruendo una ”fortezza America o una “fortezza Europa” e il simbolo di quest’ultima potrebbe essere Lampedusa, l’isola italiana, divenuta la tomba di migliaia di migranti disperati, monumento alla barbarie contemporanea dell’imperialismo europeo, che non ha mai abbandonato il suo razzismo genocida e la criminalità del suo passato colonialista.
Il razzismo tradizionale degli avi colonialisti è usato, per mettere gli schiavi locali di origine europea, contro i propri fratelli e sorelle provenienti dalle loro ex colonie e per sottomettere entrambi alle necessità di un sistema in bancarotta: il razzismo contro i migranti e contro tutte le minoranze si è convertito nel sintomo più ovvio dell’agonia mortale della “democrazia occidentale”.
3) Nei cosiddetti piani alti della società capitalista, non nelle oscure bande fasciste simili a organizzazioni mafiose, le elite governanti, i suoi “cervelli”, i principali mezzi di comunicazione, adesso trattano apertamente la democrazia come una sorta di ostacolo, poco adatto, se non addirittura pericoloso, per risolvere la crisi economica; infatti, cinicamente la rifiutano nella pratica e discreditano il proprio armamento ideologico centrale: la democrazia parlamentare borghese, anche se in suo nome non cessano di espandere le proprie crociate anticomuniste e le guerre imperialiste per un “cambio di regime” in Afganistan, Iraq, Libia o Siria.
Si può trovare un notevole esempio di questo, in una notizia che parla della crisi nell’eurozona pubblicata il 28 maggio del 2013 dalla J:P. Morgan, la banca più grande del mondo.
La notizia sottolinea che anche se in alcune aree “l’adeguamento” ha ottenuto alcuni progressi, in altri è agli inizi e l’area più problematica rimane quella politico-sociale in particolare nel sud dell’Europa, tutto questo dovuto agli scambi politici introdotti dopo la caduta delle dittature della regione, “Le costituzioni e gli accordi politici nella periferia a sud dopo la caduta del fascismo, hanno una quantità di caratteristiche che sembrano non adattarsi a una futura integrazione nella regione.”.
Nelle osservazioni finali della nota della J. P. Morgan gli autori, con riferimento a Grecia, Spagna, Portogallo, sottolineano nuovamente “I sistemi politici alla periferia furono stabiliti come conseguenza delle dittature e furono definiti da questa esperienza. Le costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista essendo poi riflesso della forza politica che i partiti della sinistra generarono dopo la sconfitta del fascismo.
I sistemi politici alla periferia, generalmente mostrano alcuni dei seguenti tratti: esecutivi deboli, stati centrali deboli in relazione alle regioni, protezione costituzionale dei diritti lavorativi, sistemi di costruzione del consenso che stimolano al clientelismo politico e al diritto di protesta, se si effettuano cambi che non sono graditi allo status quo politico.
I difetti di questo lascito politico sono stati rivelati dalla crisi.”.
Non è una rivelazione, né una sorpresa che per J. P. Morgan, per tutte le banche e per i capitalisti “la protezione costituzionale dei diritti del lavoro” o “il diritto di protesta” sono considerati “difetti” “impedimenti” per la soluzione della crisi o addirittura subiscono la collocazione, ancora peggiore, di “socialisti” e alla fine, queste affermazioni non fanno altro che dimostrare l’attitudine verso un tipo di democrazia che possa servire ai suoi interessi, così come le preoccupazioni espresse per il futuro immediato, “In termini macroeconomici, la regione non sarebbe capace di sopportare altri tre anni come gli ultimi tre”.
Il grande timore, non solo di J. P. Morgan, ma anche di tutti i capitalisti è la condizione di contraddizione sempre più acuta: da una parte, con la diffusione massificata della disoccupazione, con la condizione di miseria che ha aggredito negli ultimi tre anni, non solo milioni di lavoratori ma anche interi strati della classe media; particolarmente nel sud Europa la situazione è diventata politicamente non sostenibile, dall’altro lato il potenziale di resistenza sociale e gli effetti della crisi e delle politiche capitaliste di cannibalismo sociale imposte dalla dittatura del capitale finanziario non si sono tuttavia distrutte.
