Sono tutti uniti contro i lavoratori, ma faticano a trovare tra loro l’equilibrio politico necessario per continuare, nelle stesse forme, la comune azione di rapina: questa è la sostanza della crisi di rapporto tra i partiti borghesi di governo ( PD/PDL). Per questo una possibile crisi di governo grava sullo scenario politico. E impone alcune prime considerazioni di lettura. Che scontano inevitabilmente l’estrema variabilità degli eventi e numerose incognite. E che quindi andranno aggiornate con lo sviluppo degli avvenimenti…..
LA ASPETTATIVE “TRADITE” DI BERLUSCONI
Al centro della scena vi sono le aspettative “tradite” di Berlusconi.
Berlusconi si attendeva che il proprio profilo di “statista” – con la scelta del sostegno al governo della “pacificazione” nazionale- gli procurasse la magnanimità della magistratura. Ma la sentenza della Cassazione ha smentito l’attesa.
Successivamente ha puntato le sue carte sull’intervento di Napolitano, come contraccambio della responsabilità istituzionale. Ma Napolitano ha un margine di manovra assai limitato. Per cui la nota del Colle del 13 Agosto, al di là del “riconoscimento politico”, ha negato a Berlusconi la via di fuga giudiziaria.
Infine Berlusconi ha cercato nel PD una qualche sponda, per ottenere quanto meno un prolungamento dei tempi di pronunciamento della Giunta parlamentare sulla decadenza da senatore. La mediazione è in corso. Ma il PD, tanto più sotto congresso, ha poco spazio per aiutare Berlusconi. Il tentativo Violante ( col benestare del Quirinale), mirato a legittimare un ricorso della Giunta alla Consulta, è peraltro rapidamente fallito.
Da qui la possibile dinamica di crisi del governo, per opera del PDL. I cui effetti sarebbero in ogni caso una nuova precipitazione della crisi politico istituzionale.
UNA CRISI DI GOVERNO? POSSIBILE, MA NON CERTA
La crisi di governo non è certa. Berlusconi è al centro di pressioni opposte provenienti dal suo stesso ambiente. Tra un’ala populista che punta alla crisi per scalare innanzitutto la nuova Forza Italia, sulla pelle della componente ministeriale del PDL. E un blocco composito di ala ministeriale, vertici aziendali Mediaset, ambiente di famiglia, assistenti legali, che ( per ragioni e interessi diversi) sconsigliano una rottura senza prospettive e puntano sino in fondo su una possibile intesa col Quirinale. L’incertezza e le oscillazioni quotidiane di Berlusconi rendono difficile ogni previsione attendibile.
Se dovesse prevalere alla fine la rottura, si aprirebbe una complicatissima partita politica.
Berlusconi e Grillo punterebbero alle elezioni immediate a Novembre con l’attuale legge elettorale. Berlusconi con la speranza ( o l’illusione) di poter vincere alla Camera ( sondaggi alla mano) e così pensare di riconquistare un potere negoziale sull’intero scacchiere istituzionale (ferme restando in ogni caso le annunciate sentenze giudiziarie sull’interdizione e le relative incognite sulla stessa forma e possibilità di partecipazione del Cavaliere alla campagna elettorale). Grillo con la volontà di scongiurare una riforma elettorale penalizzante , consolidare il proprio controllo padronale sul movimento, puntare su una campagna elettorale di rilancio e sfondamento, come a febbraio.
UN’IMMEDIATO SBOCCO ELETTORALE IN CASO DI CRISI? POSSIBILE, MA NIENTE AFFATTO SCONTATO
Lo sbocco elettorale immediato, in caso di crisi, è possibile ma niente affatto scontato.
E’ possibile: perchè nello stesso apparato del PD un ricorso immediato alle urne potrebbe rispondere a interessi diversi, in particolare Dalemiani: evitare soluzioni di governo rabberciate e senza futuro, affidate alla incerta contrattazione con qualche transfuga; cercare di sfruttare una contrapposizione elettorale frontale con Berlusconi, per capitalizzare l’antiberlusconismo, e marginalizzare Grillo; e soprattutto risolvere il problema degli equilibri interni, rinviando il congresso, indicando Renzi come candidato Premier, e liberando lo spazio per un altro segretario di partito.
