Via Rasella
Hitler ordinò che per ogni tedesco ucciso 10 italiani fossero fucilati.
In 335 furono rastrellati e massacrati alle Fosse Ardeatine. In meno di ventiquattro ore si concluse una delle pagine più sanguinose della sanguinosa occupazione nazista d’Italia.
A distanza di 63 anni (nel 2007) un fascista della Fiamma Tricolore, Giuliano Castellino, invece di ringraziare la volubilità degli uomini per averla fatta franca assieme a tanti, troppi camerati (altro che “triangolo rosso”…), ha accusato un partigiano dei GAP, Rosario Bentivegna, d’essere il “vero autore dell’eccidio delle Ardeatine”, intendendo con questo attribuire ai partigiani la responsabilità morale della rappresaglia. E servilmente lavando la coscienza degli aguzzini.
I fascisti approfittano – com’è nella loro indole – del cumulo di letame che il revisionismo storico (dei Pansa, dei Vespa, dei Mieli) ha approntato all’abbisogna.
E dall’ignobile oblio siamo arrivati , nell’indifferenza di quelli che certe storie neppure le conoscono, al rovesciamento dei fatti. L’aguzzino diventa martire!
Fuori dalle mode contingenti e dai riconoscimenti ufficiali – noi,che non dimentichiamo il sangue versato in nome della liberta’, che non dimentichiamo che ci furono due parti in lotta: quella giusta della resistenza e quella sbagliata e criminale del fascismo, noi che siamo sordi ai solfeggi tragici di quanti invocano la “pacificazione nazionale”, che siamo indifferenti alla miserabile apologia fascista di chi cavalca il disinteresse popolare per avvalorare tesi giustificazioniste, noi che non perdoniamo rendiamo onore al coraggio dei combattenti per la liberta’ e ricordiamo i nostri morti, i caduti consapevoli delle fosse ardeatine.
L’ATTUALITA’ DELL’ANTIFASCISMO PROLETARIO
Oggi tutti si definiscono liberal-democratici e tutti egualmente post-modernisti. Tutti si dichiarano apertamente avversari di ogni progetto che persegua l’emancipazione umana attraverso la mobilitazione della forza della tecnologia, della scienza e della ragione. Non c’è giorno che non si sentano proclami “post-ideologici”.
Tuttavia la realtà è ben diversa. Il post-modernismo, post-ideologico, non è il superamento dell’ideologia, infatti non è nient’altro che l’ideologia imperante da alcuni decenni, che ha contribuito da una parte a banalizzare la Storia distorcendola e dall’altra ha ridotto il dibattito storico e teorico all’appannaggio di pochi accademici.
La Storia è diventata il discount della politica e con queste premesse non poteva essere altrimenti. Rifuggendo dall’idea di progresso, si è abbandonato ogni senso di continuità e memoria storica, mentre al tempo stesso si sviluppa un’incredibile capacità di saccheggiare la Storia stessa.
Così, ad esempio, nascono dal nulla popolazioni mai esistite quali i “padani” e si assiste inoltre, ad un eclettismo che fa a pugni semplicemente col buonsenso. Cos’è dunque il post-modernismo post-ideologico? Non è nient’altro che la logica culturale del tardo-capitalismo. Ricordare il 25 aprile per noi, materialisti storici, si tratta, innanzitutto dover restituire alla Storia la sua complessità, utilizzandola come laboratorio sociale e non certo come un supermarket dell’idea ad uso e consumo dell’attualità. Ma prima di affrontare questo tema vanno innanzitutto risolti alcuni interrogativi.
Perché il mito-menzogna degli “italiani brava gente” si è fatto strada? Perché si avviato un progetto di delegittimazione dei partigiani?
Questi quesiti sono tutti riconducibili ad un comune denominatore: il recupero di politiche espansioniste e imperialiste da parte dello Stato italiano (indipendentemente dal colore politico dei governi al comando). E’ evidente che se la memoria collettiva rimuove i crimini precedenti, diventa più facile spacciare la teoria della guerra “umanitaria”.
La delegittimazione dei partigiani è legata allo stesso percorso mentale: se la guerra “umanitaria” si trova ad occupare un territorio per “liberarlo”, è ovvio che ci si imbatterà in oppositori: i partigiani per l’appunto.
E’ evidente quindi che il partigiano non può essere considerato come un liberatore (in tutte le sue varianti), ma dev’essere descritto dalla meta-narrazione imperialista come un “terrorista”.
Sia chiaro, non si tratta di denunciare un disegno occulto, non crediamo a trame complottiste; ma prendiamo atto di un dato di fatto ineluttabile e facilmente visibile: è stata cancellata la memoria e distorta la realtà.
E per giunta si conoscono i responsabili di questa situazione. Non solo la destra erede del fascismo (oggi sdoganata e al governo con tanto di ministri) ma anche i vari esponenti politici di centrosinistra sono tutti responsabili e complici di questo processo di banalizzazione storica al servizio della pacificazione nazionale. Ma in tutta onestà, le responsabilità profonde, possono essere individuate sin dal 1945.
Questo percorso è stato possibile infatti, perché all’indomani della liberazione si è spacciato il mito della Resistenza come esperienza nazionale condivisa. Si è spacciata per buona l’idea che la Repubblica italiana fosse nata dalla Resistenza.
E’ vero invece il contrario, ed è necessario dirlo senza mezzi termini, la Repubblica (borghese) italiana è nata nonostante la Resistenza. All’indomani della liberazione si è assistito ad un’autentica continuità dello Stato. Questo è necessario sottolinearlo sia per amor di verità che per ricordare chi ha combattuto per una società diversa. Ma anche e sopratutto per apprendere una grandiosa lezione dal passato.