La relazione di forze stabilite dopo la caduta delle dittature ancora non si è invertita, la capacità di lotta delle masse non è stata ancora sconfitta e per ultimo ma elemento non meno importante, i partiti politici che si sono alternati al potere dopo la caduta delle dittature sono completamente discreditati, incapaci di riuscire in alcun modo a gestire la crisi.
È in questa complessa situazione che repressione dello stato, razzismo e fascismo stanno emergendo come cruciali in termini politici: escono rafforzati da questo stato di cose, in quanto considerati catalizzatori in grado di risolvere il problema della “governabilità” (per utilizzare il termine di Michael Foucault); elementi in grado di produrre l’indebolimento di tutti i consensi anteriori e di riunire tutte le tecnologie di coercizione del potere, essi sono mobilitati in modo disperato, per salvare l’agonizzante sistema sociale di sfruttamento capitalista e la Grecia ne è l’esempio più chiaro e avanzato.
4) Il caso Greco non è un’eccezione; come si è purtroppo visto altrove è un esempio ineccepibile delle tendenze di un processo mondiale, un’espressione peculiare di tutte le contraddizioni presenti in Europa e nel resto del mondo, un microcosmo che mostra la bancarotta non solo di una economia nazionale o della zona euro e il progetto della UE, ma anche quella del capitalismo nel suo declino storico, nel bel mezzo dell’implosione della globalizzazione finanziaria.
La Grecia, a causa del suo enorme debito, del deficit e di tutta una serie di debolezze strutturali interne di natura economico-sociale, è sempre stata l’anello debole nella zona euro e al suo spezzarsi ha generato un inferno per il suo popolo e un incubo per la UE e il capitalismo mondiale.
L’UE e il capitale finanziario mondiale, per poter salvare le proprie banche oramai in piena sovraesposizione, sono intervenute concedendo una serie di prestiti usurai alla Grecia: i così detti “pacchetti di aiuti”, legati al vergognoso “memorandum” con il governo greco, un programma durissimo e scellerato di misure d’ austerità (di fatto cannibalismo sociale), supervisionato dalla troika UE, BCE, FMI: sono stati tagliati ripetutamente salari e pensioni, l’economia è scivolata verso una depressione che dura oramai da sette anni, un terzo della popolazione sopravvive sotto la soglia di povertà, la disoccupazione ha superato il 27% della possibile forza lavoro, con picchi del 65% tra i giovani in età tra 18 e 24 anni, lo stato sociale, riguardante Salute e Educazione è oramai praticamente distrutto.
Il programma di FMI, BCE, UE ha dimostrato essere nella sua applicazione una vera e propria catastrofe sociale senza precedenti e generatore di un collasso economico totale, come ha dovuto ammettere nel 2013 lo stesso FMI: il debito estero nei tre anni post-memorandum è schizzato dal 115% del PIL al 180!
Ovviamente tutto questo non è sostenibile ed è per questa ragione che il FMI si prepara a ritirarsi dalla troika, mentre la UE ha dichiarato che continuerà a supervisionare la Grecia, con il controllo assoluto di tutte le sue decisioni economiche fin quando il rapporto debito PIL non si sarà assestato al di sotto del 75%.
Di fatto, il popolo greco è stato ridotto a una nazione di spodestati, di persone trattate con disprezzo e arroganza a causa dei “prestiti” ricevuti, da quelli che sono veri e propri usurai internazionali:la UE e in particolare la borghesia tedesca…il potere dominante in Europa.
La classe operaia e le masse popolari hanno lottato e continuano a lottare in maniera coraggiosa, nonostante il tradimento della borghesia politico – parlamentare e di quello, ancora più grave, dei sindacati; dal 2010 sono stati fatti 35 scioperi generali, che la burocrazia sindacale in qualche modo è riuscita a comprimere, per cui non hanno superato le 24 o 48 ore, vi è stato un vasto movimento di occupazione delle piazze, in particolare da parte degli ”indignados” di cui è ancora vivo il ricordo della manifestazione fatta nel 2011, a piazza Syntagma di fronte al parlamento.
