Fermare il massacro! Sostenere la lotta dei lavoratori della OzenMunaiGaz
Silenziosa o quasi, finora, la morbidissima “opposizione” ufficiale, che si è limitata a sollecitare un’inchiesta sui fatti di Zhanaozen – peraltro già ordinata dal presidente Nazarbaev, che ha anche proclamato lo stato d’emergenza fino al 5 gennaio. Circa la dinamica della strage, la ricostruzione più credibile sostiene che c’è stato un preordinato piano di provocazione: nella piazza principale di Zhanaozen, dove gli operai petroliferi da sette mesi mantengono un presidio con tende e striscioni, le autorità hanno fatto installare un grande palco per le celebrazioni del 20esimo anniversario dell’indipendenza e la polizia ha iniziato a mandar via gli operai; a quel punto sulla scena avrebbe fatto irruzione un gruppo di uomini con le tute dell’azienda petrolifera statale KazMunaiGas, che avrebbe attaccato direttamente i poliziotti (come si vede in alcuni brevi filmati) e cercato di dare alle fiamme alcuni veicoli e un paio di uffici governativi; a questo punto è scattata una reazione violentissima della polizia che si è messa a sparare facendo una strage. Poco dopo le comunicazioni telefoniche sono state interrotte e grossi contingenti militari hanno bloccato gli accessi alla città.
La lotta degli operai petroliferi è iniziata questa primavera, con ripetuti scioperi per ottenere migliori condizioni di lavoro e paghe più alte; la totale chiusura incontrata da parte delle aziende e in particolare le due più importanti semi-statali – KazMunaiGas e OzenMunaiGas – ha spinto i lavoratori ad azioni più clamorose, in particolare a stabilire un presidio permanente nella piazza principale di Zhanaozen (90.000 abitanti), dove ogni giorno gruppi di lavoratori erano presenti con striscioni e cartelli. Nel corso dei mesi le autorità e i dirigenti delle compagnie hanno tentato in vari modi di spezzare la resistenza degli operai, sia con licenziamenti in massa (più di tremila hanno perso il lavoro) sia con arresti sempre più numerosi (tra cui anche gli avvocati che difendevano la causa operaia) sia infine con attacchi diretti e provocazioni condotte da gruppi in abiti civili, che hanno portato all’uccisione di due scioperanti. Questa lotta è stata circondata da un silenzio molto fitto, rotto solo da una tv privata locale, Kplus, e da qualche giornale russo, nell’indifferenza più totale dei media occidentali sempre sensibili alle proteste di qualche politico liberale a Mosca ma assai poco sensibili alle proteste di migliaia di lavoratori orientali – tantopiù che tra le aziende petrolifere della regione ce ne sono parecchie occidentali, in testa Eni, Chevron, ecc. (dal blog de Il Manifesto)