PER L’ANNULLAMENTO DEL DEBITO PUBBLICO
Il tema del debito pubblico segna non solo il dibattito politico e lo scontro sociale, ma anche il confronto a sinistra e nei movimenti, con l’emergere di posizioni e proposte differenziate e tra loro alternative. Per parte nostra riteniamo che non vi sia soluzione socialmente progressiva del nodo del debito fuori da una prospettiva di classe, apertamente anticapitalista e rivoluzionaria. E che ogni approccio neoriformista alla tematica del debito (“riforma della BCE” o “audit”) si riduca nei fatti, al di là di ogni intenzione, ad un astratta utopia e ad un inganno politico.
CRISI DEL DEBITO COME CRISI DEL CAPITALISMO
L’ideologia dominante presenta l’esplosione del debito pubblico come effetto di un eccesso di concessioni sociali e “privilegi” alle classi subalterne. E’ vero l’opposto. Il debito pubblico è esploso come conseguenza della crisi del capitalismo, della caduta del saggio di profitto, e delle politiche antioperaie e antipopolari tese a contrastarla: prima con la detassazione progressiva dei redditi da capitale negli anni dell’euforia “liberista” (anni 80 e 90); poi con l’elargizione di gigantesche risorse pubbliche alle banche e alle grandi imprese negli anni della grande recessione (2007-2009); infine col pagamento di tassi di interesse sempre più elevati alle banche, grandi acquirenti dei titoli di Stato, a fronte della crisi attuale del debito sovrano. L’intera politica delle classi dominanti europee e dei loro governi, di ogni colore, continua a ruotare attorno al pagamento degli interessi sul debito: cioè al versamento di risorse pubbliche sempre più grandi alle banche, alle compagnie di assicurazione, alle imprese. Le stesse banche che hanno concorso nel tempo in modo determinante alla voragine del debito pubblico diventano beneficiarie del pagamento del debito: finanziato dalla progressiva distruzione della previdenza pubblica, del sistema sanitario, dell’istruzione, dei servizi sociali, delle protezioni e tutele più elementari. Un massacro sociale che peraltro non solo non avvia l’uscita dalla crisi, ma concorre a cronicizzarla, lungo una spirale senza fine: recessione, crescita del debito, tassi d’interesse usurai, nuove rapine sociali, nuove spinte recessive. Non è il “fallimento del liberismo”. E’ il fallimento di tutte le politiche borghesi di fronte alla crisi del capitalismo: a partire oggi dalle politiche stataliste di intervento pubblico a sostegno dei profitti. Il caso italiano è sotto questo profilo esemplare. Da un lato il governo Monti è giunto a garantire con risorse pubbliche le banche italiane, per consentire loro di incassare l’enorme regalia di 116 miliardi da parte della BCE. Dall’altro lato l’economia italiana cade in recessione, sullo sfondo di un immiserimento crescente del mondo del lavoro e dell’insieme delle classi subalterne. Mentre i tassi di usura praticati dalle banche restano altissimi o addirittura crescono.
ANNULLAMENTO DEL DEBITO E NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE
Non si può uscire da questa spirale distruttiva senza ripudiare il debito pubblico verso le banche, nazionalizzare le banche senza indennizzo verso i grandi azionisti, unificarle in un unica banca pubblica sotto controllo sociale. Questa è, nella sostanza, la proposta indicata dal documento fondativo del movimento no debito nato il primo Ottobre in Italia. E’ una proposta che va salvaguardata e sviluppata. E’ la proposta per cui si battono tendenze rivoluzionarie e d’avanguardia, in Europa (come in Grecia) e nel mondo. Solo l’annullamento del debito verso le banche e la loro nazionalizzazione, può liberare le risorse necessarie per la salvaguardia e l’estensione delle protezioni sociali e per un grande piano del lavoro. Solo questa misura può liberare milioni di lavoratori e di famiglie dal cappio di mutui usurai sempre più intollerabili. Solo questa misura può consentire un credito agevolato verso imprese artigiane e di piccolo commercio, sottraendole alle vessazioni del grande capitale. Soprattutto solo questa misura consente l’acquisizione nelle mani dei lavoratori e della popolazione povera delle leve decisive per una riorganizzazione radicale dell’economia e della società, in funzione delle esigenze collettive, della ripartizione del lavoro, dei processi di riconversione ecologica. Contro la barbarie del mercato e della sua crisi.