In tutto questo, le masse popolari sono mobilitate in nuove forme di partecipazione nella lotta; sono emerse nuove forme di auto-organizzazione popolare (assemblee popolari, reti sociali di servizi gratuiti di salute, centri indipendenti anti-burocratici dei lavoratori in lotta…) e in alcune occasioni le manifestazioni di massa hanno preso forme insurrezionali come nel febbraio 2012.
Il governo Papandreou è stato fatto cadere nel novembre 2011, insieme a quello di Berlusconi in Italia e in entrambi i paesi la UE ha imposto “governi tecnocratici” non scelti ma appoggiati, in parlamento, da quei partiti che oramai avevano perso il mandato: una maniera, indegna, di decretare la morte della democrazia parlamentare.
Il governo “tecnocratico” di Papandreou appoggiato da una coalizione dei due principali partiti antagonisti che avevano governato il paese dal 1974, il partito di destra Nuova Democrazia con Samaras (che nel 2010-2011, durante il governo Papandreou – Pasok, si era opposto in forma demagogica al memorandum e alla troika) e il Pasok, partito di centro destra, che si sono uniti per la prima volta al partito Laos, l’ultradestra xenofoba e antisemita.
L’intenzione della UE e dei centri del potere della borghesia locale per tenere in vita il governo di Papademos fino al completamento del suo programma di politiche antipopolari compreso il memorandum, a un certo punto è fallita, per cui ci sono state elezioni anticipate prima nel maggio 2012 e, dal momento che non è stato possibile formare alcuna maggioranza di governo, un mese dopo, nel giugno 2012, si è ritornati al voto.
La commozione per i risultati di quell’elezione fu enorme: il sistema parlamentare bipartitico che aveva governato il paese da quattro decadi si era disintegrato; tutto il panorama politico era cambiato in maniera drastica, mai i consensi espressi per Nuova Democrazia e Pasok erano andati così in basso, la polarizzazione sociale e la radicalizzazione politica avevano catapultato Syriza, il vecchio partito riformista di sinistra dal 4% a quasi il 30%, facendolo diventare il secondo partito greco per numero di voti e il principale partito di opposizione al governo di Antonis Samaras e contemporaneamente si è resa possibile, per la prima volta nella storia del parlamento greco, l’entrata del gruppo nazista extraparlamentare Alba Dorata.
5) Di Alba Dorata bisogna dire che, malgrado la sua presenza in parlamento, un anno e mezzo più tardi ha intensificato i suoi attacchi omicidi contro migranti, compagni di sinistra, il tutto sotto la protezione e collaborazione dell’apparato repressivo statale e prendendosi burla di tutte le istituzioni, ha aumentato e consolidato la propria influenza arrivando a essere, così come lo danno tutti i sondaggi, il terzo partito in Grecia, dopo Nuova Democrazia e Syriza.
Di Syriza, il partito con le sue posizioni social comuniste, bisogna dire che, anche se aveva persuaso molta gente prospettando un “governo di sinistra” che potesse mettere fine all’inferno dei diktat del FMI e dell’UE – non ha mai rotto il vincolo con quest’ultima e con il riformismo, infatti, una volta arrivato alle soglie del potere, si è rivelato conservatore, ha iniziato a vacillare, rimanendo sempre più schiacciato tra le pressioni di sinistra e destra, dalle aspettative popolari da una parte e dalle richieste della classe governante della Grecia e della UE dall’altra.
L’ortodosso stalinista Partito Comunista greco (KKE), ha visto, in tutto questo, la sua base assottigliarsi in maniera drammatica, probabilmente a causa delle sue politiche isolazioniste, che generano un’ostilità ultra settaria contro Syriza e chi la segue e contro tutti i partiti e movimenti sociali della sinistra con una militanza retorica e una pratica riformista.
La maggioranza delle organizzazioni di estrema sinistra, anche se ricche di militanza, non sono in grado di offrire una leadership alternativa e convincente al movimento dei lavoratori e al popolo, questo per il loro continuo ondeggiamento centrista e per tutta una serie di rigidità dogmatiche; contemporaneamente, va detto che le condizioni sociali sono disperate e chiedono soluzioni radicali.
