La “questione” Ridolfi
La questione dell’aeroporto di Forlì è il classico tormentone preelettorale che affligge la cittadinanza ormai da secoli. Quanti soldi il comune ci abbia speso è sicuramente un mistero, perchè risale a tempi politicamente e amministrativamente molto lontani. Il fatto certo è che ogni amministrazione da almeno vent’anni a questa parte ha cercato di elevare un minuscolo aeroporto di provincia, quale è il Ridolfi, alla dignità impossibile di ” ricettacolo dei cieli “ con i progetti più sballati o fantasiosi possibili: dal polo aeronautico, al trasporto frutta e bovini con stalle annesse, all’ipotesi dell’aeroporto della Romagna ad altre baggianate mangiasoldi simili e ovviamente con risultati zero. Certo di recente c’è stato il momento di gloria dovuto ai lavori all’aeroporto di Bologna, ma ora si è tornati da capo .
Il fatto è che l’aeroporto di Forì per il trasporto passeggeri, secondo logica di mercato e a maggior ragione, in tempi di crisi non è conveniente.
In passato sono sorti diversi comitati che proponevano di utilizzarlo solo per gli aerei leggeri e per scuola di volo, sottolineando la pericolosità degli aerei che sorvolano buona parte della città.
In effetti era già accaduto un incidente con diverse vittime ed è innegabile che, visto che gli aerei capita che cadono, specialmente quando decollano o atterrano, non è opportuno che svolgano queste operazioni sopra la testa della gente. Prima delle scorse amministrative come al solito fu fatta la richiesta (dal solito comitato) di invertire le rotte e cioè far passare gli aerei verso Bertinoro, che è una zona poco abitata. Ovviamente la cosa è rimasta lettera morta perché non si tratta di spostare la stazione delle biciclette, ma impianti che costano un “pacco” di soldi. Ora che ricomincia il tormentone, la lista del clandestino propone, (insieme ad illusioni eco- mercantili e pruriti agricolo- borghesi) di privatizzare l’aeroporto.
Anche non essendo per principio contro le privatizzazioni, chiunque ragionando rigetterebbe una proposta simile. Ipotizziamo che si trovi un privato disposto ad acquistare l’ereoporto, ovviamente lo farebbe per profitto e vista la difficoltà dell’impresa, soltanto ad un prezzo per lui molto conveniente. Poi se le cose gli andassero male, direbbe: “Cari signori o mi date tanti soldini o chiudo“ ; così pur di non sputtanarsi il Comune, dopo la svendita di un bene pubblico, sgancerebbe più soldi di prima. Fantasie? E’ così che funziona il mondo, profitti privati e perdite a pubbliche. Ma torniamo un attimo al Clandestino. Loro propongono giustamente la decrescita, cioè consumare meno; più che giusto. Propongono anche la riconversione industriale verso un modello produttivo ecologico, anche questo giusto, ma gli aerei non c’entrano? Non utilizzano forse una tecnologia delle più inefficienti e inquinanti? Alla fine, il discorso più giusto da fare è che l’aereporto deve tornare ad essere quello che era una volta, adibito al volo leggero e scuola di volo.
Se poi vogliamo proporre qualcosa al passo dei tempi e che guardi davvero al futuro, proviamo a costruirci sopra un progetto di ricerca per le nuove tecnologie di trasporto aereo, in concorso con scuole aereonautiche, università ed enti pubblici di ricerca e sotto il controllo diretto degli utenti e dei lavoratori del settore.