Dalla Innse di Milano un altro insegnamento. La fabbrica in crisi non si chiude, si espropria e si difende!
Sottolineando la gravità del episodio, la Federazione dei metallurgici ricorda che “mercoledì scorso, 25 febbraio, in Regione Lombardia, il tavolo convocato per discutere del futuro della Innse di via Rubattino si è concluso con la decisione di mantenere ‘ferme le bocce’ per consentire il realizzarsi delle condizioni per la ripresa produttiva della fabbrica”. “‘Bocce ferme’ – continua la Fiom – significa nessuna mossa da parte di nessuno che possa pregiudicare la soluzione positiva della vicenda e il ritorno al lavoro dei 49 operai.
La Fiom dichiara che il gesto compiuto questa mattina, “la dice lunga sulla considerazione che Genta ha dei lavoratori, del sindacato, delle istituzioni (Provincia di Milano e Regione Lombardia, anzitutto), della questura, di tutti i soggetti che due giorni fa hanno concordato una linea di condotta”, e infine la segreteria nazionale e milanese chiede “a questo punto garanzie effettive a tutela di una trattativa complicata e di quelle macchine che sono condizione essenziale per la ripresa dell’attività”.
La tormentata vicenda della Innse si trascina da circa otto mesi, da quando alla fine del maggio scorso l’imprenditore Silvano Genta comunicò ai dipendenti con un telegramma di aver avviato la procedura di mobilità. Da allora la fabbrica è stata autogestita dagli operai che hanno continuato a produrre, poi nel settembre scorso è stata messa sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, infine dissequestrata e da allora vigilata giorno e notte, da un manipolo di operai che, a turno, si dà il cambio di fronte all’ingresso. Il 10 febbraio scorso l’intervento delle forze dell’ordine che intendevano permettere l’ingresso nell’azienda di alcuni mezzi, aveva innescato la protesta di un gruppo di manifestanti, con brevi scontri e qualche contuso.