Nel panorama generale i nazisti di Alba Dorata, cercano di sfruttare, non senza esito, la disperazione sociale tentando di accreditarsi come una forza radicale “anti-sistema” e questa, con buone probabilità, è la prima ragione, ma non l’unica dell’ascesa di questo partito e a tutto questo si aggiunge che il vecchio sistema politico parlamentare borghese e i due principali partiti che hanno da sempre governato il paese sono oramai completamente discreditati: la gente li odia per tutti gli episodi di corruzione dei quali si sono resi protagonisti, li ritiene un’accozzaglia di criminali e responsabili della bancarotta della Grecia, sono disprezzati perla loro obbedienza servile alla troika e per i conseguenti disastri creati in tutto il paese, trasformato, di fatto, in un protettorato della UE; in una parola, sono considerati gli unici e reali colpevoli di tutta la miseria e sofferenza che la Grecia sta vivendo.
Va detto, inoltre che lo stesso sistema politico, gli stessi partiti mentre stavano al potere, con il sostegno dei propri mezzi di comunicazione e di tutta la corte di giornalisti e pseudo-intellettuali liberali “organici” e contigui al sistema, hanno spianato il cammino, fin dal 1990, all’estrema destra greca, facendole una sorta di pubblicità edulcorata, favorendo una sorta di sua familiarizzazione con il popolo e ne hanno legittimato molti degli obiettivi politici contro i suoi oppositori, al fine di propiziare l’agenda neoliberista comune.
Prima dell’entrata di Alba Dorata in parlamento, nel giugno 2012, l’estrema destra già era stata totalmente riconosciuta come un alleato nella coalizione di governo, quando il partito Laos, che in passato aveva avuto anche posizioni negazioniste, si unì al governo Papandreou: in questo modo, a questa parte politica venne ricostruita una sorta di verginità dal proprio establishment borghese.
Lo stesso partito Laos si identificò con le odiate politiche del memorandum e fu praticamente cancellato nelle elezioni del 2012, lasciando uno spazio vuoto, che Alba Dorata andò a occupare, ma non mancò di far sì che Nuova Democrazia acquisisse alcuni dei suoi quadri più apertamente fascisti e antisemiti come Makis Voridis e Adonis Gerogiadis che si ritrovarono come ministri, nella nuova coalizione di governo di Samaras.
L’orientamento di ultradestra di Nuova Democrazia è rafforzato dalla continua opera di edulcorazione nei riguardi di fascisti dichiarati e dalla stabilizzazione intorno al nuovo ministro di un gruppo di consiglieri in grado di esercitare molta influenza e composto da nazionalisti, anticomunisti, rozzi antisemiti, tra cui anche negazionisti, dove spiccano nomi come Fraikos Kradnidiotis, Chrysanthos Lazarides, T. Baltakos e qualcun altro.
Tutti loro sono preparati a condividere il potere, se necessario, con un’ Alba Dorata più affidabile nel comportamento, così come ha dichiarato pubblicamente il segretario dell’attuale governo greco e assieme a lui, un manipolo di giornalisti filo governativi, il tutto, però, alla vigilia dell’assassinio di Pavlos Fyssas, nel settembre 2013, da parte di un gruppo di sicari, facenti parte di quelle che sono vere e proprie truppe di assalto di Alba Dorata.
La collaborazione di Nuova Democrazia con Alba Dorata ha una lunga storia e un retroterra che parte da lontano: si inizia dai tempi dell’occupazione nazista della Grecia e della guerra civile negli anni ’40.
Di quella che può esser considerata una sorta di tragedia del popolo greco, non c’è mai stata una vera decontaminazione: quelli che non collaborarono con i nazisti, durante l’occupazione, furono puniti, al contrario quelli che li appoggiarono, i trafficanti del mercato nero che si arricchirono durante il periodo di occupazione e gli anticomunisti vittoriosi della guerra civile, governarono il paese negli anni ’50 e ’60, preparando le condizioni alla dittatura militare dal ’67 al ’74, terminata la quale, nessun collaboratore della dittatura fu in qualche modo punito, al contrario si assistette all’integrazione di diversi di loro nelle nuove strutture di potere della ristabilita democrazia parlamentare.