Ma lo sbocco elettorale immediato non è affatto scontato per la forte opposizione di Napolitano. Che partendo dall’interesse generale borghese, non vuole un ritorno elettorale con l’attuale legge, perchè lo giudica (.. “a ragione”) molto avventuroso e propedeutico ad una nuova paralisi ( annunciata ingovernabilità del Senato).
Napolitano cercherà dunque, presumibilmente, una nuova soluzione di governo. Questa soluzione può avere in teoria traduzioni diverse.
SOLUZIONI DI GOVERNO ALTERNATIVE? LE IPOTESI IN CAMPO, E LE LORO INCOGNITE.
Nel caso ( allo stato molto improbabile) di una consistente rottura interna del PDL, per opera dell’ala governativa”, potrebbe tradursi in un Letta bis, con la disponibilità dell’interessato.
Nel caso di tenuta del PDL attorno a Berlusconi, potrebbe tradursi in un governo a maggioranza molto limitata ( al Senato), basata sul coinvolgimento di transfughi M5S, di Sel, di qualche libero battitore di centrodestra e sul sostegno dei 4 nuovi senatori a vita, non a caso promossi da Napolitano. Ma SEL potrebbe non essere disponibile a coinvolgersi in una soluzione precaria di governo senza certezza di sbocco. E buona parte del PD, a maggior ragione, può essere refrattario all’idea.
Resta la possibile traduzione di un governo cosiddetto “di scopo”: un governo a breve termine col solo mandato di cambiare legge elettorale e andare al voto. E’ la soluzione preferita da Sel, che utilizzerebbe il governo per cementare l’accordo elettorale col PD. E’ la soluzione preferita da Renzi, che avrebbe tempo di conquistare il PD attraverso il congresso e poi candidarsi come candidato Premier da Segretario del partito.
E’ una soluzione che persino lo stesso PDL, a certe condizioni, potrebbe alla fine considerare ( in questo caso con l’esclusione di Sel) per negoziare la nuova legge elettorale e minimizzare i danni.
In ogni caso, su ogni soluzione, grava il prossimo Congresso del PD ( se non verrà rinviato). Un Renzi segretario non lascerebbe spazio e tempo a nessuna soluzione politica minimamente stabile, capace di logorare il suo appeal elettorale.
Fuori da queste ipotesi, tutte astrattamente possibili ma problematiche, la strada si divarica. O Napolitano si vede costretto a prendere atto dell’impossibilità di ogni soluzione , e dunque a malincuore scioglie il parlamento e indice le elezioni. Oppure si dimette da Presidente della Repubblica, registrando il fallimento della propria “missione”: e a questo punto la procedura di rielezione della Presidente della Repubblica allontanerebbe, nell’immediato, le elezioni politiche. Ma certo precipiterebbe la crisi politico istituzionale su un sentiero inesplorato e fuori controllo.
LE MANOVRE A SINISTRA: SEL E LANDINI/RODOTA’
Intanto a sinistra ricominciano le grandi manovre. Sospinte sia dalla crisi del PD, sia dal precipitare della crisi politica e da nuove possibili elezioni.
SEL ha chiaramente optato, non senza contraddizioni interne, per l’accordo con Matteo Renzi, fornendo direttamente e indirettamente sponda alla sua scalata del PD. La preoccupazione di Sel era quella di essere scaricata dal Centrosinistra, a vantaggio di una ricomposizione tra PD e Centro montiano. Renzi avrebbe potuto essere un canale di questa operazione. Ma l’intera dinamica politica, con la forte polarizzazione anti Berlusconi e la crisi verticale dell’area di Centro, ha chiuso lo spazio di questa tentazione. Lo stesso Renzi, da buon trasformista, “sinistreggia” apparentemente il proprio messaggio, apre a SEL, punta a raccogliere parte del voto protestario grillino. Nichi Vendola si sente dunque rassicurato. Mentre paradossalmente la vittoria di Renzi nel PD, assieme all’esperienza del governo PD/Berlusconi, potrebbe allargare il bacino elettorale di SEL.
