OCCUPARE LE AZIENDE CHE LICENZIANO
E’ necessaria una svolta unitaria e radicale di lotta sul fronte delle fabbriche in crisi.
Fiat, Alcoa, Alitalia..L’Italia è percorsa in questi anni di crisi capitalista da una miriade di vertenze a difesa del lavoro. Ovunque padroni che hanno incassato per anni o decenni fior di soldi pubblici dallo Stato e dalle amministrazioni locali, buttano sulla strada i propri dipendenti, mentre il (loro) governo taglia gli ammortizzatori sociali.. per pagare gli interessi sul debito alle banche.
E’ intollerabile. Purtroppo non esiste ad oggi una risposta adeguata a questo livello drammatico di scontro. Anzi, proprio la complicità o la remissività sindacale ha favorito l’assalto padronale. CISL e UIL si sono asservite a Marchionne. I vertici della CGIL si distinguono sul piano della “critica” e della “denuncia”, ma sono preoccupati di evitare una mobilitazione sociale reale che possa spiazzare Bersani, sostenitore di Monti, come si è visto sulle pensioni e sull’art. 18: col risultato di contribuire, dietro il paravento di iniziative di facciata, all’isolamento e alla sconfitta delle lotte di resistenza. La stessa direzione della FIOM, che pur ha contestato l’aggressione dei padroni e del governo, ha scelto di evitare l’unificazione e la radicalizzazione dello scontro di fabbrica: a partire da quella mancata occupazione di Fiat Termini Imerese che, due anni fa, ha dato di fatto il lasciapassare all’attacco generale di Marchionne, stabilimento per stabilimento, con una sconfitta pesante per i lavoratori e per la stessa FIOM. E non solo alla Fiat.
La verità è che una resistenza in ordine sparso, fabbrica per fabbrica, moltiplica le sconfitte. E’ necessaria una svolta unificante. Una svolta che unifichi tutte le lotte di resistenza a livello aziendale, attorno a una comune forma di lotta e a comuni rivendicazioni. Solo opponendo alla forza e all’unità del fronte padronale una forza unitaria uguale e contraria è possibile ribaltare la situazione e aprire uno scenario nuovo.
Va avanzata la parola d’ordine della occupazione operaia di tutte le aziende che licenziano e colpiscono i diritti sindacali. Coordinando nazionalmente il movimento di occupazione. Organizzando a suo sostegno una cassa nazionale di resistenza.
Va rivendicata la nazionalizzazione di queste aziende, senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori: se i padroni licenziano gli operai e li espropriano dei propri diritti, gli operai hanno il diritto di battersi per l’esproprio dei padroni.
Va rivendicata la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di paga, per la ripartizione del lavoro tra tutti, in modo che nessuno ne sia privato. Perchè la crisi del capitale non può essere scaricata sul lavoro, ma va fatta pagare ai capitalisti salvando il lavoro.
Sono obiettivi e proposte “radicali”? Sì, quanto radicale è l’aggressione dei padroni e del loro governo. Solo se il movimento operaio si pone allo stesso livello della radicalità dei padroni si può riaprire la partita. L’alternativa è una retrocessione senza fine.
Ma questa svolta di lotta e di obiettivi richiede una svolta generale di programma del movimento operaio, su un terreno apertamente anticapitalistico e rivoluzionario. Il capitalismo è fallito. Il riformismo anche. Solo un governo dei lavoratori che rovesci la dittatura degli industriali e dei banchieri, può salvare il lavoro e la sua dignità. Ricondurre ogni lotta a questa prospettiva di liberazione è la ragione fondante del Partito Comunista dei Lavoratori.