La classe dominante non ha mai superato l’allarme e il timore che scaturivano dal pericolo immediato di perdere il potere, tanto al fine dell’occupazione nel 1944 come alla fine della dittatura nel 1974.
Dopo il collasso della giunta dei colonnelli neri, la borghesia ha, comunque, dovuto fare importanti concessioni economiche e politiche alla classe lavoratrice, questo allo scopo di disattivare una possibile crisi pre-rivoluzionaria, ma in tutto questo ha sempre tenuto in serbo un vero e proprio arsenale di misure antidemocratiche e di personale preparato a confronti futuri.
6) Uno spartiacque critico fu la storica rivolta di massa della gioventù greca nel dicembre 2008, due mesi dopo il collasso di Lehman Brothers, “la prima esplosione politica dell’attuale crisi economica mondiale”, come la definì correttamente allora Dominique Strauss – Kahn , capo del FMI in quel momento: la crisi di potere stava emergendo prima che la bancarotta economica prendesse lo stato pubblico.
Fin dall’inizio del 2009, il governo di Nuova Democrazia e il Ministro dell’Ordine Pubblico e la polizia hanno iniziato a collaborare apertamente con le bande di Alba Dorata, specialmente nell’area di Aghios Panteleimonas, vicino ad Atene per organizzare attività contro le comunità migranti e contro il movimento operaio, la sinistra e gli anarchici, attività portate avanti assieme alle formazioni delle truppe speciali della polizia antisommossa, come le unità Dias e Delta e facenti parte, oramai, di una strategia controrivoluzionaria per controllare la popolazione civile in condizioni di caos economico e rivolte sociali.
Fu in questo panorama che nel maggio 2009 venne intrapresa un’azione legale da parte di Alba Dorata contro tutto la sinistra da Syriza al KKE ad Antarsya e all’EEK, i sindacati, le comunità di migranti, i movimenti antirazzisti e personalità indipendenti come il rettore dell’Università Tecnologica Nazionale di Atene, i quali vennero portati in tribunale il 3 settembre del 2013.
Durante tutto il periodo di preparazione del processo, la stampa fascista e tutto quanto l’establishment nazista promosse una violenta campagna antisemita contro chi ha scritto queste pagine, dovuta alle sue origini ebree, con aperte minacce di morte e incitamenti del tipo: “schiacciare il verme ebreo” o lo “strumento della cospirazione giudea mondiale per stabilire un regime giudeo-bolscevico in Grecia.”.
In normali condizioni di democrazia e senza la complicità delle autorità statali, questo processo sarebbe stato subito archiviato e non sarebbe mai andato più in là di una udienza preliminare: per la prima volta, in Grecia, dalla sconfitta del nazismo nel 1945 un intellettuale e attivista ebreo di sinistra è stato trascinato in tribunale a causa delle sue attività antifasciste, con le accuse partorite da un partito apertamente nazista, legittimato dalle autorità di “uno stato democratico membro dell’Unione Europea.”
L’obiettivo dell’azione legale aveva tre motivazioni: penalizzare il discorso e le attività antifasciste in condizioni nelle quali l’estrema destra e i fascisti sono importanti alleati delle strutture del potere; legittimare l’antisemitismo, il mito di fondo centrale dei nazisti, ma anche con profonde radici nello Stato, la Chiesa e alcuni segmenti della società greca e per ultimo iniziare la sistematica demolizione di tutti i diritti politici conquistati dopo il collasso della dittatura militare nel ’74, cominciando con lo smantellamento di un piccolo partito della sinistra per riuscire, con accuse fabbricate e processi spettacolari a metterla completamente fuori gioco.
In altre parole l’obiettivo era promuovere la retrocessione della relazione delle forze politiche stabilita in Grecia dopo il collasso della giunta dei colonnelli e della CIA – il fine politico centrale formulato dalla J. P. Morgan, già menzionato.
Grazie alla massiccia mobilitazione antifascista nazionale e internazionale che ha espresso solidarietà alla sinistra greca, gli artefici di questa vera e propria frode hanno fallito: gli accusati sono stati dichiarati innocenti, dai tribunali e questa è stata la prima volta di una sconfitta legale di Alba Dorata dopo la sua entrata nel parlamento greco.
