di Maddalena Robin
E siamo di nuovo arrivati al 11 settembre … La giornata di oggi sarà come al solito presa ostaggio dai media, che parleranno del 11 settembre di 12 anni fa, quello degli inizi della presidenza di George W Bush, la cui amministrazione ne avrebbe fatto il motivo per rinnovare la guerra planetaria infinita, principale strumento di tutti i presidenti che si sono succeduti per mettere in riga l’Europa e il resto del mondo, cominciando dall’Afghanistan per proseguire in Iraq ed arrivare alla Siria. Ovunque echeggerà il coro ipocrita, che rievocherà quei fatti per rifilarci ancora una volta la storiella della “democrazia attaccata dal terrorismo”.
Non per noi…. Per noi 11 settembre significherà sempre e soltanto la data del tragico golpe cileno. Una lezione di storia, che ha segnato tutta la nostra crescita politica, morale ed intellettuale.
Due lezioni furono subito chiare: innanzi tutto che il potere, in qualsiasi parte del mondo ed in qualsiasi forma esso si presenti, è disposto a tutto per salvaguardare il proprio diritto allo sfruttamento degli oppressi ed i suoi infiniti privilegi e, conseguentemente, che per cambiare il mondo non basta l’indignazione per l’ingiustizia e la generica volontà di lotta, ma occorre soprattutto una lucida capacità di capire, unita alla capacità di affrontare per tempo i compiti che la realtà ti porrà di fronte.
Oggi, con il senno del poi, possiamo dire che quanto è successo in Cile si sarebbe potuto prevedere; che il movimento operaio avrebbe dovuto prepararsi per fronteggiare la prevedibile reazione militare… ma sappiamo bene che le forze storiche e maggioritarie del movimento operaio, in Cile come in Italia e pressoché ovunque nel mondo, erano da tempo incapaci di tutto questo.
Ed è proprio per questa sconfitta annunciata, che è importante ogni anno ricordare il “nostro 11 settembre”; perché la vicenda cilena, che a molti giovani (e anche meno giovani) compagni può sembrare troppo lontana e non più significativa di tante altre, è in realtà vicina alla nostra condizione presente. La tragedia cilena è stata una sorta di “esperimento cruciale” per le strategie della sinistra riformista, di cui bisogna saper cogliere tutte le lezioni che ci riguardano.
L’impegno riformatore di Unidad Popular si fermò davanti alla sacralità dello Stato borghese, della sua legalità e delle sue istituzioni. Allende non mise mai in discussione l’assoluta preminenza delle istituzioni statali borghesi e fece svariate concessioni alla borghesia e ai militari su questo terreno, frenando dall’altro lato l’iniziativa delle masse dei lavoratori, che stavano autonomamente cercando, seppur confusamente, di costruire un altro potere e che erano pronte a molti sacrifici per difendere i cambiamenti che il governo aveva varato e per attuarne di ancor più radicali (solo pochi giorni prima del golpe un milione di lavoratori era sceso in piazza a Santiago e altre centinaia di migliaia in tutto il paese, e molti chiedevano al “proprio” governo le armi per difendersi). Allende fu responsabile di aver fermato la rivoluzione a metà strada, scavandone di fatto la fossa con le proprie mani.
Questo è il primo insegnamento della tragedia cilena: la strada (tragicamente perdente) delle strategie riformiste, dei compromessi e delle concessioni all’avversario nell’illusione di mitigarne le intenzioni e di frenarne la reazione è ben più di un errore di valutazione; quanto piuttosto il colpevole perseguimento di una strategia fallimentare che non può che avere come sbocco la catastrofe finale.
E l’altra fondamentale lezione è che non ci si può far trovare impreparati, che l’azione spontanea delle masse (non coordinata, unificata, resa consapevole ed efficace da una strategia politica che la possa guidare e portare a compimento) non è sufficiente per condurre fino in fondo una rivoluzione. In altri termini, perché una rivoluzione possa trionfare è indispensabile un partito rivoluzionario radicato nelle masse, che sia in grado di conquistare la maggioranza dei lavoratori alla prospettiva della conquista del potere.
Questo è mancato in Cile trent’anni fa, questo è ciò che dobbiamo costruire oggi nel ricordo della tragedia cilena per far sì che quel sacrificio non sia stato vano e perché un mondo diverso sia davvero possibile.