Il fascismo che c’è adesso:la società del controllo
Lo scopo sarebbe “garantire una miglior sicurezza ai cittadini”… ma è così davvero?
Oppure il vero scopo, a parte ingrassare le aziende produttrici di sicurezza, è inconfessabile?
Come risposta riproponiamo un articolo pubblicato nel 2007, quando il primo ministro era Prodi e il ministro dell’interno Giuliano Amato.
Da un’intervista del quotidiano “La Stampa” al filosofo Giorgio Agamben, esperto dei rapporti fra filosofia e politica e docente all’Istituto Universitario di Architettura (UAV) di Venezia
Da ormai diversi anni, con una continua accelerazione ad ogni fatto di sangue particolarmente efferato, i governi varano provvedimenti limitativi dei diritti e delle libertà dei cittadini, tanto da assumere le politiche per la sicurezza a paradigma di governo.
Presentando il “ pacchetto sicurezza “ all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani a Roma, il ministro dell’Interno Giuliano Amato nulla ha concesso alle critiche che gli venivano mosse da quei settori di opinione pubblica che hanno a cuore i diritti dei cittadini, dimostrando che anche i governi che si spacciano per progressisti ( o di centro sinistra ) reputano fondare buona parte del loro consenso proprio sulla “sicurezza”.
Le statistiche dicono che i delitti effettivamente perpetrati diminuiscono, eppure il senso di insicurezza nell’opinione pubblica cresce e i governi abbandonano ogni idea di prevenzione a tutto vantaggio di un sistema repressivo sempre più invasivo e una legislazione sempre più punitiva. Come già lo Stato di eccezione, oggi la sicurezza è diventata un paradigma di governo.
Per primo Michel Foucault, nel suo corso al College de France del 1977-78, ha indagato sulle origini del concetto, mostrando come questo nasca dalle pratiche di governo dei fisiocratici, alla vigilia della Rivoluzione francese.
Il problema erano le carestie, che fino allora i governanti si erano sforzati di prevenire; secondo Quesnay occorre invece quella che definisce sicurezza : lasciare che le carestie avvengano per poi governarle nella direzione opportuna. Allo stesso modo il discorso attuale sulla sicurezza non è finalizzato alla prevenzione di attentati terroristici o altri disordini; esso ha in realtà funzione di controllo dopo che questi sono avvenuti.
Nell’inchiesta a seguito del G.8, un alto funzionario di polizia ha dichiarato che il Governo non voleva l’ordine ma voleva piuttosto gestire il disordine. Le misure biometriche, come il controllo della retina introdotto alle frontiere degli stati Uniti del quale ora si propone l’inasprimento, ereditano funzione e tipologia di pratiche introdotte nell’Ottocento: dalle foto segnaletiche alle impronte digitali. Insomma i governi sembrano considerare tutti i cittadini come criminali in potenza.
Ma queste pratiche non possono certo prevenire i delitti, al massimo possono impedire che in parte non vengano ripetuti. Una democrazia che si riduce ad avere come unici paradigmi lo Stato di eccezione e la Sicurezza , non è una democrazia. Dopo la seconda guerra mondiale politologi spregiudicati come Clinton Rossiter giunsero a dichiarare che per difendere la Democrazia, nessun sacrificio è abbastanza grande, compreso la sospensione della stessa democrazia.
Così oggi l’ ideologia della Sicurezza è volta a giustificare misure che, dal punto di vista giuridico, possono essere definite barbarie.
Il delitto Reggiani ha avuto come conseguenza l’abbattimento dei campi Rom e, di fatto, la messa in discussione della libera circolazione delle persone che è fra i fondamenti dell’ Unione Europea, di cui la Romania fa parte a pieno titolo.
Cosa pensare di provvedimenti del genere che ,oltretutto, lasciano all’opinione pubblica un solo giorno per riflettere?
Non c’è dubbio che queste misure violano il diritto più elementare ma il silenzio dei giuristi è totale. All’interno del pacchetto sicurezza ci sono disposizioni – come quelle contro la pedofilia- che, di fatto, introducono il reato d’intenzione, che può costituire un’aggravante ma non un crimine in sé e addirittura abbiamo assistito a dibattiti sull’opportunità della tortura.
Se uno storico confrontasse i dispositivi di legge del Fascismo è probabile che dovrebbe concludere a sfavore del presente. Sono ancora oggi in vigore leggi, emanate durante gli anni di piombo, che vietano di ospitare una persona in casa propria senza denunciarne la presenza all’autorità di polizia entro ventiquattro ore; non vengono applicate e nessuno ne è a conoscenza ma per tale violazione è in vigore una pena minima di sei mesi di reclusione .
Questo stato di cose deforma la nostra percezione del tempo; sia i controlli proposti come preventivi e invece tardivi, sia l’intenzione sessuale che al contrario punisce reati ancora non commessi, dimostrano che probabilmente è entrato in crisi l’unico valore che sembrava avere ancora un qualche appeal e cioè quello della “libertà”.
Le limitazioni della libertà che è disposto ad accettare un qualsiasi cittadino dei cosiddetti paesi democratici sono incredibilmente più grandi di quelle che avrebbe accettato solo venti anni fa. Prendiamo il progetto di archivio del DNA: una delle cose più aberranti del pacchetto Sicurezza. Fu l’accumulo di dati anagrafici a permettere ai nazisti, nei paesi occupati, di identificare e deportare gli ebrei e nessuno si chiede cosa succederebbe se un eventuale dittatura disponesse di una banca universale dei codici genetici.
Basta pensare a come sia passata l’idea che gli spazi pubblici siano continuamente monitorati da telecamere, un ambiente simile non è una città è una prigione!
Le ditte che fabbricano questi dispositivi biometrici suggeriscono di istallarli nelle scuole elementari e nelle mense studentesche, in modo da abituare fin dall’infanzia a questo tipo di controlli.
L’obbiettivo è formare dei cittadini completamente privi di libertà e, ciò che è paggio, è che non se ne rendono affatto conto. Tutto ciò in nome della democrazia, mistificazione linguistica dove la Guerra è Pace e la Schiavitù è Libertà. Come le guerre vengono presentate come operazioni di polizia, così la democrazia diventa sinonimo di una mera pratica di governo dell’economia e della sicurezza.
E’ quello che nel 700 si chiamava “ scienza della politica” per distinguerla dalla politica.; sempre di più si afferma l’idea che sia possibile normare giuridicamente tutto compreso l’etica, la religione, la sessualità. Una parte importante viene svolto dai media che, perdendo ogni funzione critica, sono sempre più organo di governo.