Questo comunque, è stato solo un momento importante, ma non decisivo, solo una battaglia vittoriosa nella guerra in corso contro le forze più oscure della reazione borghese.
7) Immediatamente dopo il processo del 3-4 settembre 2013 Alba Dorata assistita e protetta da forze speciali della polizia (è risaputo che nel 2012, la maggioranza di questo corpo ha votato per il partito nazista), intensificarono attacchi e provocazioni distruggendo locali e uffici delle organizzazioni di sinistra, lanciando attacchi assassini con quelle che sono le sue truppe d’assalto, contro il KKE a Perama e assassinando Pavlos Fyssas a Keratsini .
È stato questo ultimo crimine a provocare una tale quantità di ira e indignazione popolare, sia nel paese che all’estero, che il governo di Samaras si è visto costretto ad agire con misure energiche contro Alba Dorata arrestando alcuni dei suoi leader, deputati e militanti nelle sue truppe e annullando il finanziamento statale come partito parlamentare.
Il problema reale, però, è che sarebbe fondamentalmente ingenuo credere che queste minacce della destra possano essere sparite solo perché qualcuno dei suoi esponenti è stato, per il momento, incarcerato dai suoi protettori, mentre le condizioni economico-sociali e i fattori politici che alimentano il fascismo sono ancora presenti.
La condizione dei greci non solo continua a deteriorarsi, ma ha oramai assunto le dimensioni di una crisi umanitaria: i partiti al governo, discreditati non sono in grado di poter operare alcun recupero di stabilizzazione economica o politica e men che meno, riuscire a governare la crisi.
Un crescente autoritarismo dello stato, una condizione di emergenza permanente, l’uso della violenza, in qualche modo istituzionalizzato, da parte di gruppi paramilitari e da bande fasciste, non sono assolutamente in grado, né sono mezzi idonei, per restituire a un popolo intero, le cui necessità sono diventate estreme, condizioni minime di vita, a partire dalla casa e dalla salute pubblica: purtroppo non c’è soluzione all’interno di un sistema capitalista oramai in bancarotta, la cui disintegrazione minaccia di seppellire tutti sotto le sue rovine.
Lo stesso fascismo è un’espressione violenta della sua disintegrazione nella barbarie: deve essere combattuto da un fronte unico di tutte le organizzazioni e forze dei lavoratori e del movimento popolare, dalle formazioni di auto-organizzazione e solidarietà sociale, bisogna che agisca in maniera incisiva contro la disperazione e la demagogia fascista, tenendo anche presente che il fascismo è oramai nella sua età senile: 70 anni dopo la sua sconfitta a Stalingrado, è una orrenda parodia della sua gioventù.
La cosa di cui bisogna rendersi conto e considerare una necessità urgente, è quella di trovare gli strumenti per organizzare la lotta di massa che consenta un’uscita socialista dalla crisi del sistema che collassa, per il potere operaio e la riorganizzazione dell’economia su nuove basi sociali, in accordo con le necessità della gente comune e che sia in netto contrasto con le meccaniche di profitto di una minoranza, avida e parassitaria.
Il presente della Grecia, mostra il futuro di tutta l’Europa e di tutto il mondo capitalista, essa è una dimostrazione della crisi globale del sistema e come tale richiede una soluzione globale.
L’Unione Europea imperialista è, di fatto, diventata una sorta di prigione dei popoli, i quali, da oriente a occidente, dal nord al sud, devono spezzare le catene e unificare il continente negli Stati Uniti Socialisti d’Europa.
Tra le tante cose, dette o gridate, nelle manifestazioni che si sono avute in Grecia, c’è n’è una che si alza più delle altre e più della altre riesce a incidere, essa dice: “Ridateci le nostre vite rubate!”. Questo grido si inserisce perfettamente nelle parole di Marx: “Dobbiamo espropriare agli espropriatori delle nostre vite” per completare lo storico ciclo, interrotto, che si inaugurò nella grande rivoluzione socialista del 1917!
Savas Michael Matsas
Segretario Generale del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori della Grecia (EEK)
Sezione greca del Coordinamento per la Rifondazione della IV Internazionale (CRQI)
7 novembre 2013