L’INGANNO DELLE SOLUZIONI RIFORMISTE
Viceversa, rinunciare a questa prospettiva significa rimuovere l’unica possibile soluzione della crisi per inseguire utopie riformiste o grandi equivoci. Le proposte di riforma della BCE sotto la “minaccia di non pagare le banche tedesche”, e/o di una commissione di “esperti” che faccia l’inventario (audit) del debito “illegittimo” distinguendolo da quello “legittimo”, per “ristrutturare” il debito, ci paiono profondamente fuorvianti e sbagliate. La prima non solo riduce la campagna antidebito ad una campagna “ antitedesca” con potenziali risvolti sciovinisti, ma rivendica la trasformazione della BCE in Federal Reserve: ciò che se mai si realizzasse, al di là delle intenzioni, comporterebbe un ulteriore concentrazione di potere del capitale finanziario in Europa e un salto in avanti nell’unificazione dell’Europa dei banchieri. Non a caso è l’obiettivo dichiarato di parte rilevante dell’europeismo borghese. In Italia di Prodi ed Amato. La seconda proposta (audit) affida la soluzione dello scontro sociale ad una sorta di tribunale immaginario del “diritto”, preposto a distinguere il debito da pagare e quello da “rinegoziare” , nel nome di una “nuova politica economica” in ambito capitalistico. Si tratta della riproposizione di un illusione riformista, priva di qualsiasi base materiale: non a caso è sostenuta, tra le altre, da personalità del riformismo italiano (Bertinotti) e internazionale (Susan George). In ultima analisi è l’eterna pretesa di distinguere il lato “buono” dal lato “cattivo” del capitalismo per trovare un “realistico” punto di equilibrio, accettabile da pensatori progressisti, economisti Keynesiani, onesti “cittadini”. Ma purtroppo inesistente nel mondo reale e nella lotta di classe.
LA SOLUZIONE SOCIALISTA E RIVOLUZIONARIA, QUALE UNICA SOLUZIONE
La verità è che il capitalismo è fallito e non è riformabile. La ricerca di compromessi riformatori tra capitale e lavoro- tanto più in tempi di crisi- ha combinato disastri e si è rivelata un inganno: in Italia, in Europa, nel mondo. Non è possibile “una nuova politica economica”, socialmente progressiva, senza una nuova struttura dell’economia: che affidi il potere decisionale ai lavoratori rovesciando l’attuale dittatura di industriali e banchieri. Qui sta la necessaria soluzione di classe e anticapitalista del debito pubblico. Non si tratta di affidare a fantomatici organismi “neutri” di “saggi” lo studio del debito: si tratta di denunciarne tra i lavoratori la natura di classe, di svelarne l’inganno, di rivendicarne il ripudio. Non si tratta di “rinegoziare” il debito con gli strozzini, nel nome di petizioni di “giustizia”: si tratta di rompere alla radice il nodo scorsoio del debito pubblico, rifiutando di pagare gli strozzini ed espropriandoli. Non si tratta di “appellarsi” ai governi o alle istituzioni europee perchè “rivedano” la propria politica finanziaria: si tratta di appellarsi ai lavoratori e alle masse sfruttate perchè rompano con i governi e le istituzioni europee, rovescino l’attuale ordine sociale, impongano governi dei lavoratori come propria soluzione politica alla crisi. Ciò che significa ricondurre ogni lotta sociale e mobilitazione alla prospettiva di un’alternativa rivoluzionaria di società e di potere, su scala nazionale e internazionale: ad una soluzione socialista della crisi, quale unica reale soluzione. Una campagna per l’annullamento del debito pubblico o si pone apertamente in questa prospettiva o rischia di vanificare i suoi scopi. Per questo intendiamo portare con forza tra i lavoratori, nei movimenti sociali e nello stesso movimento no debito, il punto di vista qui richiamato.
TESTO FORMALE DELL’ APPELLO
Proponiamo lo sviluppo di una campagna di massa per l’annullamento del debito pubblico verso le banche e per la nazionalizzazione delle banche: respingendo ogni revisione riformista di questa piattaforma (Riforma BCE e Audit), e sviluppandola in avanti in direzione di una prospettiva coerentemente anticapitalista. Chiediamo a tutte le espressioni della sinistra politica, sindacale, associativa, di movimento, di assumere la parole d’ordine dell’annullamento del debito verso le banche e della loro nazionalizzazione senza indennizzo per i grandi azionisti come parola d’ordine unificante e come spunto di elaborazione di un programma più complessivo contro la crisi. Chiediamo a tutti i lavoratori e militanti d’avanguardia del movimento operaio e dei diversi movimenti di lotta di sottoscrivere questo appello e di diffonderlo, sostenendo e articolando le sue indicazioni nella lotta di classe, nei movimenti sociali, nelle stesse organizzazioni popolari
Ci manca solo che parliate anche di signoraggio bancario poi stiamo a posto…
Argomenta la critica, grazie.