Parallelamente l’iniziativa Landini/Rodotà attorno al movimento per l’applicazione della Costituzione, non è politicamente innocente. Mira a occupare e presidiare uno spazio che si libera a sinistra del PD, a ridosso del governo Letta Alfano, con la raccolta di ambienti diversi.
L’iniziativa non ha una matrice politica univoca, ed è aperta a differenti sbocchi. Per Landini è l’ennesima ricerca di un pacchetto politico di mischia su cui far leva come fattore di pressione negoziale sul centrosinistra ( e come copertura della sua svolta sindacale congressuale). Per Rodotà è un palcoscenico mediatico, con cui dare continuità e centralità al proprio ritrovato protagonismo politico.
Ma sull’iniziativa si innestano pressioni e interessi divergenti.
Da un lato, molti soggetti in cerca di autore ( Ingroia , De Magistris, reduci del movimento girotondino, sino ad ambienti grassiani e ferreriani del PRC) puntano ad essere resuscitati elettoralmente da Rodotà/Landini, attraverso una lista alle prossime politiche. Il Manifesto dà copertura a questa operazione premendo pubblicamente per una lista unitaria di “sinistra democratica” alle prossime elezioni, patrocinata da Rodotà, col coinvolgimento di SEL.
Dall’altro lato SEL non pare intenzionata a mettere a rischio il proprio accordo e prospettiva con Renzi, è contraria ad ogni apertura al PRC , vuole giocare in proprio l’operazione di ricomposizione col centrosinistra senza presenze di disturbo e concorrenze di candidature. Per questo mira a utilizzare l’iniziativa Rodotà/Landini come propria sponda elettorale, in quanto movimento di opinione, scoraggiando ogni sua traduzione propriamente politica.
ogni caso l’intera orbita di questa “sinistra democratica”, al di là delle sue contraddizioni interne, si muove come sinistra del centrosinistra. La natura della legge elettorale con cui si voterà (quando si voterà) inciderà sulla dinamica e le forme della ricercata intesa col PD.
PER UN ‘IRRUZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO SULLA SCENA POLITICA
L’elemento drammatico di sfondo dell’intero scenario della crisi istituzionale è l’assenza del movimento operaio, di una sua iniziativa di lotta, di una sua prospettiva indipendente. Mentre la CGIL coltiva la propria intesa con Confindustria, mentre le sinistre studiano come e quando ricomporre col PD, i lavoratori sono ridotti a spettatori passivi di una partita politica giocata contro di loro. L’intero scenario politico è dominato apparentemente dallo “scontro” tra Berlusconi, Renzi, Grillo. Tra un capitalista miliardario, frodatore fiscale, che presidia il proprio blocco reazionario, un rampante sindaco confindustriale che appare come “il salvatore” del popolo della sinistra dal berlusconismo, un comico milionario reazionario che corteggia i banchieri ma si presenta come “antisistema”. L’assenza di una iniziativa di massa del movimento operaio non è solo un lasciapassare delle politiche sociali di rapina. E’ anche lo scenario ideale per la nuova commedia politica degli inganni tra imbonitori di diversa tacca, tutti avversari del mondo del lavoro. Che finiscono col disputarsi l’uno contro l’altro il “consenso” truccato di tanti lavoratori. Cioè delle proprie vittime.
Per questo la costruzione di un fronte unico di classe, basato su un programma di lotta indipendente, apertamente contrapposto a Berlusconi, Renzi, Grillo, è la necessità improrogabile del movimento operaio italiano. Non solo per erigere il muro di una vera opposizione sociale. Ma per imporre la propria soluzione di classe alla crisi della Repubblica.
Proprio la profondità della crisi politica e istituzionale della borghesia italiana; proprio le contraddizioni e divisioni tra gli avversari dei lavoratori, misura la straordinaria attualità di una iniziativa di massa indipendente che irrompa sullo scenario politico, spazzi via il governo Letta/Alfano, blocchi ogni nuova soluzione politica padronale, apra la prospettiva di un’alternativa dei lavoratori. Un’alternativa che o è anticapitalistica o non è.
Questa battaglia per l’indipendenza di classe del movimento operaio, per una sua alternativa alla crisi borghese, sarà al centro della nostra iniziativa di autunno. Incalzerà tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, mettendole di fronte alle loro responsabilità: in ogni lotta, movimento, manifestazione.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI