Erano arrivati in America dall’Italia nel 1908, senza conoscersi fra loro, Sacco aveva diciassette anni, Vanzetti venti.
Vanzetti raccontò: “Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America”. “Dove potevo andare? Cosa potevo fare?” scrisse Vanzetti. “Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me”………………….
Sicché lui e Sacco, appena arrivati, ciascuno per suo conto, per non crepare di fame, dovettero cominciar subito a questuare in cattivo inglese un lavoro qualsiasi, a qualsiasi paga – andando di porta in porta. Sacco, che in Italia aveva fatto il calzolaio, trovò un posto in una fabbrica di calzature a Milford (Massachusetts). Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Svolgeva attività politica e sindacale, partecipando ed organizzando manifestazioni un salario più alto e condizioni di lavoro più umane; per tali cause teneva discorsi e dava contributi in denaro. Fu arrestato, a causa di tali attività, nel 1916.
Vanzetti non aveva un mestiere e quindi lavorò qua e là: in trattorie, in una cava, in un’acciaieria, in una fabbrica di cordami. Era un avido lettore. Studiò Marx e Darwin e Victor Hugo e Gor’kij e Tolstoj e Zola e Dante. Questo aveva in comune con quelli di Harvard. Nel 1916 guidò uno sciopero contro la fabbrica di cordami, ch’era la Plymouth Cordage Company, oggi consociata della RAMJAC. Era sulle liste nere dei datori di lavoro, sicché per sopravvivere si mise a fare il pescivendolo.
Fu nel 1916 che Sacco e Vanzetti si conobbero bene, quando si unirono ad un gruppo di anarchici italoamericani che riparavano in Messico per non partecipare alla Grande Guerra. Entrambi, infatti, ben conoscevano la brutalità del padronato e sapevano che i campi di battaglia altro non sono se non luoghi di pericoloso e odioso lavoro, dove pochi sovrintendenti controllavano lo spreco di milioni di vite nella speranza di far soldi. Era chiaro per loro che l’America sarebbe presto intervenuta e non volevano esser costretti a lavorare in siffatte fabbriche in Europa. Quando tornarono nel Massachusetts, erano inclusi nell’elenco segreto compilato dal dipartimento di Giustizia: la lista degli stranieri che non facevano mistero di quanto trovavano ingiusta, insincera, sfruttatrice ed ignorante la cosiddetta Terra promessa. Erano pedinati da spie del governo.
Incluso nella lista era anche un tipografo a nome Andrea Salsedo, amico di Vanzetti. Costui fu arrestato a New York da agenti federali, senza specifiche accuse, e venne tenuto isolato per otto settimane. Il 3 maggio 1920 Salsedo fu spinto da una finestra al quattordicesimo piano, dove avevano sede certi uffici del dipartimento di Giustizia.
Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per chiedere che fosse aperta un’inchiesta sull’arresto e sulla morte di Salsedo. Prima che il comizio avesse luogo, furono arrestati per attività sovversive. Il loro reato era il possesso di volantini che annunciavano il comizio, rischiavano una forte multa e fino a un anno di carcere. Ma, ecco, d’un tratto, furono anche accusati di due omicidi rimasti irrisolti. Due guardie giurate erano state uccise durante una rapina a South Braintree (Massachusetts) circa un mese prima. La pena per questo reato era la sedia elettrica. Vanzetti, per soprappiù, fu anche accusato di un tentativo di rapina a Bridgewater (Massachusetts). Processato, fu riconosciuto colpevole. Venne così tramutato, da pescivendolo, in notorio criminale, prima che Sacco e lui fossero processati per duplice omicidio.
Era colpevole, Vanzetti, di quel reato di rapina? Forse sì, ma non importava molto. Chi lo disse, che non importava molto? Il giudice che diresse il processo disse che non importava molto. Costui era Webster Thayer, rampollo di ottima famiglia del New England. E disse alla giuria: “Quest’uomo, benché potrebbe non aver effettivamente commesso il reato contestatogli, è tuttavia moralmente colpevole, poiché è un nemico giurato delle nostre vigenti Istituzioni”. (Citazione tratta da “ Labor’s Untold Story” di Richard O. Boyer e Herbert M. Morais (ed. United Front, San Francisco 1955).
Fu lo stesso giudice Thayer che nel luglio 1921 processò per omicidio Sacco e Vanzetti.La loro condanna provocò proteste in tutto il mondo. Il carattere puramente indiziario delle prove addotte contro i due attivisti anarchici italiani attirarono sulla corte accuse (assolutamente fondate) di faziosità dettata da motivi politici e razziali. L’indignazione del mondo intero costrinse le varie istituzioni giudiziarie degli USA a rinviare la sentenza. Proclami, associazioni, petizioni appositamente fondate si levarono in difesa dei condannati ma la richiesta di riaprire il caso fu sistematicamente rifiutata, anche quando un altro detenuto, condannato a morte, li scagionò confessando di aver preso parte alla rapina.
Il caso Sacco e Vanzetti divenne planetario: “Mai ci saremmo aspettati, in vita nostra,” disse Vanzetti, “di poter compiere un tale lavoro in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione reciproca fra gli uomini, come ora vuole il caso che compiamo.
La sentenza fu eseguita a Charlestown il 23 agosto 1927. Assassinio sulla sedia elettrica; Nicola Sacco 0,19, Bartolomeo Vanzetti alle 0,26. Davanti al palazzo del governo di Boston, una manifestazione durò ininterrotta per giorni e giorni, fino alla sera dell’esecuzione. Quella sera, attraversando le strade tortuose e oltre il fiume, la manifestazione giunse fino a Charlestown, dov’era la prigione. C’erano polizia e Guardia nazionale ad attenderli. C’erano mitragliatrici, in cima alle mura del carcere, puntate contro la popolazione che chiedeva giustizia. Giunti alla prigione srotolarono un enorme striscione sul quale erano dipinte le parole che l’uomo che aveva condannato Sacco e Vanzetti a morte, il giudice Webster Thayer, aveva detto a un amico poco dopo aver emesso la sentenza: “Hai visto che cosa gli ho fatto a quei due bastardi anarchici, l’altro giorno?”