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Rassegna PCL 3

Il monologo di un operaia:

31 Gennaio 2012
racconto

Guardo questa fabbrica, il luogo che ha ospitato per anni quello che pensavo fosse il mio lavoro e che invece veniva da loro considerato merce, con un valore mai pari a quello prodotto dalle nostre mani, dalle nostre schiene dai nostri polmoni…

La guardo e penso che non scambierò mai più al suo interno quelle emozioni che da sempre hanno caratterizzato la mia vita ed il mio carattere. Rabbia, voglia di lottare, sorrisi confusi tra complicità ed ostinazioni reciproche, tra me e altri lavoratrici-tori, alcuni delle-dei quali non vivono più a causa dell’asbestosi e di morte precoce……..

La osservo e provo due sensazioni ben distinte ma anch’esse complici.
Rabbia, una rabbia furente, e rammarico per quello che non siamo riuscite-i a essere e fare per tenere con noi questo luogo, per farlo nostro e apporre un sigillo a tutte le malefatte perpetrate in anni dai vari padroni e padroncini che al suo interno hanno agito come se questo posto carico delle nostre emozioni, dei nostri desideri e di tutto ciò che è coinvolgimento del nostro corpo e spirito fosse il loro.

Ero sola, eravamo sol* io e quelle-quei poch* compagn* che consigliavamo un occupazione.
Principalmente ci saremmo ripres* la nostra vita e avremmo tentato di riscattare la morte delle operaie e degli operai che qui hanno lasciato le loro.

Eravamo poch*…, come spesso avviene in questi casi, ma io ho sempre pensato che dopo aver superato un tumore, dopo aver lottato tutta una vita per difendere la mia e la dignità del lavoro all’interno di questo che ora è un luogo vuoto, svuotato di tutta la sua storia, lottare e anche morire per vincere e finalmente pareggiare anche solo un conto con un solo padrone sarebbe stata la via giusta da seguire.

Hanno rubato anche quello oltre alle nostre vite e alle nostre morti che non saranno ricordate in un mondo che offende ogni giorno la vita.
La offende quando discrimina, la offende quando semina veleni nelle acque e tra le persone…

Le nostre vite…
Quelle sofferte sputando sangue e sentendosi impotenti talvolta davanti a scene di crolli personali e fisici di colleghe e colleghi.

Le vite pesate su due diverse bilance.
Mi diceva…
“Enza, non esiste più la lotta di classe, esistono le opportunità da cogliere!”
La persona con cui ho lavorato per 15 anni e che ha pronunciato queste parole non è arrivato al licenziamento via fax; è morto prima e noi… noi comuniste-i non siamo riuscit* a fargli capire che la lotta di classe esiste eccome, esiste per la sua vita e per la sua morte, esiste per me con due figlie a carico e senza nessun altra entrata, esiste per Lucia suicidatasi dopo il licenziamento.

Rabbia e rammarico per questa violenza di classe, quella dei padroni che ci propinano ancora ogni giorno nuove LORO verità ben vestite ma che non cambiano le nostre vite nella sostanza si limitano solo a peggiorarle e la lotta, le nostre lotte dovrebbero esserci sempre ed in ogni luogo nel quale veniamo falcidiat*, offes* e buttati fuori dalle nostre stesse vite e dal nostro futuro.

Enrichetta Cellula Sacrofano PCL Roma

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